CronacaPrimo Piano

Non conoscono la vergogna

di Salvo Ardizzone

È l’ennesima storiaccia che ci fa pensare che l’Italia sia un Paese irrecuperabile. Calabria Etica è una società in house della Regione Calabria, che dovrebbe occuparsi di assistenza alle famiglie disagiate; fin qui tutto normale, il fatto è che, all’improvviso, nel novembre scorso, la società ha fatto 251 assunzioni a tempo indeterminato, vedi caso alla vigilia delle elezioni regionali indette dopo che il governatore Scopellitti era stato sospeso per una condanna a sei anni di carcere.

Ma la cosa non finisce qui, perché la società ha continuato ad assumere nei mesi successivi fino a collezionare 700 dipendenti e, ancora vedi caso, nella quasi totalità residenti a Lamezia Terme. Come mai?

È presto detto: Scopellitti (ancora lui) aveva nominato presidente di Calabria Etica, Pasqualino Ruberto, membro dell’assemblea nazionale dell’Ncd, assunto alla cronaca nel 2002 perché era assessore di Lamezia Terme quando l’amministrazione fu sciolta per infiltrazioni mafiose. Ora Ruberto è in campagna elettorale perché s’è candidato a sindaco di quel paese e sostiene scandalizzato che le 700 assunzioni, fatte nel comune, non c’entrano nulla né con le elezioni regionali di novembre e meno che meno con le prossime amministrative di Lamezia: “Servono all’attività della fondazione”, ha concluso.

Sarà… resta il fatto che fra quelle assunzioni si contavano quelle della sua compagna, nonché della sorella e di diversi parenti del socio del suo studio. Adesso sulla faccenda indaga la Procura di Catanzaro, la candidatura a sindaco è a rischio e la compagna s’è dovuta dimettere da un contratto da 114mila euro.

La Magistratura svolgerà la sua inchiesta; resta il disgusto per gente che continua ad usare la cosa pubblica come propria, nella più assoluta sfacciataggine e arroganza. Resta la rabbia per un sistema che sistematicamente dissipa le risorse, salvo pietire quando si esauriscono. Resta l’amarezza verso una collettività che non reagisce e si fa complice strumento di malaffare in cambio d’un piatto di lenticchie. 

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