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Repubblica macedone: 22 morti in scontri a fuoco tra gruppo armato e forze di sicurezza. Un altro colpo basso?

di Cristina Amoroso

Il bilancio degli scontri è di 22 morti (8 agenti di polizia e 14 terroristi), una lunga operazione delle forze dell’ordine in Macedonia in una città a nord, a Kumanovo, vicino al confine con la Serbia e il Kosovo. Altri 37 agenti della sicurezza sono rimasti feriti. Lo ha riferito domenica il governo macedone nel corso di una conferenza stampa.

Il ministro degli Interni, Gordana Jankulovska, sabato aveva riferito che più di 30 persone erano rimaste ferite negli scontri avvenuti nel quartiere Diva Naselba della città di Kumanovo, aggiungendo poi che un numero imprecisato di assalitori erano stati uccisi. Il ministro aveva anche detto che oltre 20 degli uomini armati su 70 si erano arresi alle autorità. Tuttavia, l’operazione della polizia continuava, dal momento che gli altri attaccanti si erano rifiutati di deporre le armi.

La violenza è esplosa quando i terroristi, che avevano armi automatiche e bombe, hanno attaccato la polizia nel corso di un’operazione di controllo nel distretto. Secondo la Jankulovska, il gruppo terroristico era entrato in Macedonia da un Paese confinante non specificato, con l’intenzione di “usare l’attuale situazione politica per effettuare attacchi alle istituzioni statali”.

L’Albania e il Kosovo, così come l’Unione Europea (Ue) hanno condannato gli scontri, mentre la Serbia ha schierato forze aggiuntive lungo i suoi confini con la Macedonia e il Kosovo.

Nel frattempo, il leader dell’opposizione Zoran Zaev ha rilasciato una dichiarazione invitando il premier conservatore Nikola Gruevski a tenere un discorso pubblico per “spiegare che stava destabilizzando” il Paese e per quali motivi.

Il Paese balcanico è alle prese con la sua più profonda crisi politica da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla ex Jugoslavia nel 1991, quando – a differenza della Bosnia – non ha subito pulizia etnica della popolazione musulmana da parte di serbi e della milizia croata cristiana.

Il governo conservatore e l’opposizione di centro sinistra si sono accusati a vicenda di pianificare la destabilizzazione del Paese, destabilizzazione che pare sia a cuore a molti.

All’opposizione di Zaev, che, in nome della cosiddetta “libertà, democrazia, giustizia e equità”, gioca con il destino di tutti i cittadini macedoni e il destino della sua patria, le cui mosse, per gran parte, sono dettate dall’Istituto di George Soros che finanzia il lavoro dei media come il braccio esteso dell’opposizione e sostiene a gran voce e con violenza.

All’Ambasciatore degli Stati Uniti Jess Baily, accusato dal governo macedone di lavorare con il suo omologo britannico a Skopje per tentare un colpo di Stato in stile ucraino nel Paese, cercando di far dimettere il governo democraticamente eletto del primo ministro Nikola Gruevski.

All’Ambasciatore della Germania di Skopje, Christine Althauser, che ha esortato il gabinetto macedone a dimettersi, “In linea con tutte le normative europee, dopo tali accuse (di Zaev) non ci dovrebbero essere conseguenze politiche, il che significa dimissioni”. La comunità internazionale sta “perdendo la pazienza”, ha detto, appoggiando la proposta di Baily, la formazione di un nuovo governo sotto la supervisione dell’Unione Europea, organizzato da Zoran Zaev.

La Lobby ebraica americana che, dopo essere riuscita a mettere al potere meno dell’1% della popolazione ebraica come governanti in Ucraina, sembrerebbe stia cercando di fare uno scherzo simile e portare i 500 ebrei come governanti della Macedonia.

A febbraio l’ebrea sionista Victoria Nuland, consigliere di John Kerry per gli affari eurasiatici, assistita dai senatori John McCain e Lindsey Graham, e dall’ebreo miliardario George Soros ha  effettuato un fallito colpo di Stato contro il governo democraticamente eletto di Nikola Gruevski, come riportato anche dal nostro giornale.

Il regime sionista e i suoi fedeli sudditi in Occidente hanno sempre considerato le comunità musulmane nei Balcani – Bosnia, Kosovo, Macedonia e la regione montuosa Sandzak a cavallo del confine tra il Montenegro e la Serbia ostili al sogno sionista di dominio. Sono considerati pro-Iran e pro-palestinesi. L’Iran ha la sua più grande ambasciata a Sarajevo. Il rapporto fraterno tra l’Iran e la Bosnia è stato costruito da Alija Izetbegovic, il primo presidente della Bosnia-Herzegovina.

Il Governo macedone, inoltre, che ha sostenuto la posizione russa in Ucraina non rientra forse nell’agenda occidentale per un cambio di regime?

Gli interventisti dell’amministrazione Obama, consapevoli di avere ancora un anno e mezzo di potere, hanno deciso di ricorrere all’estrema balcanizzazione etnica per bloccare il gasdotto russo “Turkish Stream” che porta il gas naturale dalla Russia attraverso la Turchia, alla Grecia, Macedonia, Serbia e Ungheria. L’amministrazione Obama ha deciso di fomentare un’altra “rivoluzione colorata”, questa volta in Macedonia, come dimostra ampiamente Wayne Madsen nel suo articolo (http://m.strategic-culture.org/news/2015/04/25/west-and-soros-rely-extreme-balkanization-prevent-turkish-stream-pipeline.html).

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