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Maduro e il dominio Usa sulla finanza mondiale

La causa del grande botto che ha colpito il Venezuela di Maduro non è solo il petrolio. Caracas ha commesso il peccato capitale agli occhi dell’impero di Washington che mette a rischio il dominio degli Stati Uniti sulla finanza mondiale. E’ lo stesso peccato capitale commesso in Iraq e in Libia che in questa seconda guerra fredda mette gli Stati Uniti e i loro servitori contro quattro pilastri euroasiatici: Russia, Cina, Iran e Turchia.

Un articolo pubblicato nel 2005, ancora sull’onda dell’indignazione per la guerra di Bush in Iraq, esordiva così: “Se la possibilità da parte degli Stati Uniti di intraprendere guerre e conquiste imperiali dipende dalla loro supremazia militare, questa a sua volta si basa sull’uso del dollaro come moneta di riserva mondiale. Il privilegio che il mondo ha concesso al dollaro sostiene il dominio finanziario degli Usa e il loro illimitato potere di spesa, il quale permette loro di mantenere centinaia di migliaia di uomini e basi in tutto il mondo. Distruggi l’egemonia del dollaro Usa e l’impero si scioglierà”.

I petrodollari nascono nel 1973, con un patto perverso tra Usa e monarchi wahabiti che si impegnano a vendere in dollari il petrolio e a riciclare i petrodollari nell’economia d’oltre oceano, in cambio di protezione militare con esagerate vendite di armi e, all’occorrenza, interventi con i bombardieri dal cielo. Nel 1975 tutte le nazioni Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) decidono di denominare in dollari le vendite del cosiddetto “oro nero”.

Da allora il privilegio del dollaro, la sua supremazia concessa dal mondo ha sostenuto e sostiene il dominio finanziario degli Usa. Guai a colui che tenta di bypassare il dollaro. Così l’ha pagata cara in Iraq Saddam con la scelta di farsi pagare il petrolio in euro e in Libia Muamar Gheddafi, con il progetto del dinaro d’oro in Africa. La dittatura del dollaro è mantenuta a suon di bombe.

Anche l’Iran e la Turchia lo stanno facendo, la Russia è in parte sulla strada e la Cina sta per scambiare tutte le sue energie in petroyuan. Con il Venezuela, che aveva già annunciato di bypassare l’uso del dollaro nel sistema bancario ufficiale, privilegiando euro, yuan e altre monete convertibili, fin dall’anno scorso ha adottato la petro cripto-valuta e il Bolivar sovrano, e l’amministrazione Trump aveva sanzionato Caracas al di fuori del sistema finanziario internazionale.

Non c’è da stupirsi che Caracas sia sostenuta da Cina, Russia e Iran. Sono la vera troika, che combatte contro la strategia di dominanza energetica dell’amministrazione Trump, consistente essenzialmente nel mirare al blocco totale del commercio di petrolio nei petrodollari, per sempre.

Il Venezuela è un ingranaggio chiave nella macchina. Non si tratta solo di lasciare che ExxonMobil prenda il controllo delle enormi riserve di petrolio del Venezuela, le più grandi del pianeta . La chiave è monopolizzare il loro sfruttamento in dollari Usa, a beneficio di alcuni miliardari del Big Oil.
Ancora una volta, la maledizione delle risorse naturali è in gioco. Il Venezuela non deve poter trarre profitto dalla sua ricchezza alle sue condizioni; quindi, l’Impero ha stabilito che lo Stato venezuelano deve essere distrutto. Alla fine, tutto questo riguarda la guerra economica. Imporre nuove sanzioni alla Pdvsa, la compagnia petrolifera statale venezuelana, equivale a un embargo di fatto del petrolio contro il Venezuela.

Quello che è successo a Caracas non è stata una rivoluzione colorata, ma un tentativo di colpo di stato promosso dagli Stati Uniti usando elite comprador locali, installando come “presidente ad interim” uno sconosciuto, Juan Guaido. Tutti ricordano “Assad deve andare”. Il primo stadio della “rivoluzione siriana” fu l’istigazione alla guerra civile, seguita da una guerra per procura attraverso mercenari stranieri. Cambiano i nomi e personaggi ma la situazione non cambia: “Maduro deve andare”.

di Cristina Amoroso

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