CronacaPrimo Piano

La sparizione della spending review che non piaceva al Premier

di Salvo Ardizzone

Chi si ricorda più di Cottarelli, il commissario alla spending review nominato da Letta? Eppure è passato meno d’un anno (marzo 2014) da quando illustrò il suo piano di tagli alla spesa pubblica, frutto di circa 25 tavoli tematici, che prevedeva un risparmio di sette Mld già in quell’annualità, 18 nel 2015 e addirittura 34 nel 2016. Allora sembrava che da quel contenimento della spesa dovessero dipendere le sorti del Paese, e invece… invece, con la caduta del Governo Letta e l’avvento di Renzi, di spending review s’è parlato sempre meno, fino a che è sparita dall’orizzonte.

La stessa montagna di documenti prodotti dai tavoli di lavoro è svanita fra i meandri dei Ministeri e, malgrado una campagna stampa perché quei dossier vengano resi noti, a tutt’oggi, ufficialmente, nessuno sa dove siano finiti. Certo, pochi erano lavori completi, solo alcuni contenevano indicazioni precise sul come e dove attaccare la spesa; gli altri necessitavano ancora di tempo per approfondimenti. Appunto, quello che non è stato concesso.

Il fatto è che Cottarelli e Renzi non si sono mai “presi”: troppo diversi e troppo deciso il Commissario a tirare dritto nel fare il suo lavoro perché il Premier potesse sopportarlo; è finita come doveva finire: a ottobre Cottarelli, messo nell’impossibilità di lavorare, ha dato le dimissioni tornando al Fmi e di tagli non s’è parlato più.

Eppure, da quello che è trapelato, e dalle dichiarazioni di chi a quei tavoli ha partecipato, malgrado la feroce resistenza della Pubblica Amministrazione a fornire le documentazioni richieste, margini di risparmio ne erano stati trovati, eccome! E tra l’altro, il Governo, nelle sue previsioni per coprire molti degli stanziamenti della Legge di Stabilità per il 2015, ha fatto conto su quelle ipotetiche economie (solo nel 2015, sono preventivati 16,1 Mld di risparmi).

E allora? Allora Renzi non ha accettato, anzi, non ha neppure concepito che misure come tagli (seri) alle spese della politica, costi standard applicati alle spese della sanità, accorpamento reale dei centri di appalto (e con regole semplici ma severe) e così via, venissero indicate da chi non era intenzionato a piegarle alle sue convenienze.

D’altronde risparmi bisogna pure farne, sia per sbandierarli dinanzi agli elettori, giustamente sensibili all’argomento, sia perché, e questo è un fatto, servono disperatamente alle casse boccheggianti dello Stato. Così Renzi ha incaricato la sua “cabina di regia economica”, una struttura da lui voluta e sotto suo strettissimo controllo, di riprendere in mano quei dossier. Come dire si ricomincia da zero, ma in funzione dei desideri del nostro Premier. Di quelli degli Italiani, mai.    

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