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Operazione Coorte: l’Ei addestra il nuovo esercito libico

di Salvo Ardizzone

La Libia è uscita distrutta dalla guerra civile, e i governi che l’hanno cavalcata a suon di bombe e Specials Forces nell’ambito dell’Operazione Unified Protector, si sono trovati fra le braccia uno stato fallito proprio sulle coste del Mediterraneo. Uno Stato che galleggia su petrolio e gas (che tutti vogliono) ma che è imploso e rischia di divenire un cronico fattore di destabilizzazione per tutta l’area, già resa instabile dalle altre “primavere”.

Logica vorrebbe che si mettesse mano a ricostruire per rimediare ai disastri della guerra, magari col sostegno di quegli Stati così pronti a mandar gli aerei, ma di questo nessuno parla e nemmeno mostra il minimo interesse. Il fatto è che a tutti preme di mettere le mani su quel petrolio e quel gas per cui, diciamolo chiaro, è stato fatto quello sconquasso, ma, ora come ora, con il Paese in mano alle milizie, Stati e società petrolifere non sanno neppure con chi trattare, e rimangono a mani vuote.

Il Governo, se così si può chiamare quel simulacro vuoto e autoreferenziale che sta a Tripoli, ostaggio della prima banda armata a cui venga in mente di condizionarlo, è impotente; di mettere “scarponi sul campo” non se ne parla, per i Governi e le Mayor del petrolio la soluzione è unica: organizzare in loco una forza armata capace d’imporsi in qualche modo, e permettere l’applicazione degli accordi (se così li vogliamo chiamare) per sfruttare quella ricchezza sotto la sabbia.

Nel corso del G8 Compact del giugno 2013, il Governo libico ha “chiesto” assistenza all’Italia per formare proprie truppe sul territorio italiano: Saf si chiama il “pacchetto”, Security Force Assistance, e prevede la formazione di 2mila uomini. Altri Saf sono stati sottoscritti con gli Usa (per 8mila uomini), Gran Bretagna (per 2mila) e Turchia (per 3mila), per un totale complessivo di 15mila unità. Il programma italiano, della durata di 18 mesi, avrà un costo complessivo di 50 ml di € a totale carico di Tripoli, e prende il nome di Operazione Coorte.

Le prime 341 reclute, selezionate in Libia dai team dell’Esercito Italiano, sono arrivate a Cassino il 10 gennaio; hanno superato la prima fase d’addestramento e sono in corso di trasferimento a Persano per un corso avanzato di due mesi e mezzo, al termine del quale torneranno nel loro Paese, divenendo a loro volta istruttori. Chi cura selezione e formazione sono elementi del 185° Rgt paracadutisti Rao (si tratta di truppe per Operazioni Speciali), dell’8° Rgt Bersaglieri e del 9° Rgt Alpini.

A breve arriverà il secondo contingente che è in corso di selezione in Libia; comprende, come per il primo, gli elementi più disparati: ex militari, ex componenti delle milizie, gente comune, che vengono dalla Cirenaica (quelli di Bengasi sono il 40% del totale), della Tripolitania e del Fezzan.

Nell’attuale scenario di frantumazione totale dello Stato, è arduo immaginarli ad operare insieme, a meno che non si tratti di quello che sembra e pare essere:  una guardia pretoriana a difesa degli interessi delle compagnie petrolifere, che agisce formalmente agli ordini di Tripoli, nella pratica di chi sta più lontano.

Come finirà lo dirà il tempo: se l’Operazione avrà un seguito, se non finirà per costituire l’ennesima milizia nel guazzabuglio che ora è la Libia, se gli elementi addestrati troveranno più conveniente mettere le competenze acquisite al servizio di altri. Di certo c’è che a nessuno importa di provare a ricostruire; un Paese è stato distrutto e l’unico interesse di chi ha contribuito a farlo è di continuare a sfruttarlo.

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