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L’Iran ha scelto la moderazione

di Cristina Amoroso

In un momento di terrorismo mediatico dove tutto sembra il contrario di tutto, dove il cattivo appare  buono e l’angelo diventa satana,  anche il concetto di moderazione sembra aver perso la sua valenza aristotelica di virtù, in medio stat virtus. E proprio la questione della “moderazione” è stato uno dei principali motti della “Amministrazione di lungimiranza e di speranza”, proclamata da Rouhani e  accettata obtorto collo dagli occidentali guerrafondai pronti ad affilare le armi e a tracciare fantomatiche “linee rosse”.

“Personalmente credo che la moderazione significhi realismo e creazione di un equilibrio tra le varie esigenze di un paese per l’avanzamento della politica estera, e di perseguimento degli obiettivi di politica estera attraverso metodi plausibili e razionali. Moderazione non significa dimenticare i valori o scartare i principi. Moderazione non significa rinunciare a materializzare i diritti del paese. In altre parole, come ho detto nel mio discorso al Majlis (parlamento iraniano), la moderazione ha le sue radici nella fiducia in se stessi. Le persone che confidano nelle proprie capacità, poteri e possibilità sapranno percorrere la via della moderazione. Ma chi ha paura e si sente debole opta per lo più per il radicalismo. Radicali nel mondo sono persone codarde e anche se i loro slogan possono essere diversi l’uno dall’altro, sono gruppi chiusi con strette relazioni tra di loro. Il mondo di oggi ha bisogno di moderazione, più di ogni altra cosa e la Repubblica islamica dell’Iran, come  paese potente, è in grado di portare avanti un approccio adeguato di politica estera attraverso la moderazione”. Sono parole di saggezza di Mohammad Javad Zarif, ministro degli Esteri iraniano (http://www.payvand.com/news/13/aug/1128.html).

Un’altra scelta del Presidente Rouhani appare particolarmente interessante nella prospettiva della moderazione. Si tratta della scelta di Ali Jannati per il Ministero della Cultura e della Guida islamica, ministero che svolge un ruolo importante nel controllo dei media e della libertà di parola.

Jannati è considerato vicino al riformista Rafsanjani, ma è anche figlio del noto conservatore ayatollah Ahmad Jannati, il capo del Consiglio dei Guardiani per 21 anni. Questo tipo di delicato equilibrio, è tipico del complesso sistema politico iraniano diviso tra fazioni.

Il più giovane Jannati, divenuto ministro il 15 agosto può essere incline al lato riformista, ma  è ancora legato al regime dal suo rapporto con il padre, il cui nome lo fornirà di qualche copertura politica? “Coloro che conoscono me e il mio background di lavoro non farebbero mai  l’errore di pensare che le questioni di fede sono in qualche modo genetiche. Non è come se io avessi ereditato le mie convinzioni e gli atteggiamenti dal DNA di mio padre”. E’ stata la risposta ad un giornalista del quotidiano riformista preoccupato dal suo cognome.

In effetti gli articoli apparsi sulla stampa riformista nel corso degli ultimi due mesi già indicano qualche allentamento delle redini. In un’intervista di metà agosto con il quotidiano Ghanoon, Ali Jannati ha insistito di non avere  conferito con il padre per quanto riguarda la sua nomina attuale. “Non sono stato in contatto con la cultura islamica e il ministero di guida in questi ultimi anni, ma in base a quello che ho sentito dai miei amici nel campo delle arti e del giornalismo, la maggior parte di loro ha passato brutti momenti” ha detto.
“La gente in tutti i campi ha lottato. I nostri amici nel cinema, nella letteratura, nella musica, e nella stampa hanno tutti avuto a che fare con gli stessi problemi. Immagino che in ultima analisi, questo nuovo governo dovrà fare i cambiamenti a un livello molto di base”.
“Se affrontiamo la situazione con una mente aperta e trattiamo i media come una sorta di ‘quarto potere’ che esiste per rendere le nostre istituzioni più democratiche, possiamo lavorare insieme verso una maggiore trasparenza del governo”.
Secondo il redattore capo di un giornale riformista di spicco, che ha chiesto l’anonimato, il ministro della cultura può fare molto per rinvigorire la stampa iraniana. “Non posso sottolineare abbastanza l’importanza del ruolo della cultura e del ministero di guida”, ha detto l’editore. “Questi sono gli unici responsabili per il rilascio dei permessi. C’è una sorta di comitato di supervisione nelle competenze di questo ministero che può teoricamente impedire la chiusura di agenzie di stampa”.

E Alì Jannati  come nuovo ministro della cultura ha dato un segno moderato di apertura, proponendo di revocare l’obbligo di chiedere il permesso di pubblicazione che ogni opera letteraria deve ottenere dal suo ministero prima di essere stampata e distribuita. Questo compito dovrebbe essere affidato agli editori che devono rivedere ogni libro prima della pubblicazione.

La proposta riflette certo un allentamento dei vincoli in campo culturale, anche se  l’autorizzazione alla distribuzione del libro è ancora nelle mani dell’Ufficio del Ministero della cultura, a cui gli editori richiedono l’abolizione totale della censura perché avrebbero gravi perdite se dopo la pubblicazione venisse a mancare il permesso di distribuzione.

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