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Navi dei veleni, 90 relitti ritrovati nel Mediterraneo

“Navi a perdere” è il titolo di un bellissimo libro di Carlo Lucarelli. Noto scrittore e giallista che, nel 2008, indagava su quello che oggi la commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti ha annunciato a gran voce, ossia che nel Mediterraneo vi sarebbero più di 90 relitti di navi dei veleni. I documenti sulle navi a perdere sono stati forniti dal Sismi e riguardano l’attività dei traffici illegali di rifiuti, in particolare quelli radioattivi.

Flussi impressionanti di rifiuti industriali, compresi quelli radioattivi, provenienti spesso dall’estero, che grazie al ruolo svolto da strutture criminali per decenni sono stati spediti via nave in giro per il mondo e seppelliti in mille siti nel nostro Paese, avvelenandolo. Un sistema che si è retto anche grazie al ruolo di intermediazione svolto dalle mafie, che hanno offerto i loro stessi territori per gli sversamenti. Vi sono anche le intercettazioni, nella quale si può ascoltare uno dei boss di Reggio Calabria affermare: “Sai quanto ce ne fotte del mare?”.

Navi dei veleni tra misteri e complicità

Tra le navi dei veleni attenzionate dal Capitano Natale De Grazia, morto per avvelenamento nel 1995, ci sono le navi Rigel, inabissatasi il 21 settembre del 1987 a largo della coste di Capo Spartivento e per la quale un processo ha definitivamente accertato l’affondamento doloso, e la nave Aso, colata a picco il 16 maggio del 1979 al largo di Locri, senza dimenticare lo spiaggiamento della nave Rosso sulla costa di Amantea, era il 14 dicembre del 1990. Monitorando il mare calabrese, la Capitaneria di Porto, nel 2011, censì l’esistenza in quei fondali di 288 relitti.

Uno di questi documenti, riporta il risultato di un’analisi degli affondamenti, soprattutto di navi mercantili, avvenuti nel Mediterraneo che vanno dal 1989 al 1995. In questi dati si riscontra che le navi affondate sono ben 90. Il principale nome a spiccare è quello di Giorgio Comerio, imprenditore navale. Il rapporto, sempre del Sismi, delinea la figura di questo soggetto offrendo alcuni episodi abbastanza inquietanti. Per il Sismi, Comerio risulterebbe organico ad una serie di traffici clandestini che hanno come “business” principale quello dello smaltimento delle scorie radioattive, rifiuti tossici, riciclaggio di denaro e contrabbando di armi.

L’attività di Comerio sarebbe iniziata nel 1995, nella zona della Baia di Hungnam, grazie ad accordi pregressi con il governo della Corea del Nord. Secondo l’indagine, si sarebbe trattato di uno smaltimento di 200mila cask di rifiuti radioattivi per un giro di affari intorno ai 227 milioni di dollari. Le navi dei veleni sarebbero state affondate nelle acque di Taiwan.

Traffico di rifiuti e l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Un’altra riguarda i traffici internazionali dei rifiuti con destinazione Somalia. In una nota sempre del Sismi alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero degli Esteri, si segnala l’arrivo a Mogadiscio di due navi cariche di rifiuti tossici. Questo avveniva nel 2003. Si tratta di un traffico criminale che è andato avanti negli anni, e che nessuno o quasi ha mai portato alla luce.

Sempre per quanto concerne il traffico di rifiuti, un altro mistero riguarda quello dell’assassinio di Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin. Molte sono le piste che, in passato, portavano all’ipotesi che la giornalista si fosse trovata dinanzi ad un enorme traffico di rifiuti, soprattutto sul versante somalo, visto che sia lei che il suo collaboratore furono uccisi il 20 Marzo del 1994, in un agguato, proprio a Mogadiscio.

Le morti dei due giornalisti, a parte i soliti processi farlocchi a colpevoli del tutto improbabili, non hanno mai avuto giustizia. Anzi, vi sono stati silenzi e depistaggi oramai accertati. Innegabile che il lavoro della commissione abbia fatto compiere un balzo in avanti alle indagini e, per lo meno, adesso si hanno delle certezze sulla quale porre le basi, se esiste una volontà, per un accertamento definitivo sullo scempio e sui crimini che sono stati compiuti.

di Sebastiano Lo Monaco

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