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Scozia, svanisce nella notte il sogno indipendentista

La Scozia resta nel Regno Unito, i No all’indipendenza hanno avuto il 55% dei voti, mentre i Si si sono fermati al 45%, in una consultazione elettorale che ha visto una partecipazione popolare altissima; ma non ci si deve far fuorviare da quei dieci punti di scarto, da ora in avanti le cose nel Regno Unito cambieranno radicalmente.

Sono stati due i fattori che sul traguardo hanno frenato la rimonta travolgente dei Si e convinto buona parte degli indecisi: negli ultimi giorni, i partiti tradizionali (Conservatori, Laburisti e Liberaldemocratici) si sono resi conto della slavina che stava per travolgerli; Cameron, con l’avallo dei leader delle altre formazioni politiche corsi tutti ad Edimburgo per raddrizzare una situazione che pareva ormai compromessa, ha dichiarato solennemente che avrebbe concesso tutta quella devoluzione in tema fiscale, economico e amministrativo che a suo tempo aveva rifiutato che fosse inserita nel quesito referendario, perché considerata troppo spinta e seducente per l’elettorato scozzese. Dall’altro canto, la campagna martellante dei media, che facevano leva sulla paura dell’ignoto, delle tante partite che si sarebbero aperte con la secessione, soprattutto per il destino della sterlina, del debito pubblico ed altro ancora, ha scoraggiato molti dal fare il passo che in molti sondaggi avevano dichiarato di voler compiere.

Ma la Scozia in ogni caso ha vinto: la devoluzione che Cameron e gli altri leader si sono formalmente impegnati a concedere (e per la quale ora vengono aspramente attaccati dai tanti che si vedrebbero ridotte prerogative, potere e fondi),  come detto riguarda l’utilizzo delle risorse fiscali sul territorio, welfare, sistema sanitario e numerosi altri aspetti amministrativi e giudiziari, prefigurando un sistema federale assai spinto che mai, senza la potente leva della mobilitazione popolare, Londra avrebbe concesso. E per il Regno Unito le cose non si fermeranno lì; già in Galles, dinanzi alle concessioni fatte alla Scozia, monta un movimento in rapida crescita che rivendica le medesime misure, e sarà assai difficile negarle senza suscitare un vespaio colossale.

Anche nella Ue, che per il momento tira un sospiro di sollievo, le cose cambieranno rapidamente: in Belgio, con la richiesta di separazione fra Vallonia e Fiandre; in Francia, con la Bretagna e la Corsica che rivendicano autonomia; ma soprattutto in Spagna, dando ancor più fiato ai Catalani che chiedono con forza le stesse cose che hanno ottenuto gli Scozzesi.

Come abbiamo già avuto modo di dire, gli Stati centrali hanno perso la capacità di rappresentare i Popoli, di interpretarne l’identità e le esigenze, di applicare modelli di sviluppo adeguati alle diverse realtà. Essi sono ormai agiti da organismi sovranazionali che applicano logiche avulse dalle caratteristiche delle diverse popolazioni e dei diversi Sistemi in cui esse si articolano, logiche funzionali a Sistemi di potere globali o agli interessi dei componenti più forti, che cinicamente impongono i loro Sistemi agli altri, facendo delle loro convenienze la legge per tutti.

Tale sfacciata indifferenza a rappresentare esigenze diverse, meglio, tale totale mancanza di volontà a farlo, muove i Popoli alla ricerca di chi possa interpretare i loro bisogni veri. È questa la sfida politica futura, contro cui i poteri legati alla globalizzazione scaglieranno tutto il loro armamentario di ricatti, paure, crisi create a tavolino, per bloccare chi vuole sottrarsi a una servitù sempre più spudorata.

di Redazione

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