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Macron condannato dalla sua politica estera

Il 2018 si è concluso con una serie di eventi di media rilevanza, che in sostanza in nulla hanno influito sul divenire planetario dei nuovi equilibri geopolitici. L’evento sul quale vorremmo concentrare la nostra attenzione con questo articolo è il caso della Francia del presidente Emmanuel Macron che, portato alle glorie delle cronache non per ciò di cui meriterebbe davvero menzione, ha generato violentissimi manifestazioni di piazza per lo stupido tentativo di voler aumentare le accise sui carburanti.

Macron-TrumpMacron, come si è avuto modo di apprendere nel corso della sua presidenza, rappresenta un diretto esponente della finanza internazionale, di quel mondo ultra globalista che utilizza la facciata di un socialismo oramai in putrefazione per acquisire, privatizzare e controllare ogni diritto umano ed ogni ratio di decisionismo politico. Macron è proiezione di un mondo economico privo di esperienza, a-politico e di mediocre intelligenza, che preferisce vincere le elezioni a colpi di propaganda, sotterfugi ed azioni repressive ai limiti della moralità.

Il Cv politico di Macron

Monsieur le Président è passato alla storia per aver fatto approvare la legge sul lavoro francese, il Jobs Act d’Oltralpe, un pacchetto di 200 pagine ispirato all’omonimo italiano, che rende il lavoro ”flessibile” e che precarizza il lavoro in nome dell’importazione di manodopera a basso costo. Un regalo ai grandi marchi e ai gruppi industriali, che possono così rivalersi in qualsiasi modo sui propri lavoratori, risparmiando sui salari e aumentando i profitti. Le Président non ha promosso solo una riforma, e per di più all’italiana. Il buon Macron ha anche svuotato di significato e sicurezza il lavoro per ringraziare i propri finanziatori, i grandi gruppi economici industriali legati ai circoli finanziari statunitensi in odor di massoneria.

Il Presidente Francese più giovane e meno amato della storia della République, in questi due anni, ha in aggiunta battuto un altro formidabile record, quello della violenza delle proteste di piazza e del bipolarismo della propria politica estera.

Viva la France!

Nel giugno del 2016 Macron si era preso un bel uovo in faccia, in occasione di una visita ad un ufficio postale, ove ad attenderlo vi erano dei manifestanti anti-Loi travail (anti legge lavoro). Ad un anno di distanza, nel marzo del 2017, un altro uovo per il giovane Macron è giunto sulla sua presidenziale faccia. Stavolta Emmanuel non si è lasciato cogliere di sprovvista ed ha preso il tutto con ironia, sdrammatizzando l’accaduto.

La finanza attacca la finanza. Perché?

Per quale motivo, dunque, si sperimenta tanto astio nei riguardi del giovane Emmanuel, anche da parte dei suoi (ex) alleati? Per l’incapacità politica? Per la volontà di svendere la sovranità dell’Impero Coloniale Francese? Per l’ipocrisia che attanaglia una propaganda a favore dell’immigrazione in un’opposta azione anti migratoria? Per la feroce repressione dei suoi corpi di polizia che hanno picchiato anziani, vecchi, donne, disabili e che hanno provocato la morte di alcuni manifestanti senza un minimo di pubbliche scuse? No. L’astio che si muove nei grandi circoli contro Emmanuel non è ricollegabile a nessuna di queste circostanze, bensì alla sua condotta di politica estera, che ben spiega il cambio di paradigma e di consensi nel contesto europeo e geopolitico internazionale, nonché gli attacchi da parte della stampa neo liberale estera, un tempo sua sfegatata sostenitrice.

Macron il ”Divo”. Quando le Président voleva imitare Andreotti

Il populismo non è certo una caricaturale presa di posizioni impersonale contro un sistema di potere definito. Il populismo è un sentimento che può essere anche indotto, special modo nelle controparti mediatiche che sostengono i poteri in frizione. Dal punto di vista della controinformazione, il populismo ha mietuto molte vittime, tanto che si è preferito bollare Macron come uno stupido più che come un pessimo avventuriero od un infimo politico servitore di interessi terzi. In molti penseranno che chi scrive stia tessendo le lodi dell’ex ministro dell’Economia francese, ma non è così. Personalità come Macron, Renzi, Tsipras, Sanchez non sono stupidi. Alcuni, certo, più stupidi della media, ma sempre espressioni di un mondo che li governa e li dirige. I politici della rampante borghesia finanziaria di sinistra si catalogano semplicemente come soldati, chi più e chi meno, esecutori di una volontà che li trascende. Accusare di stupidità od incapacità il semplice servo di palazzo è fuorviante, special modo quando il servo in questione decide di ”ribellarsi” e di bypassare i canali di comando, facendo di testa sua, e svelando in tal modo gli ”arcana” della gerarchia finanziaria occidentale.

E’ d’uopo ritornare a qualche anno addietro per comprendere la capitolazione di Macron, ovvero a quando la Francia (o meglio, il suo Presidente) si mise in testa di trasformare la Republique coloniale nella nuova interlocutrice del conflitto israelo-palestinese, criticando fortemente gli Stati Uniti, in occasione del riconoscimento unilaterale di Gerusalemme a capitale di Israele (dicembre 2017).

L’inizio della fine. Le decapitazione di ”Micron”

La Francia sarebbe dovuta divenire, stando ai piani della sinistra europea, una nuova Germania, un paradiso dell’immigrazione illegale e dei traffici che essa avrebbe comportato. Tuttavia, vuoi che l’Italia abbia troppo ”accolto”, vuoi che alla Francia il piano di essere invasa da africani non sia piaciuto, Macron ha stretto enormemente sulle politiche migratorie, tanto che la Francia si è trasformata in una piccola Svizzera in materia di movimento dei flussi e di ”flessibilità” del lavoro. Se a questo, poi, aggiungiamo la volontà di giocare un ruolo di primo piano in Libia, a discapito di Italia e Inghilterra, possiamo ben mettere a fuoco i rischi contro i quali Macron è andato incontro, grazie anche alla sua irresponsabile condotta internazionale.

L’essersi messo non solo contro Trump, l’ala ‘multipolare’ statunitense, ma contro gli israeliani ed i neocon della finanza, ha frantumato ogni possibilità di rivendicazione di qualunque prerogativa, prima con lo scontro sui dazi anti Ue, ai tempi del G7, e poi con la questione della difesa europea.

Nei riguardi della difesa europea è conveniente soffermarci, poiché nell’ultimo biennio Macron ha spinto affinché si realizzasse uno dei punti cardini del progetto degli Stati Uniti d’Europa: un esercito europeo, la cui guida dovrebbe tutt’oggi spettare alla Francia. Scopo di tale esercito sarebbe quello di difendere l’Europa anche dagli Stati Uniti, come dichiarato pubblicamente dallo stesso Emmanuel. Un chiaro messaggio, questo, di autonomia che Macron ha deciso di inviare a Trump e all’equilibro multipolare che si stava ridimensionando in Europa, e che vedeva in Berlino l’unica dialogatrice di fiducia (più o meno) della Casa Bianca. Ricordiamo il famoso tweet di Trump al riguardo, risalente al centenario della vittoria nella prima guerra Mondiale: “Il presidente Macron ha suggerito che l’Europa costruisca un suo esercito per proteggersi da Stati Uniti, Cina e Russia. Molto offensivo, ma forse l’Europa dovrebbe prima pagare la sua quota alla Nato che è finanziata in gran parte dagli Stati Uniti”.

Cosa aspettarsi, dunque?

L’inizio delle rivolte dei Gilet Gialli è stato salutato come un sospiro anti globalista. Rimangono, tuttavia, logici i dubbi sulla spontaneità dei movimenti che, stando ai maligni, pare siano stati sviluppati da manine Trumpiane e addirittura russe. Se così fosse, ben venga, nel senso che data la scandalosa politica adottata da Macron non sorprenderebbe se la stessa finanza che lo ha scelto come rappresentante dei propri interessi, decidesse oggi la sua ”eliminazione”. Troppo imprudente, sfacciato ed insensibile agli equilibri si è dimostrato Macron, esattamente come i suoi omologhi greci ed italiani, Tsipras e Renzi. Le ultime ‘news’ su Macron, quelle relative l’abbandono del capo d’ufficio stampa, Sylvain Fort, ed i ripetuti scandali che legano il Presidente alla sua guardia del corpo, Alexandre Benalla, non fanno presagire nulla di buono. L’unico punto sul quale bisogna continuare a porre attenzione permane essere l’equilibrio in Medioriente e le ripercussioni delle ingerenze francese negli affari con l’Arabia Saudita, fondamentali per l’eterno scontro fra palestinesi ed israeliani.

di Chris Barlati

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