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La Scozia ad un passo da un sogno antico

di Salvo Ardizzone

Dopo 307 anni, la Scozia vede la possibilità concreta di staccarsi dall’Inghilterra; un sondaggio di YouGov, realizzato per il Sunday Times, dà un 51% di favorevoli all’indipendenza per il referendum del 18 settembre. Il sorpasso sui No sancisce una clamorosa rimonta, che ha avuto una spettacolare accelerazione nell’ultimo mese, con oltre dieci punti percentuali guadagnati. Secondo l’istituto di ricerca, è soprattutto fra gli elettori laburisti che c’è stata una frana repentina, anche grazie alla penosa performance di Alistair Durling, non rimpianto ex Ministro del Tesoro e leader della campagna del No. In ogni caso è accaduto che, man mano che il fronte del si cresceva, i dubbiosi hanno preso coscienza che la scelta non era velleitaria e che quello che consideravano un sogno irrealizzabile era a portata di mano, così sono corsi a far la coda per iscriversi alle liste elettorali, dove (e conterà molto) potranno registrarsi anche i sedicenni.

Cameron, che fino a poco tempo fa ha snobbato il referendum, ora è in crisi e per risalire la china promette tutto quello che sino a ieri negava sdegnosamente: vaste autonomie, la possibilità di trattenere in Scozia le tasse raccolte (e sono tante, visto che l’estrazione di petrolio e gas avviene in acque scozzesi) ed altro ancora. Nel frattempo, i dati univoci dei sondaggi degli ultimi tempi, che danno i Si in continua salita, hanno scosso establishment e City, che vedono con autentico terrore la possibilità della secessione e riversano sul premier Cameron una pioggia di critiche perché, nella sua arrogante sottovalutazione della situazione, non ha approntato alcun piano B qualora si giungesse alla separazione.

In effetti, i dossier a cui converrà ad entrambe le Nazioni dare un’”amichevole” soluzione sono tanti e spinosi, in testa il destino della Sterlina; qualora Londra decidesse per un’improbabile quanto autolesionistica linea dura impedendo alla Scozia di usarla, Edimburgo potrebbe semplicemente replicare disconoscendo la sua quota di debito pubblico (e, anche in quota, sono comunque tanti soldi). Inoltre, ci sono da definire tutti i rapporti economici, finanziari e amministrativi di due Stati che sono a tutt’ora uno solo; infine, e non è affatto secondario, l’allocazione dei sottomarini nucleari della Royal Navy nelle basi scozzesi: in base ai programmi ed alle dichiarazioni, se vincessero i Si da lì dovrebbero sloggiare in fretta e non saprebbero dove diamine andare, visto che, per ovvie questioni di gestione ed elementare sicurezza, simili basi non s’improvvisano e costano enormemente.  

Alex Salmond, capo del Governo di Edimburgo e portabandiera dei Si all’indipendenza, vede il consenso crescere continuamente, spingendolo ogni giorno più vicino a un sogno antico. Per tre secoli l’Inghilterra ha trascurato la Scozia, solo da ultimo, quando nei suoi mari s’è trovato il petrolio e il gas che hanno contribuito non poco a raddrizzare l’economia di Londra, ha fatto alcune concessioni. Ora il Popolo scozzese, che, badate, ha storia e tradizioni sue da vendere, sembra vicino a riacquistare la sua autodeterminazione. Il 18 settembre sapremo se una piccola Patria è riuscita a tornare al mondo.

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