Cronaca

Ospedale San Bartolo di Vicenza: medici ed infermieri si sfidano a colpi di cannule

di Adelaide Conti

Sembrerebbe una gara tra medici ed infermieri a chi riesce a infilare il maggior numero di cannule agli sventurati pazienti. Un gioco. Tanto crudele quanto inconcepibile. Siamo nel pronto soccorso dell’ospedale San Bartolo di Vicenza, dove due medici e sei infermieri si sono sfidati tramite Whatsapp per aggiudicarsi l’orrendo primato. L’idea nasce durante una cena goliardica tra amici per rendere meno monotone le giornate in corsia. Il gruppo, oltre a darsi un nome “Gli Amici di Maria”, si dà delle regole precise: vince chi userà il maggior numero di aghi o cannule. Per ottenere un punteggio maggiore bisogna fare uso di aghi e cannule grossi così da procurare maggior dolore al malato. La gara viene scoperta quando uno dei medici del reparto, pentito, rivela l’obbrobrio (se così fosse) al primario, Vincenzo Ribani.

Due richiami e sei “assoluzioni” sono il risultato di un’idagine per una procedura sanzionatoria interna aperta immediatamente dopo. Per accertare i fatti, spiega il direttore generale dell’Ulss 6 Vincenza Giovanni Pavesi, vengono incrociati date e orari delle conversazioni avvenute via chat con le cartelle cliniche, per accertare eventuali comportamenti inappropriati. “Non abbiamo trovato riscontro» – racconta – «ciò nondimeno abbiamo aperto un procedimento disciplinare che si è concluso con rapidità, nei limiti di quelle che sono le prove raccolte. Abbiamo inoltre trasmesso tutta la documentazione agli ordini professionali competenti”.

Il primario tenta di sdrammatizzare per evitare che le polemiche divampino. “E’ stato un gioco – commenta – e per fortuna tale è sempre rimasto. Nessuno ha fatto nulla di sbagliato e la salute e il benessere dei pazienti non sono mai stati compromessi. Di sicuro l’immagine del San Bartolo non ne esce bene. “Rimane un giudizio eticamente negativo di quanto è stato fatto, dal momento che simili gare non andrebbero né pensate né tantomeno messe per iscritto”, ammette Ribani.

Più severe le parole del direttore generale dell’Ulss, Giovanni Pavesi: «È una vicenda di estrema gravità, al di là del fatto che gli episodi siano effettivamente avvenuti o meno» – commenta- «Non appena ne siamo venuti a conoscenza ci siamo immediatamente attivati, portando avanti con determinazione una doppia azione».

Allo stato attuale nessun fascicolo sul caso è stato aperto dal procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri, ma non è escluso che lo faccia qualora dovesse – come promesso dal governatore del Veneto Luca Zaia – arrivare una segnalazione da parte dell’avvocatura regionale contenente i dati che saranno acquisiti dal segretario generale regionale per la sanità.

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