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Venezuela in lacrime per l’addio a Chavez

di Fabrizio Di Ernesto

Milioni di venezuelani in strada per Hugo Chavez.

Stavolta però non è stato come nel 2002 quando lo fecero per difendere il Comandante dopo il tentato golpe del 2002 organizzato dagli Usa.

Stavolta non è stato come dopo ogni tornata elettorale, l’ultima volta lo scorso ottobre, in cui il novello Simon Bolivar veniva rieletto e premiato per il buon lavoro fatto per il Paese.

Stavolta no. Stavolta i venezuelani sono scesi in piazza per l’ultimo addio a Hugo Chavez, morto mercoledì scorso di tumore e di cui oggi si sono svolte le esequie solenni cui hanno preso parte tutti i leader della regione.

Questa volta non è stata una festa, ma un lungo e commosso addio all’uomo che ha fatto riscoprire ai venezuelani la dignità nazionale, che ha fatto capire ad un intero popolo come il petrolio non appartiene alle grandi multinazionali ma alla nazione.

Ora nel paese ci saranno altri cinque giorni di lutto nazionale quindi la salma del presidente sarà imbalsamata ma il messaggio del popolo è stato chiaro: il seme piantato da Chavez ha dato i suoi frutti ora starà a chi verrà dopo di lui continuare il lavoro intrapreso.

Ma perché i venezuelani hanno pianto tanto per un uomo che i media occidentali e filo statunitensi definivano un dittatore e che quindi sarebbe dovuto essere stato odiato dai suoi connazionali? E’ Opportuno fare un passo indietro e spiegare chi è stato davvero Hugo Chavez.

Militare di carriera attratto dalla politica fa proprie le idee del, cosiddetto, nazionalismo di sinistra proprio dell’ideologia bolivariana e sogna di seguire le orme del Libertador in primis quella relativa all’idea del Grande Venezuela comprendente Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia, sogno che si realizzerà solo in parte tramite l’Alba, l’Alleanza bolivariana per le Americhe e che si scontrerà con l’opposizione dei paesi più filo statunitensi, Colombia in primis.

Salito al potere nel 1998 nei primi due anni non mantenne le tante promesse fatte in campagna elettorale finché nel 2001 non riesce a far approvare la ley abilitante che gli permette di legiferare per via direttissima e grazie alla quale a tempo di record approvò circa 50 disposizioni tra nuove leggi e riforme.

La più significativa tra queste la ley de tierras che mette fine allo squilibrio nella distribuzione del reddito per cui l’1% della popolazione agricola deteneva il 46% delle terre e l’85% della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà.

Subito dopo lanciò le “missioni bolivariane”, utilizzando i proventi della vendita del petrolio ed inizia una dura battaglia in favore della popolazione per combattere le malattie, l’analfabetismo, la malnutrizione, la povertà ed i mali sociali. La popolazione ne trae così grande giovamento che un colpo di Stato tentato dagli Usa nel 2002 fu sconfitto a furor di popolo.

Negli anni ha continuato a portare avanti una legislazione socialmente molto avanzata anche se le sue iniziative non sono del tutto esuli da critiche.

Nel 1999 fece approvare una Costituzione in base alla quale un presidente poteva un massimo di due mandati, nel 2006, alla fine del suo incarico, provò a farne approvare un’altra che aboliva questo vincolo, ma non ottenne i voti popolari necessari; tentò di nuovo nel 2009, anche questa volta senza successo ma incurante di ciò lo scorso anno si candidò per un terzo mandato e lo ottenne violando però la sua stessa carta costituzionale.

Con la sua morte ora si riaprono i giochi geopolitici nella regione. Gli Usa, particolarmente sensibili al fascino del petrolio, hanno già teso la mano a Caracas invocando distensione e promettendo aiuti; il Brasile è pronto a lanciare a lanciare una sorta di “Opa” sul continente indio-latino per guidarne la crescita e indirizzarlo politicamente; il boliviano Morales e l’ecuadoregno Correa sono da mesi in lotta per la leadership nell’Alba.

Il futuro del Venezuela è però nelle mani degli stessi venezuelani. Chavez non ha voluto, saputo o potuto creare una classe dirigente autonoma da lui. Maduro è considerato da molti troppo acerbo per poter guidare il paese in un momento così difficile ed i vertici di Alleanza Patriottica sono molto divisi e tutti diffidano degli altri. I particolare la fazione militarista del partito è quella maggiormente contraria al delfino, anche se ufficialmente gli hanno già garantito il loro sostegno, e che in una regione come quella indio-latina avvezza a colpi di mano dell’esercito potrebbe giocare un ruolo decisivo nei prossimi mesi.

Nella notte italiana intanto Maduro presterà giuramento come presidente ad interim del Venezuela. Lo ha annunciato la presidente dell’Assemblea nazionale Diosdado Cabello; il numero due del Venezuela quindi dirigerà il Paese fino alle elezioni presidenziali che secondo la Costituzione dovranno essere convocate entro un mese. L’opposizione venezuelana però boicotterà l’insediamento di Nicolas Maduro come presidente, considerandolo una violazione della Costituzione. Lo ha annunicato Angel Medina, capogruppo della Mesa de Unidad Democratica, in una conferenza stampa a Caracas.

Da segnalare anche un’altra polemica: il quotidiano spagnolo Abc ha riferito infatti che Chavez sarebbe morto a Cuba e trasportato in fretta e furia nel suo paese anche se per le strade avrebbe sfilato una bara vuota.

Il futuro che ora attende il Venezuela è molto incerto, per non disperdere la grande eredità lasciata dall’ideatore del Socialismo del XXI secolo servirebbe una grande unità nazionale che purtroppo sembra mancare. La grande risorsa è però il popolo che già una volta rigettò in mare gli Usa e difeso Chavez e le sue politiche sociali.

Oggi per il Venezuela si apre una pagina nuova, Chavez ha insegnato al suo popolo che un mondo diverso, più a misura di uomo e meno asservito alla grande finanza è possibile ma anche la più potente delle rivoluzioni senza una guida carismatica rischia il fallimento.

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