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Obama in Estremo Oriente per allontanare il Vietnam da Cina e Russia

di Salvo Ardizzone

Barak Obama ha dichiarato che gli Usa hanno deciso di revocare l’embargo sulle forniture militari al Vietnam che dura da decenni; lo ha annunciato nel corso di una conferenza stampa ad Hanoi, dove si trovava in visita, con accanto il presidente Tran Dai Quang. Obama ha continuato affermando che la decisione s’inserisce nel quadro di una maggiore cooperazione fra i due Paesi.

Il viaggio in Vietnam e Giappone, dove Obama parteciperà al suo ultimo G7, fa parte degli ultimi sforzi per dare un seguito all’obiettivo strategico principale del suo doppio mandato: contenere in tutti i modi la Cina, considerato il competitor globale degli Usa.

Con la sua visita, e la dichiarazione di fine embargo, il Presidente vuole centrare più obiettivi: avvicinare Hanoi agli Usa, allettandola con l’offerta di armamenti sofisticati (già di per sé un obiettivo pagante); offrirle copertura politica nella sua contesa con Pechino sugli arcipelaghi del Mar Cinese (e le immense risorse che vi sono sotto); ottenere l’utilizzo esclusivo della base strategica di Cam Ranh Bay; grazie alle proprie offerte, allontanare il Vietnam da Cina e Russia.

È ormai da tempo che gli Usa corteggiano il Vietnam per inserirlo nella propria strategia di contenimento della Cina, continuando ad alzare le offerte per convincerlo; tuttavia, malgrado gli sforzi, è assai improbabile che riesca nel suo scopo: Hanoi non romperà i rapporti commerciali con Pechino e meno che mai permetterà all’Us Navy di ritornare a Cam Ranh, né rinuncerà alla politica di equidistanza con le grandi potenze abbandonando la sua via di autonomo sviluppo.

Ben diverso è l’atteggiamento della Casa Bianca verso Tokio: il Giappone, malgrado i fortissimi rapporti economici, ha già dato il via ad una politica di confronto crescente verso Pechino e il suo espansionismo; per questo il suo establishment politico giudica indispensabile la “copertura” americana. Di qui l’atteggiamento Usa di concedere il meno possibile; sintomatica è l’ennesima negazione di scuse per gli olocausti nucleari di Hiroshima e Nagasaki, che non giungerà neanche durante la prima visita di un Presidente Usa in carica in quei luoghi. Per Washington, Tokio è un alleato/suddito a cui far pagare la “protezione”, anche quando le sue mosse corrispondono esattamente agli interessi dello “Zio Sam”.

Tra alleanza militari, megacontratti d’armi, pericolose provocazioni e supercontratti commerciali, i due imperialismi, il nuovo cinese ed il vecchio Usa, si stanno dando battaglia in Estremo Oriente, cercando di scaricare su Popoli e Nazioni il peso del proprio scontro.

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