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Venezuela: può esistere il chavismo senza Chavez?

di Fabrizio Di Ernesto

Inutile girarci intorno: le condizioni di salute di Hugo Chavez, l’uomo che ha fatto del Venezuela una potenza economica ed energetica a livello mondiale, sono serie e preoccupanti.

Questo ha rilanciato il grande interrogativo che da anni assilla analisti e commentatori: può esistere il chavismo senza Chavez? La risposta è molto complessa.

In tutti questi anni, sebbene di recente abbia indicato come suo successore il suo vice Nicolas Macuro, il fondatore del socialismo del XXI secolo non è stato in grado di allevare un delfino degno di portare avanti il suo lavoro, nessuna stile Putin-Medvedev è ipotizzabile.

Da giorni a Carcas è corsa alla sua poltrona all’interno del suo stesso partito, un gioco pericoloso che a lungo andare non farebbe altro che rendere facile il compito dell’opposizione rafforzata da agenti infiltrati pronti a gettare il Venezuela nel caos per riportarlo nel campo delle nazioni “democratiche” ed atlantiche.

La questione è quanto mai complessa ed una soluzione rischia di dover essere trovata in tempi relativamente brevi.

Il prossimo 10 gennaio infatti Chavez avrebbe dovuto giurare di nuovo davanti all’Assemblea nazionale per assumere ufficialmente il suo quarto mandato presidenziale. Viste le sue condizioni è improbabile che ciò accada; c’è però una scappatoia: secondo l’articolo 231 della Costituzione venezuelana, nel caso in cui il presidente eletto, «per qualsiasi motivo sopraggiunto» non possa giurare davanti al parlamento, lo farà davanti al Tribunale supremo della Giustizia, in una data non specificata.

Sempre la massima legge venezuelana permette che questo giuramento possa essere posticipato di 90 giorni, prorogabili una sola volta. Qualora neanche dopo tale termine il presidente eletto presti giuramento è disposto il passaggio dei poteri ad interim al presidente dell’Assemblea nazionale e la convocazione di nuove elezioni entro 30 giorni, dove i chavisti potrebbero arrivare alla lotta interna.

Maduro, capo dell’ala cubana della rivoluzione venezuelana, infatti, pur essendo il successore designato non appare l’unico possibile candidato a prendere il posto di Chavez; a contendergli l’ambito ruolo ci sono Elias Jaua, uomo di punta dell’ala più radicale del socialismo venezuelano

e Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea nazionale, e chavista della prima ora, non a caso al fianco di Chavez durante il tentativo di colpo di Stato del 1992

In Venezuela, come in tutto il Sud America, vecchio o nuovo che sia, bisogna poi tener conto del ruolo delle forze armate, anche Chavez esce dall’esercito, e in caso di vittoria di un contendente non amato dagli uomini in divisa appare ampiamente probabile un pronunciamento militare, che però a quel punto aprirebbe la strada ad un intervento “umanitario” degli Usa per ristabilire la “legalità”.

Il futuro del Venezuela e del chavismo è legato ad un filo e con esso quello di tutto un Sud America che ha smesso di essere il giardino di casa degli Usa.

L’auspicio è ovviamente che il chavismo possa sopravvivere, e molto a lungo, al suo ideatore.

Ma qualunque sia il futuro che sceglieranno i venezuelani, gli unici padroni del loro destino, sarà opportuno che gli altri stati della regione vincano la tentazione di lasciare da sola Caracas, come accaduto in passato con Cuba, facendo muro contro ingerenze esterne che a lungo andare indebolirebbero anche quei paesi come il Brasile e la Bolivia, che hanno saputo conquistare un’autonomia mai goduta prima. Anche grazie a Chavez che ha aperto la strada ad un America latina diversa.

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