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Sudan, militari italiani addestrano mercenari

Sono sempre più insistenti le voci che vedrebbero l’esercito italiano impegnato nel Sudan. Il motivo? Addestrerebbero un gruppo paramilitare. “È in atto una missione segreta di militari e ufficiali italiani specializzati nell’addestramento di truppe, dislocati in Sudan per addestrare un gruppo paramilitare che sostiene la giunta golpista al governo a Khartoum”. A sostenerlo non è solo Il Fatto Quotidiano che ha riportato per primo la notizia, ma anche il Senatore del Movimento 5 Stelle, Alberto Ariola, che afferma: “Di questa operazione il Parlamento non è stato informato.”

La testimonianza di Ariola è di fondamentale importanza perché è l’unico che ha riportato quanto sta accadendo. Stando al Senatore, il 3 agosto scorso una delegazione italiana guidata da agenti dell’intelligence, ha visitato Khartoum ed ha incontrato il capo del gruppo paramilitare, Forze di Supporto Rapido (RsF).

Per coloro che non lo sapessero le Forze di Supporto Rapido, fondate nel 2013, sono un gruppo paramilitare pensato per sconfiggere i gruppi ribelli armati nella regione del Darfur.
L’Rsf detiene il record di abusi, violenze, soprusi in tutta la regione, a capo di tale compagine vi è Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti, che nel 2017 ha preso il controllo delle operazioni dell’estrazione dell’oro in Sudan.

Nel 2019, non a caso, Dagalo risultava essere una delle persone più ricche, potenti ed influenti del Paese tramite la sua società Al-Junaid, che ha una vasta gamma di interessi commerciali tra cui: investimenti, miniere, trasporti, noleggio auto, ferro e acciaio.

Sudan e ingerenza occidentale

Stando a quanto emerge, gli incontri che gli italiani hanno avuto con il gruppo paramilitare sarebbero avvenuti con l’avallo dell’Unione Europea ma gli interessi in gioco, almeno per Hemetti, sono altri. Infatti, Dagalo mira ad ottenere finanziamenti per acquistare da una fabbrica italiana le attrezzature lattiero-casearie necessarie per impianti da aprire in Etiopia.

Dopo la visita in Italia, il comandante ha presentato una lista di richieste comprendenti attrezzature per l’assistenza tecnica e il supporto strategico, le richieste prevedono anche dei droni per il controllo delle frontiere e per la repressione delle manifestazioni. 

Tornando all’incontro del 3 di agosto, è stato ribadito l’impegno dell’Italia ad addestrare questo gruppo paramilitare composto da ex Janjaweed, i famigerati terroristi soprannominati “Diavoli a cavallo”. In Darfur, tale gruppo ha saccheggiato villaggi, violentato le donne e ucciso gli uomini. 

Ci si chiede allora: perché far finta di lottare contro il terrorismo quando si appoggia un gruppo notoriamente terrorista? All’ipocrita Occidente l’ardua sentenza.

di Sebastiano Lo Monaco

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