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Roma: “licenziato” Marino, parte l’assalto al Campidoglio

di Redazione

Il sindaco Marino s’è dimesso, giunge così all’epilogo la vicenda grottesca del Comune di Roma, sfregiato da una sequela di vicende indegne, che ha coperto di ridicolo la Capitale in tutto il mondo.

Più che di dimissioni si deve parlare di licenziamento imposto dal Pd quando la sua posizione era da molto tempo indifendibile. Renzi, che pur non lo ha mai amato e sarebbe stato felice di una sostituzione, con il Giubileo a dicembre e la paura di consegnare la città alle opposizioni, avrebbe voluto rinviare lo show-down alla primavera per avere il tempo di preparare un’alternativa, ma, l’ininterrotta catena di scandali e gaffe, il Comune allo sbando e adesso l’incombere sul sindaco di un processo per peculato a seguito della miserabile vicenda delle cene pagate con la carta di credito dell’Amministrazione, hanno reso indifferibile l’allontanamento di un soggetto che ha dimostrato un’inettitudine pari solo all’inadeguatezza.

Malgrado tutto, abbandonato dalla sua maggioranza, con la Giunta già dimessa e il resto pronta a farlo in blocco, ha tentato fino all’ultimo di resistere (e nel suo comunicato finale ha ventilato pure di ritirarle quelle dimissioni) mettendo in luce tutta la spudoratezza e l’autoreferenzialità di un personaggio arrivato per caso al Campidoglio, eletto da una città che, dopo la sciagurata esperienza di Alemanno, sarebbe stata pronta a votare chiunque pur di cambiare.

Adesso sarà nominato un commissario e in primavera si tornerà a votare; le opposizioni sono in fibrillazione all’occasione di occupare una casella di prestigio (e di potere), mentre i vari candidati cominciano a sgomitare.

Tutti inclusi, quella di Roma è stata la peggiore dimostrazione di un ceto politico corrotto, inetto, totalmente slegato dalla realtà, occupato solo a curare i peggiori interessi.

Una caratteristica che l’accomuna a tutti i livelli; per rendersene conto basta dare un’occhiata a ciò che accade: con un mondo in fiamme e sfide epocali in corso, con milioni di disoccupati e vaste fasce di popolazione nel disagio, la cosiddetta “politica” s’arrovella da mesi unicamente su una riforma farsa della Costituzione, basata sulle più basse convenienze di bottega momentanee.

È indegno. Ma questa è l’Italia.

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