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Ruolo sionista-saudita nella crisi del Kurdistan

Kurdistan – Un tentativo sionista-saudita di impiegare i curdi per frenare l’influenza iraniana nella regione è stato rivelato dallo scrittore britannico, David Hearst, affrontando una serie di indicatori che sottolineano il fallimento di questo schema. Il gioco con i curdi ha lasciato gli Stati Uniti in ritirata e l’Arabia Saudita più debole che mai.

Con 30milioni di curdi etnici che vivono in una regione che attraversa quattro Paesi, la Turchia, l’Iran e l’Iraq hanno condiviso un interesse a soffocare lo Stato nascente, anche se per Ankara significa abbandonare l’unico alleato curdo nella sua guerra contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) a casa e il Partito dell’Unione Democratica Kurda (Pyd) in Siria.

Non era però chiaro quale gruppo di Stati avesse dato il cenno proverbiale e avesse strizzato l’occhio a Barzani. Israele era l’unico giocatore della regione a farlo in maniera aperta, “Israele sostiene i legittimi sforzi del popolo curdo per raggiungere il proprio Stato”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu. Anche se Israele ha considerato il Pkk un gruppo terroristico, Yair Golan, ex vice capo dell’esercito israeliano, ha dichiarato a Washington in una conferenza: “Quando si guarda l’Iran all’est, quando si guarda l’instabilità nella regione, un’entità curda e unificata nel mezzo di questa palude non è una cattiva idea”.

Il ragionamento di Golan non era assolutamente alieno ad un altro potere regionale, con l’interesse di utilizzare i curdi  alle spalle di Turchia, Iran e Iraq. La Corte reale, dietro le quinte, ha inviato una serie di emissari per incoraggiare Barzani nel suo progetto di divisione dello Stato iracheno e saggiare l’integrità territoriale della Turchia e dell’Iran. Uno di questi era un generale maggiore in pensione nelle forze armate saudite, Anwar Eshki, che ora è presidente del Centro Medio Oriente per gli studi strategici e legali, un think-tank a Jeddah.

Eshki esplicitamente ha affermato che la creazione di un grosso Kurdistan “riduce ambizioni iraniane, turche e irachene, che taglieranno un terzo del loro territorio in favore del Kurdistan”. Eshki ha ripetuto il suo sostegno ad uno Stato curdo indipendente in un’intervista telefonica recentemente con l’agenzia di stampa russa Sputnik.

Un altro segnale è stato inviato nel marzo di quest’anno da un consulente della Corte Reale Saudita. Il dottor Abdullah al-Rabiah ha dichiarato al Saudita Okaz Daily che il Kurdistan iracheno ha avuto un potenziale economico, culturale, politico e militare elevato, e che il Kurdistan aveva “i motivi necessari per l’indipendenza e la difesa della sua esistenza”.

Gli accademici degli Emirati Arabi Uniti (Uae) che operano con licenza del principe ereditario di Abu Dhabi Muhammad bin Zayid sono andati oltre le dichiarazioni di sostegno. Abdullah Abd al-Khaliq ha pubblicato una mappa che descrive lo stato del Kurdistan che si sarebbe formato entro pochi anni e avrebbe avuto una popolazione che potrebbe arrivare a 30 milioni. Ha anche invitato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a non penalizzare il Kurdistan a causa del referendum, definito come “una misura democratica”.

Lo scrittore britannico elenca vari segnali mandati dall’Arabia Saudita, oltre ad inviare una serie di emissari per incoraggiare Barzani nel suo progetto di divisione dello Stato iracheno e di mettere in discussione l’integrità territoriale della Turchia e dell’Iran.

Una volta che la resistenza curda dei Peshmerga a Kirkuk si è sgretolata, Riadh ha cambiato subito volto. Salman ha chiamato Haider al-Abadi, primo ministro dell’Iraq, per sottolineare il sostegno del regno all’unità dell’Iraq e lo ha invitato a visitare Riadh.  Il capo dello staff dell’esercito iracheno ha visitato il regno la settimana scorsa.

Il fiasco di Kirkuk è l’ultimo esempio dell’instabilità inerente al cuore sgretolante dell’impero statunitense in Medio Oriente. La Turchia, l’esercito curdo (il Krg), l’Iraq e l’Arabia Saudita sono tutti alleati in cui gli Stati Uniti hanno investito pesantemente. La pulizia etnica intorno a Kirkuk durante la settimana scorsa era abbastanza reale. L’ombrello militare statunitense si è chiuso.  Qualunque sostegno calcolato internamente dai Peshmerga fedeli all’Unione patriottica del Kurdistan (Puk), non c’è stato, anche Barzani ha raccolto i segnali sbagliati da Riadh e Abu Dhabi.

Ci sono naturalmente i vincitori. Uno di loro è l’Iran.

In assenza di un mediatore internazionale forte e affidabile, Qassim Suleimani, leader della Quds Force del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica (Ircg), sembra aver giocato un ruolo molto più efficace nel convincere l’ala della famiglia Talabani del Puk per mediare un accordo con Hashd al-Shaabi, anche se la milizia sciita ha ritirato le sue forze, lasciando il controllo all’esercito iracheno e alla polizia federale. Nella regione l’Arabia Saudita è più debole che mai. Se ne renderà mai conto e imparerà che perde giocando al Trono di spade, lasciando in eredità una lista crescente di città sunnite rovinate e milioni di rifugiati?

di Cristina Amoroso

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