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Non si ferma la lotta delle donne saudite per rivendicare il diritto di guidare

Nell’unico Paese al mondo dove è negato alle donne il diritto di guidare, le attiviste per la protezione e la difesa dei diritti delle donne saudite stanno intensificando sui social-media la campagna “26 ottobre”, che prende il nome dal giorno in cui le donne saudite si daranno appuntamento, rigorosamente al volante, per provare ad abbattere il divieto di guida. Sono salite a 20mila le adesioni online alla campagna, “Viviamo in un’epoca in cui ci sono donne che sono ministri, parlamentari, professoresse – ha detto in recenti dichiarazioni Eman al-Nafjan, attivista e co-fondatrice della campagna “26 ottobre”.

“E’ imbarazzante il fatto che si debba organizzare una protesta e violare la legge per rivendicare un semplice diritto di metà della popolazione”. “Tutti sostengono la campagna “26 Ottobre”, giovani e anziani, ricchi e poveri, uomini e donne – ha sottolineato in dichiarazioni all’agenzia di stampa Dpa Hala Dossari, medico di Gedda, tra gli organizzatori della protesta, che non è un movimento femminista, ma è un movimento saudita”.

Anche una petizione online ha chiesto al governo saudita di “togliere il divieto di guidare alle donne” raccogliendo più di 2.400 firme in anticipo rispetto al suo culmine del 26 ottobre. “La questione non è semplicemente quella di guidare un veicolo, ma il riconoscimento del diritto alla guida per le donne”, afferma la petizione.

Si aggiunge che il divieto è il risultato della tradizione e della consuetudine, perché non vi è “nessun singolo testo islamico” o decisione giudiziaria che vieta alle donne di affrontare alla guida le autostrade del Regno.
Il sito web della petizione, www.oct26driving.com, comprende brevi video di donne alla guida, vestite in abiti neri dalla testa ai piedi, che sono tenute a portare, con solo gli occhi scoperti. È dotato di un “muro-onore” con i nomi di 108 donne che hanno sfidato il divieto di guida del Regno.

Le attiviste incoraggiano le donne a pubblicare foto di se stesse alla guida utilizzando un hashtag Twitter, così come su Instagram e YouTube. “Stiamo cercando di fare qualcosa per aggiornare questa richiesta” che le donne siano autorizzate a guidare, ha dichiarato un’attivista, Nasima al-Sada, “Stiamo chiedendo alle donne di sedersi al volante e agire il 26 ottobre, o in qualsiasi giorno”.

Da anni le saudite cercano di abbattere questo divieto. Nel 1990, 47 donne si misero alla guida della loro vettura a Riad ma furono arrestate e severamente punite. A farsi paladine della libertà negata furono poi diverse attiviste insieme alla principessa Amira al-Tawil, moglie del principe Al-Walid Bin Talal che, nel 2009, dichiarò ai giornali: “Ho una patente internazionale e guido la macchina quando viaggio. Sono pronta a guidare anche nel Regno saudita quando sarà permesso”.

Nel 2007 Wajeha al-Huwaider, cofondatrice dell’associazione per i diritti delle donne inviò una petizione al re Abdullah per il riconoscimento del  diritto delle donne a guidare. Fu, però, nel 2011 che partì una vera e propria campagna mediatica “Women2drivecampaign” che ebbe molto successo sui social. Ma meno nella vita reale: finita in arresti, l’iniziativa portò a una condanna a 10 frustate per l’attivista Shaima Jastania.

Anche l’anno scorso, le attiviste hanno promosso un’altra campagna sfidando il divieto il 26 ottobre, data che loro chiamano “simbolica”, per i diritti delle donne alla guida, quando 16 donne saudite furono multate per avere guidato, mentre un portavoce del ministero dell’Interno avvertiva che “le donne in Arabia sono bandite dalla guida e le leggi saranno applicate contro chi trasgredisce e chi dimostra di supportarle”.

L’Arabia Saudita è il più grande esportatore di petrolio dell’Opec e l’economia del Paese rappresenta uno dei migliori risultati tra le 20 nazioni principali, secondo il Fondo Monetario Internazionale. Diverse donne saudite che ricoprono posizioni senior management sono state incluse quest’anno nella lista di Forbes tra le 200 donne arabe più potenti, ma non possono guidare nel proprio Paese, mentre le donne saudite hanno ancora bisogno dell’autorizzazione da un tutore maschio a lavorare e a sposarsi, mentre i ristoranti sono divisi in “sezioni di famiglia” e aree separate per uomini single.

La tradizione wahhabita ultra-conservatrice è predominante nel Regno, dove si applica sia alla vita religiosa che politica. Lo scorso novembre il chierico superiore del Regno, lo sceicco Abdul Aziz bin Abdullah al-Sheikh, ha dichiarato che il divieto di guida per le donne protegge la società dal “male” e non dovrebbe rappresentare una preoccupazione importante.

di Cristina Amoroso

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