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Tribunale dell’Aja, possibile mandato di arresto per Netanyahu

Negli ultimi giorni si discute del possibile attacco delle IDF a Rafah, ultima roccaforte di Hamas secondo Israele, nei fatti è l’ultimo rifugio per 1,5 milioni di palestinesi costretti alla fuga. Contemporaneamente, il Tribunale dell’Aja avanza l’ipotesi di un possibile arresto di Benjamin Netanyahu.

Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale e Bezalel Smotrich, responsabile delle Finanze, minacciano puntualmente di far cadere il governo Netanyahu, che significherebbe fine definitiva per il capo dell’esecutivo che si vedrebbe defenestrato e messo alla pubblica gogna.

Tribunale dell’Aja e mandati

Mentre si prepara l’offensiva nell’estremo sud della Striscia di Gaza, il presidente dell’autorità palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto agli Stati Uniti di intervenire perché ciò non accada. Gli Usa hanno dichiarato che non vi sarà nessun attacco a Rafah sino a quando non si saranno comprese appieno le preoccupazioni dei palestinesi. C’è da considerare che un’eventuale offensiva dipenderà dall’esito dei negoziati di cui si è fatto carico l’Egitto.

A preoccupare Tel Aviv è anche la possibilità che la Corte Penale Internazionale possa emettere mandati di arresto nei confronti di funzionari israeliani e soprattutto del primo ministro Benjamin Netanyahu, che sta pressando gli Stati Uniti per evitare che ciò accada.

Bibi e non solo

Ad essere preoccupato non è solo il primo ministro israeliano, ma anche l’intera classe dirigente sionista e in particolare il ministro degli Esteri, Israel Katz, che ha pensato bene di gettare la discussione sul vittimismo: “Prepariamoci, in caso venissero emessi i mandati d’arresto, ad un’ondata anti-semita, antiebraica e anti israeliana”. Ciò ha comportato un aumento dei controlli intorno alle istituzioni ebraiche in tutto il mondo. Anche gli alleati americani stanno facendo pressione per bloccare quello che potrebbe presentarsi come “un grave deterioramento dello status di Israele”.

Intanto con l’arrivo del primo caldo la situazione a Gaza diventa sempre più drammatica. La Ong World Central Kitchen ha ripreso le proprie attività a Gaza, dopo l’interruzione causata dall’uccisione di sette volontari in un attacco delle forze sioniste. “Siamo stati costretti a prendere una decisione ed è quella di riprendere la nostra attività, dare da mangiare sapendo che gli aiuti e gli operatori umanitari vengono intimiditi e uccisi. Continueremo a far arrivare quanto più cibo possibile”, affermano i volontari.

di Sebastiano Lo Monaco

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