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Le ambizioni di Mosca mettono piede in Libia

La Libia è entrata nella strategia del Cremlino. Nei giorni scorsi il sedicente generale Haftar si è recato a Mosca dopo una sosta in Egitto, il suo sponsor principale; ai russi ha chiesto armi e appoggio politico per il suo sogno di divenire l’uomo forte della Libia.

PutinA Mosca è stato accolto come comandante dell’”esercito nazionale libico”, anche se quello è solo il nome della sua milizia, con cui controlla il parlamento di Tobruk. In realtà, dietro i sorrisi, con il consueto realismo i Russi vogliono capire se possono contare su un uomo che affidabile non è mai stato.

Haftar è stato un ufficiale di Gheddafi poi suo oppositore, fuggito negli Usa è stato ospitato dalla Cia di cui è divenuto un agente, al tempo dell’insurrezione del 2011 è tornato in Libia con l’intenzione di assumerne il comando, ma è stato subito messo da parte salvo riemergere mettendosi alla testa di una milizia composta da spezzoni del vecchio Esercito, elementi del passato regime e gruppi intenzionati a frenare il dilagare di bande salafite e qaediste soprattutto nella Cirenaica.

La guerra che ha dichiarato al parlamento di Tobruk, ed alle milizie “islamiste” che lo sostenevano, nascondeva esclusivamente un disegno personale di potere. Un disegno che ha trovato forza (tanta) grazie al fatto che è stato scelto da Emirati, Francia e soprattutto dall’Egitto come il proprio riferimento. Nell’inestricabile pasticcio seguito all’intervento anglo-francese del 2011, è soprattutto Al-Sisi a guardare alla Cirenaica (ed alle sue immense ricchezze energetiche) con estremo interesse, e ha fatto di Haftar il suo uomo per averla attraverso lui.

Il controllo che ha assunto sui terminal petroliferi e gasieri sul Golfo della Sirte tende a questo, come pure la dichiarata ostilità al Governo di Accordo Nazionale voluto dall’Onu che vede come un ostacolo ai suoi disegni.

Nella sua spregiudicata strategia, Mosca intende inserirsi in tutti i vuoti lasciati dall’Occidente con la sua disastrosa gestione delle crisi nell’area allargata fra Medio Oriente e Mediterraneo. Di qui la volontà del Cremlino di sondare se è possibile puntare sul generale per mettere piede in Libia, una prospettiva resa possibile dalla crescente sintonia col Cairo.

La mossa di Mosca ha suscitato l’ovvia irritazione di Washington, Parigi e Londra, tutte impegnate nei loro giochi sin qui inconcludenti quanto deleteri, ma ha fatto risaltare, l’ipocrita finzione di un Governo, quello di Serraj, a parole sostenuto dalla cosiddetta comunità internazionale che nei fatti persegue in totale autonomia i propri interessi immediati.

In Libia, per come sono evolute le cose, senza Haftar il Governo Serraj è in un vicolo cieco che sta per chiudersi del tutto, decretando l’ennesimo fallimento dell’Onu e di chi lo ha caldeggiato, e per l’Italia, che è stata in prima fila, e per l’Eni, sarebbe un disastro.

Il possibile rimescolamento delle carte vedrebbe Haftar come uomo forte di un Governo riconosciuto dall’Onu (anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite ha cominciato a prendere atto della realtà), con l’Egitto egemone in Cirenaica e la Russia garante internazionale dell’operazione.

L’Italia, che ha in Libia interessi enormi da tutelare, avrebbe ancora carte da giocare per inserirsi nel gioco riducendo i danni, ma francamente è assai improbabile che sappia/voglia giocarsele. Come sempre.

di Salvo Ardizzone

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