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Protesta degli indigeni in difesa dell’Amazzonia

Un gruppo di indigeni brasiliani, acclamati come eroi, perché pattugliano l’Amazzonia contro la deforestazione, ha occupato alcuni uffici governativi per chiedere la protezione delle proprie terre. E’ la prima protesta di questo genere organizzata dagli indigeni, conosciuti come Guardiani Guajajara, che lottano per prevenire il genocidio degli indigeni mai contattati e la distruzione della foresta amazzonica.

I Guardiani lavorano per proteggere la foresta nel nordest dell’Amazzonia brasiliana. Condividono quest’area, conosciuta come il territorio indigeno di Arariboia, con gli Awa mai entrati in contatto con l’esterno. La foresta degli indigeni è un’isola di verde in un mare di deforestazione. Taglialegna illegali pesantemente armati stanno entrando in quest’ultimo rifugio, e il governo non sta facendo niente per fermarli.

Tainaky Guajajara, un leader dei Guardiani, nel corso della protesta nella città di Imperatriz, ha spiegato che l’occupazione del Dipartimento governativo per gli Affari Indigeni in nome dei diritti alla terra e della protezione dell’ambiente è nata dalla decisione di prendere in mano la situazione per salvare la loro terra dalla distruzione e per prevenire il genocidio degli Awa. I Guardiani pattugliano la foresta, identificano i crocevia del taglio del legno e sventano le invasioni.

Il lavoro dei Guardiani è pericoloso, ricevono costantemente minacce di morte dalla potente mafia dei taglialegna, e tre Guardiani sono stati uccisi lo scorso anno. Ma continuano con coraggio perché sanno che gli Awa, come tutti i popoli incontattati, rischiano la catastrofe se la loro terra non sarà protetta. Le loro operazioni sono riuscite a ridurre drasticamente il disboscamento, ma hanno urgentemente bisogno dell’aiuto delle autorità brasiliane: risorse ed equipaggiamento per le loro spedizioni, e supporto da parte degli agenti governativi che possono arrestare i taglialegna e tenerli lontano.

Sugli indigeni Awa  ha avuto un effetto devastante l’imponente miniera Carajas con i progetti ad essa collegati, che ha dato prove evidenti dei gravi impatti negativi che l’attività mineraria su larga scale ha sui popoli indigeni: la miniera, le sue strade e la ferrovia hanno portato migliaia di coloni e taglialegna. 

Trattamento che il Governo brasiliano riserva ai suoi popoli indigeni

Mentre i Guardiani stanno proteggendo uno degli ultimi angoli di foresta amazzonica nella regione, l’amministrazione del presidente Temer sta provando a distruggere qualsiasi protezione dei territori indigeni in tutto il Brasile, che potrebbe annientare gli indigeni mai contattati vulnerabili, che sarebbero esposti a malattie letali a causa del contatto con gli esterni e che assisterebbero all’invasione e al furto delle loro terre.

Con un nuovo colpo ai diritti dei popoli indigeni e all’ambiente, il presidente del Brasile Temer ha abolito un’area protetta nell’Amazzonia, nota come riserva Renca, per consentire lo sfruttamento di minerali da parte di aziende private. Si tratta di una superficie di 47mila kmq di foresta chiusa in Amazzonia, un’area di foresta fluviale equivalente in superficie alle dimensioni della Danimarca.

La riserva è ricca soprattutto di oro, ma ha anche di tantalio, minerale di ferro, nichel, manganese e altri minerali. Ospita anche nove aree protette: Mountains National Park Tumucumaque, foreste demaniali di Paru e Amapá, Biological Reserve Maicuru, l’ecologica Stazione Jari, la Riserva Estrattiva del Rio Cajari, la Riserva per lo sviluppo sostenibile di Rio Iratapuru e le Terre Indigene Waiãpi e il fiume Paru d’Este.

Viene così ceduta l’area a multinazionali dell’industria mineraria e affamati broker della finanza, i quali sfrutteranno i giacimenti celati tra gli Stati del Parà e dell’Amapà, causando danni irreversibili all’ambiente e alla popolazione indigena. Il più forte attacco all’Amazzonia degli ultimi 50 anni.

E’ questa la politica di austerità di Temer – la ridemocratizzazione del Paese – che promuove aggiustamenti tesi a consolidare i privilegi e tagliare i diritti, un progetto di Paese elitario e lo smantellamento dei beni e dei servizi pubblici garantiti dalla Costituzione del 1988. In sostanza l’ambiente e le riserve indigene non sono altro che moneta di scambio impiegata dai politici, non solo per salvarsi dai processi giudiziari, ma soprattutto per gratificare i loro protettori, multinazionali e latifondisti, che sfruttano la recessione per impadronirsi dei territori federali e delle riserve indigene dove sono presenti giacimenti minerari.

di Cristina Amoroso

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