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Iran. Sanzioni o minacce?

di Redazione

In una classificazione teorica  generale delle misure restrittive ovvero delle sanzioni economiche, senza dubbio le misure restrittive del 23 gennaio 2012  dell’Unione Europea si possono annoverare tra quelle multilaterali, non previste dalle risoluzioni; le sanzioni economiche infatti possono essere classificate  in unilaterali, multilaterali, approvate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e  non previste dalle risoluzioni. Esse infatti  in ragione delle autorità che le hanno disposte, del loro fondamento giuridico, dell’ampiezza del loro raggio d’azione e del loro stesso contenuto, possono essere considerate al di fuori delle risoluzioni approvate fino ad oggi dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu contro l’Iran.

Senza avere la pretesa di addentrarsi in considerazioni di carattere politico circa le conseguenze di queste sanzioni, che meriterebbero approfondimenti  a parte, il presente articolo tenta di esaminare  le basi e la legittimità giuridica delle  sanzioni dal punto di vista del diritto internazionale.

Sanzioni economiche

Le sanzioni economiche denominate in alcuni testi anche misure restrittive economiche o commerciali, sono un insieme di  misure temporanee, straordinarie e limitative, che un governo o un insieme di governi o un organismo regionale o internazionale impone ad un governo, a causa di una sua inadempienza e al fine di raggiungere un determinato obiettivo contro il sistema commerciale o economico del governo inadempiente. Queste restrizioni potrebbero applicarsi al commercio, investimenti, trasferimento di capitali e beni, trasporti e coperture assicurative, crediti bancari etc.

E’ da sottolineare che le sanzioni dal punto di vista del diritto internazionale sono una realtà accettata e si collocano nel quadro della sovranità dei paesi  sanzionatori, tuttavia la qualità e la quantità dell’applicazione di queste sanzioni e i loro effetti dal punto di vista politico, economico e umanitario,  sono da sempre oggetto di dibattito giuridico.

A secondo dei casi, le sanzioni hanno avuto alcuni obiettivi apertamente dichiarati tra cui:

il sostegno ai diritti umani, le nazionalizzazioni, la non proliferazioine delle armi di distruzione di massa, la lotta al terrorismo e al riciclaggio del denaro sporco, la salvaguardia dell’ambiente e infine la grave violazione di un impegno internazionale. Esistono anche casi in cui  le sanzioni perseguivano obiettivi non dichiarati tra cui la destabilizzazioine di un sistema politico per  conseguire interessi illeggitimi e la minaccia dell’uso della forza, contro un governo legittimo fino al suo rovesciamento .

Le sanzioni e le misure restrittive sono state prese in considerazione  per vari motivi politici dagli anni settanta e progressivamente dal 1990, in particolare con la fine della guerra fredda seguono un trend di costante crescita. Nel quadro delle Nazioni Unite le sanzioni economiche sono state imposte in base all’ Art. 41 della Carta delle Nazioni Unite, infatti  in passato  paesi come la South Rhodesia, l’Iraq, l’Ex Yugoslavia, la Somalia, il Ruanda, la Sierra Leone, la Liberia, la R.D del Congo, la Costa D’Avorio, la Libia, La R. I. dell’Iran  e il Sudan, sono stati oggetto di restrizioni economiche e commerciali. Anche l’Unione Europea in anni più recenti, ha posto alcune restrizioni economiche contro la Bielorussia, la R. D. Del Congo, La Costa D’Avorio, Haiti, la Birmania, il Sudan, lo Zimbabwe, la Libia, la Siria e l’Iran.

Non vi è alcun dubbio che in base alla Carta delle Nazioni Unite, il potere di imporre restrizioni economiche da un punto di vista giuridico appartiene al Consiglio di Sicurezza. Tuttavia l’illegittimo uso di alcuni governi o di alcuni organismi regionali di questo strumento, per imporre sanzioni unilaterali  o multilaterali contro Stati indipendenti al di fuori del quadro delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza non ha mancato di generare preoccupazioni. Seguono cenni su alcune delle misure restrittive e sanzioni degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Europea contro la Repubblica Islamica dell’Iran.

Le sanzioni degli USA

Da un’osservazione generale delle sanzioni imposte negli ultimi decenni,  emerge chiaramente  l’inclinazione massima degli USA ad imporre sanzioni ad altri paesi nel perseguimento della propria politica estera. Dal 1922 al 1996 gli Stati Uniti hanno imposto 61 embarghi unilaterali, di cui 23 contro ben 35 paesi nel mondo, equivalenti al 42% della popolazione mondiale. Tra i paesi colpiti negli anni scorsi dalle sanzioni americane vi sono Birmania, Cina, Sudan,  Brasile, Cile, Cuba, Etiopia, Iran, Corea del nord, Argentina, India, Pakistan, Sud Africa, Taiwan, Libia e Siria. La maggior parte di queste sanzioni in base ai risultati delle ricerche pubblicate da alcuni istituti americani non è riuscita a raggiungere il proprio obiettivo. Dal 1979 contemporaneamente alla vittoria della Rivoluzione islamica in Iran, oltre alle sanzioni derivanti dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, da parte americana sono state imposte unilateralmente da parte del governo federale numerose sanzioni contro l’Iran. L’ordine esecutivo n.12170 del 14-11-1979, l’ accusa di terrorismo nei confronti del governo iraniano nel 1984, l’ordine esecutivo dell’ottobre 1987 e l’ordine esecutivo del marzo del 1995, hanno comportato numerose restrizioni contro la R I. dell’ Iran sin dai primissimi anni dopo la rivoluzione e sono continuate fino ai giorni nostri.

Presidenza Bill Clinton

Nel 1996 durante la presidenza Clinton, il Congresso americano approvò la  Iran-Lybia Sanctions Act ( ILSA o Legge d’Amato) che permetteva alla Casa Bianca di adottare sanzioni contro le società straniere che investivano più di venti milioni di dollari nel settore energetico iraniano. Questa soglia è stata successivamente innalzata a quaranta milioni di dollari. Queste sanzioni sono da considerarsi  speciali in quanto “secondarie”, imposte cioè contro un paese terzo, offrono una dimensione transnazionale all’amministrazione americana,  che attraverso questo strumento normativo di legge ha potuto estendere la propria giurisdizione oltre i propri confini. La Legge d’Amato permette ai Tribunali americani di sanzionare persone fisiche o giuridiche straniere (non necessariamente solo iraniani e americani) che intrattengono rapporti di affari con l’Iran al di sopra di una soglia determinata per legge.

Presidenza George Bush

La legge ILSA-D’Amato fu prorogata in data 3-8-2001.

Alla legge ILSA fece seguito l’ISA (Iran Sanctions Act) .

L’ imposizione di alcune sanzioni scientifiche contro l’Iran nel 2002.

L’ordine esecutivo 13382 del 28-6-2005 a completamento degli ordini esecutivi n. 12938 e 13094 sul congelamento dei beni delle persone fisiche e giuridiche, coinvolte nell’industria missilistica e nucleare iraniana e i loro supporters americani o stranieri.

In verità l’ordine esecutivo 13382 insieme alla legge d’Amato che successivamente è stata modificata in CISADA, costituiscono i due pilastri  delle sanzioni extra territoriali americane. Di conseguenza numerose società ed enti commerciali e finanziari iraniani e i loro partners stranieri, sia nel pubblico che nel privato, sono stati oggetto di sanzioni.

L’approvazione della legge Iran Freedom Support Act (IFSA) al Congresso americano in data 30 settembre 2006, ha portato alla proroga e all’ampliamento della legge D’Amato e al rafforzamento delle sanzioni ; in quell’anno fu sospesa la restituzione  all’Iran da parte degli USA, di una delle più grandi collezioni di pezzi archeologici provenienti dal sito antico di Persepolis in Iran e concessa per un periodo di tempo limitato ad una università americana .

L’0rdine esecutivo 13438 del 17 luglio 2007 ha imposto sanzioni all’Iran con l’accusa di ingerenze nelle vicende irachene; nello stesso anno l’Iran fu escluso dalla lista dei paesi beneficiari dei servizi di Microsoft e Yahoo, alcune banche , enti e persone in Iran sono state sanzionate con varie accuse da parte del governo americano.

Negli anni 2006 e 2007 altre sanzioni sono state imposte contro l’Iran dagli Stati Americani della Florida, New Jersey, California, Ohahio e Massachussets.

Presidenza  Barack Obama

Barack Obama, il Presidente democratico americano nonostante abbia cominciato la propria presidenza con la cosiddetta politica della mano tesa verso l’Iran nel marzo del 2009, ha prorogato le sanzioni americane contro l’Iran per un altro anno in base alla legge IEEPA (International Emergency Economic Power Act).

Il Congresso USA in data 1 luglio 2010 ha approvato “The comprenhensive Iran sanctions, accountability and disvestment Act “(CISADA ), in base al paragrafo 2 dell’ Art. 102 di questo provvedimento, le società straniere nell’atto della stipulazione di un contratto con il governo Americano, sono obbligate a garantire di non aver violato le sanzioni contro l’Iran.

L’ articolo 104 della Legge CISADA  invece di mettere sotto pressione direttamente l’Iran, ha previsto sanzioni e restrizioni contro banche straniere che intrattengono rapporti finanziari con la R.I.dell’Iran, prevedendo precise  sanzioni e penalità contro di esse.

L’ordine esecutivo 13553 del 29 settembre 2010 ha imposto sanzioni contro Autorità e alti responsabili degli apparati di sicurezza e delle forze dell’ordine iraniane, con l’accusa di aver violato i diritti umani.

L’ordine esecutivo 13574 del 23 maggio 2011 ha previsto il blocco dei beni  di  quanti hanno violato la legge CISADA, ovvero di coloro che avevano investito più di venti milioni di dollari nel settore petrolifero e del gas iraniano.

La  Banca Centarale iraniana è stata inserita nella lista dei presunti organismi dediti al riciclaggio del denaro sporco nel novembre del 2011.

L’ Ordine esecutivo 13590 del 19 novembre 2011 ha imposto sanzioni extra territoriali sugli investimenti nell’ industria petrolchimica iraniana.

L’embargo contro la Banca Centrale iraniana (H.R.1540) è stato approvato dal Congresso americano in data 15 dicembre 2011 e reso esecutivo il 31 dicembre 2011 dal presidente Barack Obama.

Concludendo è possibile affermare che il regime delle sanzioni unilaterali americane contro l’Iran si regge su tre pilastri: le direttive del Tesoro, le leggi del Congresso e gli ordini esecutivi dei presidenti della Repubblica americana.

Le sanzioni dell’ Unione Europea

Uno sguardo alle restrizioni economiche imposte dall’ Unione Europea dimostra che alcuni paesi membri e alcuni organismi dell’ Unione negli ultimi anni, nel conseguire alcuni obiettivi dichiarati e non nella scia delle sanzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza, si sono rivelati sempre più propensi ad applicare le sanzioni che vanno oltre le risoluzioni. Le sanzioni europee riguardano equipaggiamenti militari, investimenti, trasporti, varie voci di export e import, collaborazioni tecniche e spostamenti di persone; probabilmente per distinguere questo genere di sanzioni da quelle approvate dal Consiglio di Sicurezza vengono chiamate misure restrittive.  In alcuni casi  come nella Risoluzione del 23 gennaio del 2012 dell’ UE contro l’Iran oltre a “misure restrittive”, sono stati utilizzati termini quali embargo o sanzioni.

La risoluzione del 23 gennaio del 2012 costituisce la misura più importante e più seria dell’UE contro l’Iran, che si pone al di là delle risoluzioni USA. A questo proposito e per indicare la vastità delle misure restrittive dell’ Unione Europea contro l’Iran,  si elencano qui di seguito i punti salienti della risoluzione adottata dal Consiglio dei Ministri il 23 gennaio 2012, approvata dal Parlamento Europeo il 2 febbraio 2012, il cui regolamento di esecuzione n. 54/2012 è stato ratificato il 24 gennaio dello stesso anno.

– Embargo scadenzato per  importazioni di greggio e prodotti petroliferi iraniani.

– Embargo  per assicurazioni  e finanziamenti relativi all’importazione del greggio.

– Embargo scadenzato per  importazioni di prodotti petrolchimici iraniani.

– Divieto di esportazione di attrezzature e tecnologie fondamentali per l’industria petrolchimica.

– Divieto di investimenti nell’ industria petrolchimica iraniana

– Ampliamento dei prodotti dual use vietati, in particolare nel settore delle

telecomunicazioni.

– Divieto di compra-vendita  di oro, diamanti e metalli preziosi verso o da enti pubblici iraniani.

Considerando che  la Carta delle Nazioni Unite è lo strumento fondamentale per la salvaguardia della sicurezza e della pace internazionali, frutto delle  collaborazioni internazionali alla fine di due conflitti mondiali e alla luce dell’ interpretazione restrittiva che detta Carta dà sulle sanzioni, risulta evidente come e quanto queste limitazioni nei confronti dell’Iran da parte di UE e USA,  suscitino perplessità e siano suscettibili di analisi diverse.

In base ai regolamenti derivanti da norme e consuetudini internazionali , benchè altri capitoli e principi della Carta delle Nazioni Unite presentino una interpretazione estensiva dello stesso concetto (sanzione), non è accettabile  uno stravolgimento delle prerogative del Consiglio di Sicurezza nell’ imposizione di sanzioni che minaccino la sovranità degli stati.

L’Unione Europea neppure nell’ambito del  principio delle “Reciproche misure restrittive” che viene applicato o per  porre fine ad illeciti internazionali o per risarcire danni derivanti da illeciti, ha rispettato i requisiti necessari all’ applicazione delle restrizioni. Ad esempio, il progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato della Commissione del Diritto Internazionale delle Nazioni Unite dell’anno 2001, considerata uno dei più importanti documenti internazionali regolante i diritti e i doveri dei governi, elenca le sottoscritte condizioni (art. 49, 50 e 51) come necessarie a legittimare  l’adozione di contromisure:

– Uno stato leso può adottare contromisure nei confronti di uno stato che sia responsabile di un atto internazionalmente illecito, soltanto al fine di indurre quello stato a conformarsi ai propri obblighi (Art. 49 Parag. 1).

– Le contromisure sono limitate al non rispetto temporaneo di obblighi internazionali dello stato che agisce  nei confronti dello stato responsabile ( Art. 49 Parag. 2).

– Per quanto possibile, le contromisure saranno adottate in modo tale da permettere la ripresa dell’adempimento degli obblighi in questione (Art. 49 Parag. 3).

Le contromisure non devono violare gli obblighi sanciti dall’Art. 50 tra cui quello di astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza, come espresso dalla Carta delle Nazioni Unite, quello di tutelare i fondamentali diritti umani e esigenze umanitarie e quei diritti derivanti da norme imperative di diritto internazionale generale.

Le contromisure inoltre (Art.51) devono essere proporzionate al pregiudizio subito, tenendo conto della gravità dell’atto internazionalmente illecito e dei diritti coinvolti.

Quanto espresso dai su citati articoli viene ribadito anche dalla “Declaration on Principles of International Law concerning Friendly Relations  and Cooperation  among States” (UNGA Resolution 2625 del 1970) dell’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che è considerato parimenti un fondamentale documento nell’ambito delle responsabilità degli Stati.

Inoltre, neanche in base ai soli art. 2 e 3 del Trattato di Non Proliferazione che sancisce il diritto dei paesi (tutti, quindi anche dell’Iran), di dotarsi di tecnologie nucleari con fini civili, sussistono le condizioni  giuridiche necessarie per l’adozione di contromisure nei confronti di una eventuale  minaccia derivante dall’arricchimento dell’uranio al 20% da parte dell’Iran.

Pertanto sembrerebbe che alcune gravi conseguenze derivanti dalle misure restrittive applicate siano perseguibili presso la Corte della Giustizia europea.

Legittimità delle sanzioni

a) La legittimità delle sanzioni in base al Diritto europeo:

sembra che le sanzioni  decise dall’Unione Europea siano da mettere in relazione con gli obiettivi prefissi dal Common Foreign and Security Policy ( CFSP) oggetto dell’Art. 11 del Trattato dell’Unione Europea.

L’adozione delle misure restrittive ha indotto l’Unione Europea a tracciare una cornice giuridica di supporto alle sue decioni, pertanto nel 2004 il Comitato Europe per la politica estera e la sicurezza, ha redatto una bozza contenente alcuni principi considerati fondamentali nell’adozione di misure restrittive. Tra questi si ricordano:

– Le sanzioni dovrebbero costituire uno strumento importante per mantenere e ristabilire la pace e la sicurezza internazionali conformemente ai principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite.

– Le sanzioni dell’UE sostengono gli sforzi nella lotta al terrosimo e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e sono in difesa del rispetto dei diritti umani della democrazia, dello stato di diritto e del buon governo, rispettando pienamente gli obblighi previsti dal diritto internazionale.

– Le sanzioni saranno più efficaci se rafforzate da un ampio sostegno internazionale.

– Le sanzioni dovrebbero essere mirate in modo tale da avere il massimo impatto sui soggetti cui si intende colpire e ridurre al massimo le conseguenze negative sotto il profilo umanitario, o le conseguenze indesiderate per le persone che non ne sono oggetto o per i paesi vicini.

Il Consiglio d’Europa  nel 2003 nell’ambito del progetto “Migliori pratiche dell’ UE per l’attuazione effettiva di misure restrittive”, incaricò il CFSP (Comitato per la Politica Estera e la Sicurezza Europea) di elaborare delle linee guida per rendere più efficace e corretta l’adozione delle misure restrittive e ridurre il loro impatto sulla popolazione; esse raccomandano l’adozione di “Smart Sanctions” e “Targeted Sanctions”, la stessa indicazione viene data dalla risoluzione del 23 gennaio 2012 del Parlamento Europeo .

Alla luce dei fatti parrebbe che l’Europa ignori i principi che essa stessa raccomanda.

L’asprezza e la vastità delle sanzioni, nonchè l’uso di una certa terminologia (ad es. la parola regime ripetutamente al posto di Repubblica islamica dell’Iran), induce a pensare che finalità diverse e non palesemente espresse, come il perseguimento di un eventuale regime-change, siano alla base delle decisioni prese in Europa nei confronti dell’Iran.

b) Nelle  risoluzioni approvate contro la R. I dell’Iran dietro le pressioni politiche americane e sulla scia delle sanzioni unilaterali americane, si pone l’ accento sul rispetto dei fondamentali diritti umani (ris. n. 1929), dei diritti e doveri degli stati, in relazione al commercio internazionale, delle leggi internazionali marittime e la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982.

Nel caso iraniano, l’Unione Europea non ha rispettato nessuno degli obblighi derivanti dalla Carta delle Nazioni Unite,  nè dal Trattato dell’Unione Europea.

c)      La legittimità in base alla Lex Generalis.

  1. Contraddizione tra le sanzioni europee e il principio giuridico della  non-ingerenza.

Il principio di non ingerenza dei paesi negli affari interni ed esterni di altri stati, è tra i principi cardine del Diritto Internazionale. Questo principio trattato ampiamente nel paragrafo 7 dell’Art. 2 della carta delle Nazioni Unite è ormai parte integrante di numerosi trattati internazionali, ed è entrato a far parte della consuetudine internazionalmente accettata.

Per ingerenza, diretta o indiretta, si intende il tentativo di interferire negli affari interni o esterni di un Paese. La Corte Internazionale di Giustizia  nel caso delle attività para militari in e contro il Nicaragua, ha dichiarato che  “Il principio di non interferenza impedisce a qualsiasi paese o gruppo, dall’interferire direttamente o indirettamente negli affari interni o esterni di altri paesi”.

Le sanzioni europee e americane contro l’Iran costituiscono una palese ingerenza indiretta negli affari interni ed esterni dell’Iran, se non altro nel caso delle banche e degli organismi militari da considerarsi parti integranti degli affari interni di un Paese.

  1. Contraddizione tra le sanzioni  europee e la carta delle Nazioni Unite e l’UNCTAD

Il Commercio internazionale, soprattutto per i paesi in via di sviluppo, non è meramente uno strumento al servizio dei fabbisogni di uno Stato, ma è tra i principali fattori del suo sviluppo economico, in altre parole è attraverso il commercio che  si aspira a colmare il divario tra i paesi cosiddetti ricchi e poveri.

Lo Statuto dei diritti e doveri economici degli Stati, approvato nel 1974 dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, contiene i principi che governano il nuovo sistema eonomico mondiale. In base a questo documento è necessario considerare la possibilità di sostenere i paesi in via di sviluppo, attraverso concessioni nel commercio internazionale. Lo sviluppo economico ha fatto sì che gradualmente nel tempo, si affermasse per questi paesi un “Diritto al Commercio” nel quadro del Diritto Internazionale.

In considerazione delle ultime evoluzioni nell’ambito del diritto internazionale gli Stati sono tenuti, anche in assenza di una decisione del Consiglio di Sicurezza, ad astenersi da qualsiasi azione, in contrasto con lo spirito delle collaborazioni.

Il paragrafo 4 dell’ Art. 2 della Carta delle Nazioni Unite, a questo riguardo , chiede a tutti gli stati membri di astenersi nei loro rapporti internazionali dall’ uso della forza o dalla minaccia della forza contro l’integrità territoriale o l’ indipendenza politica di qualsiasi Stato. Non vi è dubbio che le collaborazioni internazionali sono tra gli obiettivi delle Nazioni Unite e pertanto sanzioni in grado di minacciare seriamente tali collaborazioni, sono fortemente in contrasto con il nuovo sistema economico che si va delinendo sulla scena mondiale.

The Declaration of principles of international Law concerning friendly relations and cooperation among States” del 1970 precisa che la minaccia contro la vita economica, politica e culturale dei Paesi è in contrasto con il diritto internazionale, d’altra parte anche la  Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) in una delle sue risoluzioni  dal titolo “Rejection of coercive economic measures”  del 1983 afferma che:

“I paesi non hanno il diritto di imporre restrizioni, embarghi, divieto di commercio o altre penalità di tipo economico, se ciò andrà a danneggiare lo sviluppo politico ed economico degli stati. Simili azioni non aiutano la distensione necessaria allo sviluppo degli Stati”.

1 Contraddizioni tra le sanzioni europee e i principi dei diritti umani ed esigenze di carattere umanitario.

Nonostante le posizioni ufficiali prese dall’Unione Europea nell’ambito della salvaguardia dei diritti umani, le sanzioni europee contro l’Iran sono in evidente contrasto con molti degli stessi diritti, come:

– Diritti  individuali e civili; le liste allegate al testo delle sanzioni contengono i nominativi di numerose persone fisiche iraniane rese conseguentemente oggetto di sanzione senza provate accuse. Ne deriva che  questi individui e i loro famigliari lesi nella loro dignità, si trovano privati di molti dei loro diritti fondamentali, quali il diritto alla libertà e sicurezza personale, il diritto alla libera circolazione, diritto al libero esercizio del proprio lavoro o attività commerciale, diritto ad un giusto processo. Si noti che tutti questi diritti vengono ribaditi anche dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dal Patto Internazionale sui diritti civili e politici, convenzione europea dei diritti umani e patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

– Diritto economico; il patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali del 1966 riconosce esplicitamente il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, di avere un livello di vita adeguato che includa alimentazione, vestiario ed alloggio, di godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale, di partecipare alla vita culturale e godere dei benefici del processo scientifico e dell’istruzione. Porre l’embargo su alcuni beni particolari come i farmaci o pezzi di ricambio degli aerei da trasporto, minacciano seriamente il diritto alla vita di molti cittadini iraniani.

Non si può negare che le sanzioni e le misure restrittive colpiscano il popolo iraniano mentre nel contempo mirano a esercitare pressioni sul governo della R.I.dell’Iran. Nonostante le dichiarazioni ufficiali secondo cui  il commercio legittimo con l Iran può continuare in un regime controllato senza recare danno alla popolazione, in realtà le sanzioni colpiscono inevitabilmente  i diritti della popolazione iraniana, attuale e del prossimo futuro.

– Diritto allo sviluppo e all’autodeterminazione; le sanzioni ledono il diritto allo sviluppo del popolo iraniano, che in base alla definizione data dalla dichiarazione di Vienna e dal Programma d’Azione del 1993, è un diritto umano inalienabile. Il Diritto all’autodeterminazione del popolo iraniano è leso in base al Parag. 2 dell’Art. 1 della Carta delle Nazioni Unite. La Commissione dei diritti umani chiaramente annovera le restrizioni commerciali, il divieto di commercio e il blocco dei beni tra le misure coercitive illegittime dal punto di vista dei diritti umani, non solo delle generazioni odierne ma anche di quelle future.

1 Contraddizione tra le sanzioni europee e il libero commercio .

Gli  interessi comuni della comunità internazionale nell’economia mondiale, fanno si che i paesi abbiano il diritto di partecipare allo sforzo collettivo per la formazione di un sistema economico aperto e siano tenuti a salvaguardare questo meccanismo. Ciò non comporta alcun obbligo per un paese ad intrattenere rapporti commerciali con tutti i paesi, ma i governi non possono impedire le libere attività commerciali tra i loro cittadini e i cittadini di altri Stati.

La Commissione del Diritto Internazionale delle Nazioni Unite considera qualsiasi azione coercitiva economica e politica capace di minacciare l’ integrità territoriale o l’ indipendenza politica dei governi una misura reciproca illecita.

La libertà della navigazione commerciale, principio fondamentale della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982, è il simbolo per eccellenza del libero commercio che purtroppo è stata lesa seriamente dalle sanzioni imposte contro l’Iran.

  1. Contraddizioni tra le sanzioni europee e i Trattati Internazionali e Bilaterali.

Le misure restrittive economiche vengono considerate illecite quando violano i principi di un Trattato multilaterale, bilaterale o internazionale.

La clausola della Nazione più favorita, il più importante principio in seno al WTO, pone l’accento sulla libertà del Commercio e chiarisce che gli Stati Membri dell’Organizzazione non possono imporre misure discriminatorie tra cui le sanzioni nelle importazioni ed esportazioni di beni e di servizi; lo stesso principio è stato ribadito nell’Art. 2 del General Agreement on Trade in Service – Gats e nell’Art. 4 del Trade – Related Aspects of Intellectual Property Rights  e nell’Art. 3 del General Agreement on Tariffs and Trade – GATT.

Nell’ambito dei Trattati bilaterali, gli Stati Uniti d’America imponendo le sanzioni contro l’Iran sono venuti meno ai propri impegni derivanti dal Treaty of Amity, Economic Relations and Consular Rights del 1955 (Art. 8 e 10)  e dalla Dichiarazione di Algeria del 1988 (Art.10). La validità del Trattato di Amicizia tra l’Iran e gli Stati Uniti è stata ribadita dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 2003, al termine del contenzioso sulle piattaforme petrolifere tra i due paesi e tuttora regola parte delle relazioni tra i due paesi.

Numerosi sono gli accordi bilaterali stipulati dai paesi europei, tra cui l’ Italia,  con l’Iran nel settore economico, finanziario, bancario e fiscale. Accordi siglati dai governi e ratificati dai Parlamenti sono tutt’ora in vigore. Costituiscono valido esempio “l’Accordo sulla promozione e la protezione degli investimenti” e “l’Accordo sulla doppia imposizione fiscale”; l’imposizione delle sanzioni da parte europea del 23 gennaio 2012 può dunque essere considerata una violazione unilaterale di molti di questi accordi.

In base allo statuto della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è prevista la possibilità di  ricorso avanti la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per i cittadini iraniani lesi dalle misure restrittive europee.

d) Le sanzioni contro la Banca Centrale iraniana

La recente risoluzione europea prevede importanti restrizioni contro la Banca Centrale iraniana come il blocco dei  suoi beni nei paesi membri dell’Unione, il bando dalle transazioni finanziarie, il divieto di compravendite di metalli preziosi e di trasferimenti di denaro da e verso la stessa banca.

Nonostante l’evoluzione del Diritto internazionale negli ultimi secoli abbia  modificato il concetto dell’immunità assoluta degli Stati e dei loro beni in immunità relativa, la questione posta dall’embargo alle Banche Centrali rimane controversa.

In base a ciò l’immunità dello Stato sovrano è riconosciuta per quanto riguarda gli atti pubblici o atti Iure Imperii, ma non per quanto riguarda gli atti privati ovvero Iure gestionis; lo Stato e i suoi organi di governo e le sue componenti abilitate a compiere atti nell’esercizio dell’autorità sovrana, godono dell’immunità e le Banche Centrali nell’esercizio delle loro attività in qualità di autorità monetarie, rientrerebbero nella sfera dello Iure imperii.

La questione dell’immunità degli Stati e dei loro beni non è attualmente oggetto di un Trattato internazionale esaustivo e non è ancora in vigore  la “Convenzione sulla immunità giuridica degli stati e le loro proprietà” delle Nazioni Unite del 2004 , tuttavia in base alla “Convenzione Europea sull’ Immunità degli Stati” del 1972 rientrerebbero nella sfera dello Iure Imperii le politiche monetarie e  fiscali e le proprietà diplomatiche e militari.

Le attività delle Banche Centrali come la definizione delle politiche monetarie e finanzarie, la stampa di banconote, la gestione delle politiche di investimento, dei beni, degli interessi e delle relazioni con altri istituti centrali dovrebbero rientrare nello Iure imperii e pertanto non essere soggette ad embargo.

La convenzione del 2004 delle Nazioni Unite nell’Art. 21, considera le Banche Centrali e altri istitituti finanziari statali, insieme ai beni militari e diplomatici beni particolari dello Stato e pertanto immuni da ogni tipo di sanzione.

Nei paesi europei e negli Stati Uniti per legge le Banche Centrali godono di una  particolare immunità speciale, diversa dalli’mmunità relativa .

Il Diritto Internazionale e tutti i documenti internazionali che governano la pace e la sicurezza nel mondo, tra cui il più importante può essere considerato la Carta delle Nazioni Unite, così come la consuetudine giuridica a livello mondiale, da sempre sottolinea la natura provvisoria di qualsivoglia misura restrittiva nella salvaguardia della sovranità  e dei diritti riconosciuti degli Stati. La necessità di rispettare i diritti umani e di riconoscere la priorità delle questioni umanitarie, è da sempre aspetto fondamentale delle convenzioni europee.

Da un’analisi approfondita delle restrizioni adottate contro la R.I.dell’Iran,  emerge fortemente l’aspetto discrezionale, la palese iniquità e la presenza di un doppio standard di giudizio da parte delle potenze occidentali; gli embarghi imposti violano chiaramente molte delle norme giuridiche internazionali, al punto da costituire una minaccia alla sovranità di un paese membro delle Nazioni Unite e ai diritti riconosciuti dei suoi cittadini, rappresentando un rischio per il futuro della comunità internazionale. La continuazione delle sanzioni contro l’Iran e l’ insistenza di alcuni paesi a volerle intensificare crea  un grave precedente, potenzialmente in grado di recare danni irreparabili al futuro delle relazioni internazionali e alla libertà di commercio.

Nel quadro europeo, nonostante le profonde affinità e la evidente complementarietà dei nostri sistemi economici, il perdurare di questo regime sanzionatorio, soprattutto nella presente congiuntura economica, lede la libertà di commercio tra individui e società, distruggendo occasioni preziose di lavoro e occupazione, le cui ripercussioni continueranno purtroppo anche nel medio e lungo termine.

 

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