Cronaca

Nel fu “Bel Paese” più che di diagnosi precoce si parla di diagnosi errata

di Adelaide Conti

Colpe, errori, negligenze, disorganizzazione. Queste potrebbero essere le parole che possono in parte spiegare gli sbagli commessi all’interno delle strutture sanitarie italiane. In sette anni nei nostri ospedali si sono verificate 26 operazioni sulla parte sbagliata del corpo e 16 su un altro paziente. Sono i dati contenuti nel database ufficiale del Ministero della Salute che fanno riferimento alle segnalazioni degli errori chirurgici fatte pervenire al dicastero. Le “sviste” ai danni dei pazienti sono un elenco piuttosto lungo e variegato: 159 casi di materiale dimenticato all’interno del paziente durante gli interventi – in alcuni di questi casi si è dovuto ricorrere ad un altro intervento – e 135 decessi o danni imprevisti. A questi numeri bisogna poi aggiungere 417 persone morte o gravemente danneggiate da cadute (circa il 25% delle cause di morte o danno grave) e 295 suicidi o tentati suicidi di pazienti in ospedale

Il sistema Simes (sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità) ha raccolto 1918 segnalazioni sentinella nel periodo che va dal 2005 al 2012 nel quinto Rapporto di monitoraggio degli eventi sentinella. Gli errori più comuni si verificano durante gli interventi chirurgici, nella somministrazione di terapie farmacologiche e in occasione delle trasfusioni. Decessi o gravi conseguenze si sono inoltre verificate in conseguenza di errata attribuzione del codice del Triage e in incidenti durante il trasporto di pazienti all’interno o fuori dalla struttura. Infine, compaiono i casi di violenza ai danni degli operatori o dei degenti.

Le situazioni più gravi si verificano in sala operatoria. Non di rado, infatti, a finire sotto i ferri sono stati pazienti sbagliati. E quando non è il paziente ad essere sbagliato, l’errore si è verificato nella parte del corpo da operare: 25 procedure chirurgiche in una parte del corpo sbagliata per un totale di 32 procedure errate nel paziente giusto e 16 in quello sbagliato.

E se i numeri fin qui elencati non sono sufficienti a dare l’idea di quanto il fenomeno sia preoccupante e diffuso, ci pensa l’Associazione Salute e Società Onlus e l’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma – in occasione di un convegno dello scorso anno – a delineare un quadro, a dir poco, sconfortante. Sugli otto milioni di ricoveri che si verificano ogni anno in Italia si registrano 320mila casi di danni o conseguenze di varia entità per il paziente provocati da errori in parte evitabili. I casi direttamente collegati ad una negligenza o incompetenza da parte del personale sanitario sono solo un terzo. Gli incidenti più frequenti, strano ma vero, sono da attribuire a problemi di tipo organizzativo.

Tuttavia, negli ultimi 25 anni il numero delle denunce a carico dei professionisti è lievitato del 300% e in tutto il Paese si contano qualcosa come 12mila cause pendenti per richieste di risarcimento danni superiore a 2,5 miliardi di euro a cui si aggiungono circa 13 miliardi di spesa per il Servizio Sanitario Nazionale dovuti alla medicina difensiva. E se fin qui i numeri che ci raccontato degli errori macroscopici verificatesi dentro gli ospedali fanno rabbrividire, ben poco si sa di chi per colpa di una diagnosi sbagliata ci ha rimesso la pelle. Impossibile conoscere e dunque stimare i danni provocati da errori di questo tipo. Eppure basterebbe fare un giro tra le corsie e ascoltare le storie di tanti sventurati pazienti per rendersi conta di quanto sia diffuso anche quest’altro triste fenomeno. Per questa gente non c’è risarcimento che possa ripagare il danno subito. Ammesso che si riesca a dimostrare la responsabilità del medico. Cosa poco improbabile.

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