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Sviluppo Sostenibile, chimera irraggiungibile per l’Italia

Il Rapporto Asvis sullo sviluppo sostenibile è stato rilasciato negli ultimi giorni del 2017 ed il quadro delineato non è dei migliori; in esso sono stati analizzati 17 punti nella quale l’Italia è drammaticamente indietro rispetto al resto d’Europa. Tra i punti di maggiore importanza vi sono quelli che mirano a ridurre la povertà, la disoccupazione, le disuguaglianze, la protezione dell’ambiente e di migliorare la qualità di vita dei cittadini. Tutti settori dove l’Italia è fanalino di coda nell’Unione Europea.
“L’Italia non è su un sentiero di sviluppo sostenibile e la ripresa economica, da sola, non risolverà i problemi che pongono l’Italia tra i Paesi europei con le peggiori performance economiche, sociali e ambientali”, spiega Enrico Giovannini, portavoce dell’Asvis. L’Italia è fanalino di coda su povertà, disoccupazione (il tasso più alto dopo la Grecia), disuguaglianze, degrado ambientale; si sono avuti lievi miglioramenti nell’ambito dell’educazione, della salute e dell’alimentazione, ma è ancora molto poco.

I gap dell’Italia rispetto ai Paesi del Nord Europa che corrono quasi a doppia velocità, mettono in risalto il ritardo dell’Italia nell’adozione di strategie necessarie per incrementare e garantire il benessere ed un futuro alle generazioni presenti e quelle future; se è vero che ogni anno scompare una cittadina di 20mila abitanti, tanti sono i giovani che vanno via per darsi un futuro migliore, i 17 obiettivi stilati nel rapporto rischiano seriamente di rimanere una chimera.

“Se non si transiterà rapidamente verso un modello di sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale l’Italia non riuscirà a raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs – Sustainable Development Goals nell’acronimo inglese), né quelli che prevedono una scadenza al 2020 né quelli riferiti al 2030, come pure si è impegnata a fare sottoscrivere l’Agenda 2030 dell’Onu il 25 settembre del 2015”, continua Giovannini.

Il primo e più importante obiettivo del rapporto è quello di sconfiggere la povertà: nel 2016 le famiglie in povertà assoluta erano 1,6 milioni (il 6,3% delle famiglie residenti) per un totale di 4,7 milioni di individui, il livello più alto dal 2005. Tuttavia, con l’approvazione della “Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali” (Legge 15 marzo 2017, n. 33), per la prima volta è stata prevista una misura universale di sostegno per chi si trova in condizione di povertà assoluta. Se pienamente attuato e rafforzato sul piano finanziario, il ReI, che diventerà operativo dal 1° gennaio 2018, potrebbe consentire di raggiungere il Target 1.2 che prevede la riduzione di almeno la metà della percentuale di persone che vivono al disotto della soglia di povertà assoluta.

Drammatico è anche lo scenario dell’istruzione anche se si sono avuti piccoli miglioramenti, ma l’indagine internazionale Pisa 2015 rinnova l’allarme sull’elevata quota (oscillante tra il 15% e il 25%) di quindicenni che non raggiunge la soglia minima delle competenze giudicate indispensabili per potersi orientare negli studi, sul lavoro e più in generale nella vita; inoltre, secondo lo studio Timss 2015, sono presenti crescenti divari di genere nelle materie scientifiche e in matematica

Dove l’Italia marcia come una vecchia locomotiva a carbone, oltre quello della povertà, è il settore dell’Empowerment: i dati più recenti indicano la stabilità dei femminicidi e degli stupri, comunque troppo elevati ed inaccettabili. Aumenta inoltre la gravità delle violenze subite dalle donne, il numero di quelle che hanno subito ferite e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita. Il lavoro è il punto più dolente della condizione femminile in Italia. Il tasso di occupazione è tra i più bassi in Europa (per le età centrali 20-64 anni è pari al 51,6% rispetto a una media Ue del 65,3%), con una forte disparità territoriale e di età. A parità di mansioni, le donne percepiscono ancora stipendi significativamente inferiori a quelli degli uomini e si rileva una elevata incidenza del part time, spesso non volontario, il che determina, nel lungo termine, divari pensionistici a sfavore delle donne.

Quadro nettamente desolante anche negli altri punti come infrastrutture, crescita economica, disuguaglianze, città sicure, cambiamento climatico e conservazione delle risorse marine. Eppure sono questioni sotto gli occhi di tutti, di tutti i cittadini che quotidianamente si trovano a lottare contro problematiche lavorative sempre più precarie, ci si trova ad attraversare città sempre più sull’orlo del dissesto ambientale dove basta una semplice pioggia abbondante per creare disastri dalle proporzioni immani.

di Sebastiano Lo Monaco

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