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Per una lettura non conforme del femminicidio. II parte: le responsabilità della rivoluzione sessuale

di Federico Cenci

A proposito di femminicidio, le vere notizie sono due. La prima, descritta nell’articolo di ieri, è che il fenomeno – pur diffuso – registra una diminuzione, checché possa sembrare stando all’attuale risonanza mediatica. La seconda, oggetto del presente articolo, è ancora più sbalorditiva. La rivoluzione sessuale è complice del diffondersi della violenza sulle donne.

Ma come, non era vero il contrario? Non era stata la “liberazione dei costumi” a stabilire la parità, l’avvento di un’epoca in cui il rapporto uomo/donna fosse all’insegna del reciproco rispetto? Nient’affatto, questo mito sessantottino, sedimentatosi nella cultura dominante, è destinato a cadere innanzi a una realtà dei fatti che racconta tutt’altro.

Racconta, per esempio, che esiste una correlazione tra industria pornografica – che ha avuto nella rivoluzione sessuale il suo motore – e violenza sulle donne. Un recente studio pubblicato sulla rivista Violence and victims curato dall’Università della Georgia, negli Stati Uniti, riporta che la pornografia procura nei maschi una spinta all’aggressività di stampo misogino. La tesi, ignorata da quanti si stanno tuttavia adoperando per suonare l’allarme sociale femminicidio, è ripresa e condivisa da Vincenzo Puppo, medico-sessuologo del Centro Italiano di Sessuologia (CIS).

In un’intervista uscita su “La Stampa” qualche mese fa (1), il dottor Puppo segnalava che la pornografia crea dipendenza e, con essa, preoccupanti conseguenze. Il sessuologo avverte che «la visione continua e ripetuta degli organi genitali maschili e femminili, porta lentamente senza che l’uomo/donna se ne accorga, a una inibizione della capacità di eccitarsi mentalmente: lo stesso stimolo sensoriale continuamente ripetuto se all’inizio è eccitante, dopo un certo tempo non lo è più, e il cervello ha bisogno di stimoli superiori».

Perciò, il “salto” a un livello di perversione maggiore è breve. «Si deve passare dai soliti film/giornali/siti pornografici normali a quelli per esempio con stupri e altre violenze sessuali, o sado-masochisti, o con animali, con bambini ecc.». E ancora, una volta che il cervello è assuefatto a certi abomini, in un’infernale viaggio dell’istinto verso gli abissi, «alcuni possono cercare sfogo fuori da questo “ambiente” ed esplodere in episodi di violenza, non solo contro le donne ma, cosa ancora più grave, anche su bambini/e».

In molti dovrebbero sturarsi le orecchie ed ascoltare bene le parole di questo esperto. Il riferimento è a tutti coloro che, influenti nella società, in nome del “diritto al piacere”, nel corso degli anni, altro non hanno fatto che calpestare il pudore attraverso tutti gli strumenti di loro competenza. Stampa, tv, arte, politica (2) – mediante i modelli proposti al pubblico – hanno concorso a ché la donna regredisse a mero oggetto del desiderio. Da custode del focolare a vittima della propria “emancipazione”.

Fa specie che costoro, oggi, sono gli stessi che si stracciano le vesti contro la violenza sulle donne. E rincresce che – privi di ogni minima capacità d’auto-critica (3) o peggio, volontari artefici della sovversione – puntino il dito verso il “modello di società arcaico”, che si baserebbe sulla prevaricazione del maschio sulla femmina.

Invero, è proprio per distruggere quel “modello di società arcaico” – nido di retrivi oscurantismi – che, qualche decennio fa, si è dato impulso al silenzioso ma sconvolgente moto sociale che risponde al nome di rivoluzione sessuale. E i nefasti effetti, ora, compresa la violenza sulle donne, sono sotto gli occhi di chiunque possa e voglia vedere.

(1) http://www.lastampa.it/2012/11/21/scienza/benessere/lifestyle/violenza-contro-le-donne-tra-le-cause-anche-la-pornografia-JoRmq3034Zqoaa694DfVDN/pagina.html

(2) Il Partito Comunista Italiano presentò, nel dicembre 1977, una proposta di legge dal significativo titolo “Nuove norme a tutela della libertà sessuale”.

(3) Al contrario di certi vecchi e nuovi compagni “trinariciuti”, Pier Paolo Pasolini ammise su “Pagine Corsare”: “La liberalizzazione sessuale invece di dare leggerezza e felicità ai giovani e ai ragazzi, li ha resi infelici, chiusi, e di conseguenza stupidamente presuntuosi e aggressivi”.

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