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Scatta la corsa alle poltrone di Bruxelles

di Salvo Ardizzone

Sono in corso le grandi manovre fra le capitali d’Europa, per assegnare le euro poltrone dopo e elezioni del 25 maggio. Il 27 maggio, in una cena fra capi di stato e di governo, fra un brindisi e l’altro, dovrebbe essere designato il successore del portoghese Barroso alla Presidenza della Commissione; anche al Presidente del Consiglio, il belga Van Rompuy, scade il mandato. L’Italia è fuori dai giochi perché con Draghi alla Bce non può aspirate ad altro.

Gli euro partiti stanno provando a condizionare la scelta del successore di Barroso, ma la Merkel (al solito) ha dato l’altolà, rivendicando l’indicazione ai Governi come in passato. In realtà sembra tutto già combinato: con un accordo sancito in sede di Gross Koalition, il candidato vincente sembra il candidato del Pse Martin Shulz, su cui convergerebbero i voti di tutti i socialisti e dei popolari tedeschi; al candidato del Ppe, il lussemburghese Juncker, andrebbe la poltrona del Consiglio, o una da commissario, se la vittoria degli euroscettici alle elezioni rendesse necessario a Ppe e Pse l’appoggio degli euro liberali, aprendo così la strada della Presidenza al Belga Verhofstadt.

Restano le poltrone dei Commissari: sei degli attuali si sono candidati alle elezioni, se eletti (e lo saranno), dovranno abbandonare l’incarico immediatamente e la corsa è già aperta, costringendo i governi a una scelta immediata. Per l’Italia ci sarà da sostituire Tajani e Renzi deve fare in fretta, ma i candidati sembrano fatti apposta per creare problemi: è difficile che D’Alema e Letta possano essere sponsorizzati da chi li ha “rottamati” in malo modo (a parte la figura che farebbero in Europa ad accettarlo); Moavero ha certo competenze tecniche, ma il pessimo risultato con Scelta Civica lo renderebbe un candidato debole, e comunque lo fa ritenere un cattivo politico (e a Bruxelles conta); la Bonino, da Commissario Ue, dovette dimettersi con tutta la Commissione Santer per uno scandalo di frodi e nepotismo, figurasi a riproporla; Bini Smaghi, divenne celebre in Europa per il suo increscioso attaccamento alla poltrona del board della Bce, che mise addirittura in pericolo la nomina di Draghi.

È incredibile come l’Italia, anche nei momenti realmente importanti, dimostri una desolante incapacità di sollevarsi dalle misere beghe di cortile in cui vive e trattare le cose seriamente. È l’ennesima dimostrazione fallimentare di una classe dirigente (ma tutta, compreso chi grida più forte per “il bene del Paese”) indegna di questo nome, che non sa neppure cosa significhi fare sistema per la Nazione.

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