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Libia nel caos, l’Occidente pronto all’ennesimo saccheggio

di Salvo Ardizzone

Come facilmente prevedibile viste le premesse, il cosiddetto parlamento di Tobruk ha rigettato l’accordo siglato in Marocco il 17 dicembre, ponendo condizioni irricevibili per la sua approvazione.

In sintesi, dà 10 giorni a Fayez Serraj, il Premier incaricato dalla comunità internazionale, per presentare una nuova lista dei ministri, e rigetta una delle condizioni fondamentali, quella che prevedeva l’azzeramento di tutte le cariche militari, inclusa quella del generale Haftar.

Il voto conferma ciò che era arcinoto: che il sedicente Haftar, già gheddafiano, poi agente della Cia ed ora protetto di Al-Sisi, tiene in pugno quella ridicola assemblea eletta dal 10% scarso di elettori e per giunta largamente incompleta, perché molti suoi membri la disertano in dissidio con gli altri.

Adesso tutto torna in alto mare, mentre il Pentagono ha già dichiarato che la Libia è il nuovo fronte della cosiddetta “guerra al Terrore”, e Francia, Gran Bretagna e anche il Marocco scalpitano per scendere sul campo. In questo quadro scellerato, all’Italia non rimarrà che accodarsi come ha già fatto nel 2011, impantanandosi nell’ennesimo pasticcio sanguinoso e senza uscita.

Come già detto tante volte, in questa smania di sganciare bombe l’Isis non c’entra proprio nulla, o meglio, è come sempre la perfetta scusa; i rapporti su una sua espansione travolgente sono quanto meno senza alcun serio riscontro, e i raid sugli impianti petroliferi poco più che spot commissionati ad uso dei media internazionali per giustificare un intervento.

Nella realtà, lo stallo sul campo è totale, e le adesioni alle bandiere del “califfo”, come d’altronde a tutte le altre milizie che si dividono la Libia, dettate solo da motivazioni economiche in uno scenario di totale sfascio. Ciò che è accertata è solo l’anarchia conseguente al più madornale errore geopolitico commesso in Nord Africa nel dopoguerra: l’eliminazione di Gheddafi, senza alcuna preparazione prima e tanto meno progetti seri per il dopo.

In un simile scenario, qualunque accordo fra le “parti” (che semplicemente non esistono) sarebbe solo cartastraccia per dare un’ipocrita giustificazione pseudo legale a un intervento che ha una solo motivazione: il controllo che le multinazionali vogliono sugli idrocarburi libici attraverso la sigla, ormai autoreferenziale quanto posticcia, della National Oil Corporation, quello che era l’Ente di Stato libico.

Tutto il resto: che l’Isis sia a Sirte e i qaedisti a Derna, che si formi o meno un simulacro di Governo (che si sa non governerà mai), che ci sia un intervento della Nato o dell’Onu, è a dir poco secondario per Governi e multinazionali che badano al sodo, ossia a saccheggiare la Libia di petrolio e gas.

I massacri che inevitabilmente ci saranno e la definitiva fine di un Paese non interessano a nessuno, Onu in testa. Ma si sa, questa è la collaudata ipocrisia che regge il mondo ormai da settant’anni.

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