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Sicilia: da fulcro di civiltà a sentinella Usa nel Mediterraneo

Mediterraneo – Che Sigonella sia una base che gli Usa usano a discrezione per i loro scopi è storia antica, come abbiamo già detto in tanti articoli e interviste, ma ora la storia s’arricchisce di capitoli nuovi.

Il Sahel è divenuto da tempo territorio in cui terroristi scorazzano quasi a piacimento, stingendo accordi con organizzazioni criminali e contribuendo a destabilizzare i deboli Stati dell’area; ma da quando le “primavere” hanno messo in crisi gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo (Libia in testa), la situazione s’è ulteriormente aggravata.

Gli Usa, che prima si limitavano a controllare con i droni e a intervenire con qualche puntata delle forze speciali, hanno cambiato radicalmente strategia, e questo soprattutto dopo i fatti di Bengasi del settembre 2012, quando il consolato americano venne bruciato e ucciso l’ambasciatore Chris Stevens con altri 3 funzionari. Da allora Sigonella è divenuta la punta di lancia della politica americana nell’area; Delta Force e Seal sono di casa, partendo per continue missioni, come il rapimento del miliziano scomodo Anas Al Libi, sequestrato in pieno centro di Tripoli e portato sulla nave S. Antonio nell’ottobre scorso, praticamente con una operazione di “rendition”, simile a quella di Abù Omar a Milano, ma che ha avuto per conseguenza, 5 giorni dopo, il sequestro a sua volta del premier libico Alì Zeidan, prelevato dal suo albergo dalle milizie inferocite per la larga mano concessa agli Usa.

Ma gli Usa facevano già molto di più

Da un canto, per evitare sorprese e avere coperture, nell’ottobre del 2013 hanno spostato a Sigonella un distaccamento della Special Purpose Marine Air/Ground Task Force-Crisis Response, un reparto speciale del Marine Corp che include 200 uomini di pronto intervento, 4 velivoli a decollo verticale Osprey e 2 C 130 cisterna per farli arrivare all’occorrenza ovunque (oltre al supporto delle cannoniere volanti e dei droni già presenti da tempo nella base).

Dall’altro canto hanno costituito una base avanzata nel sud della Tunisia, presso l’intersezione dei confini libico ed algerino, zona di transito dei traffici delle formazioni qaediste. Il compito dei Delta era quello di individuare e seguire le cellule terroristiche, in attesa dell’intervento delle forze di sicurezza locali (o delle milizie con cui hanno stretto accordi a suon di dollari).

Ma il gioco s’è fatto più pesante, e le operazioni francesi nel Sahel (soprattutto quella in Mali, la Serval, in collaborazione con la Guardia Presidenziale ciadiana) hanno respinto in territorio libico numerose formazioni terroristiche. Così sembra che la base tunisina (d’altronde ormai “bruciata” dalle operazioni già effettuate) sia stata abbandonata per una nuova, nel sud della Libia. Da lì, sotto l’ombrello dei droni e degli aerei spia, spostandosi su 4 x 4 aeroportati direttamente in loco, si muovono a caccia dei qaedisti.

Ma il rischio è grosso, e per evitare il ripetersi di situazioni come quella dell’Operazione Irene (quella di Mogadiscio, nel 93’, del film Black Hawk Down, con Delta e Ranger assediati da forze soverchianti), proprio in questi giorni viene spostato ancora a Sigonella un contingente dell’8° Btg Marines di stanza in North Carolina, con funzione di pronto intervento in tutta l’area. D’altronde, oltre al continuo potenziamento della base, del crescente interesse militare per l’area ci sono ulteriori indizi: diversi reparti ritirati dall’Afghanistan stanno ricevendo uno specifico addestramento per operare in Nord Africa; addirittura sono stati ingaggiati ex soldati nord africani (anche libici), per impiegarli come “nemici” negli addestramenti.

Inoltre, e questa è la cosa più interessante, il Capo di Stato Maggiore uscente, francese, l’ammiraglio Edouard Guillaud, ha ipotizzato pochi giorni fa un’operazione congiunta nel sud della Libia per l’eliminazione delle sacche ribelli. E per ribelli non intendeva formazioni degli ex fedeli di Gheddafi (che pure danno segni di volersi riorganizzare) ma tutta quella galassia di predoni e terroristi che infesta le regioni del Mediterraneo.

Per capire appieno l’importanza della cosa, occorre ancora una volta ricordare e sottolineare come la Francia sia impegnata in diverse operazioni nel Sahel, soprattutto la Serval in Mali, da cui ha scacciato numerosi gruppi che hanno trovato scampo disperdendosi nel sud della Libia per continuare da lì i propri traffici, in attesa di tornare qualora la Francia dovesse ritirarsi.

Dette queste cose, alcune considerazioni: non abbiamo nulla da obiettare che organizzazioni criminali e qaediste vengano combattute, ma continuiamo a chiederci perché, quando l’allora leader francese Hollande, che è intervenuto in tutto il Sahel (per interessi assai “pelosi”, certo, ma facendo in sostanza le stesse cose negli stessi luoghi) ha chiesto un sostegno all’Ue (nel Consiglio d’Europa del 18–20 dicembre), s’è visto rispondere a muso duro da Cameron (imbeccato da Washington) che a difendere l’Europa pensa la Nato e che il Sahel non è ambito Nato. Se non è ambito Nato ne dovrebbe seguire che Sigonella non è una base Nato o quanto meno non persegue finalità Nato, visto che si occupa sempre più e sempre più esclusivamente di Nord Africa e di Sahel; allora è semplicemente una base Usa, che persegue le finalità e gli interessi degli Usa, nei modi e termini che gli Usa ritengono più opportuni (e per inciso: se accordo con la Francia ci sarà per intervenire, di sicuro sarà alle condizioni Usa).

Come seconda considerazione, e conseguenza della prima, vorremmo che Sigonella, e soprattutto la Sicilia dove è allocata, non venisse percepita nel Mediterraneo e dai popoli che vi si affacciano, come l’arcigna sentinella degli interessi Usa. Di sicurezza condivisa si può discutere, ci mancherebbe, ma la discussione si fa fra pari, ragionando sui mezzi e le azioni per conseguirla. Nel nostro caso, il Paese che ospita la base non è neppure preso in considerazione.

È nostro parere che la Sicilia, pur badando al proprio diritto di sicurezza come chiunque, dovrebbe essere percepita come fulcro del Mediterraneo, centro d’incontro commerciale, logistico, economico e culturale dei Paesi che vi si affacciano. È un sogno, direte voi, ma diamine!, un sogno che merita il nostro impegno.

di Salvo Ardizzone

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