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La rivoluzione del gas liquefatto

di Salvo Ardizzone

Chi dispone di petrolio e gas ha in mano un potere immenso; ieri l’Opec, oggi la Russia l’hanno esercitato determinando gli assetti geopolitici del mondo. Ma le cose cambiano rapidamente, e se già l’Opec è praticamente in frantumi, sotto la spinta dello shale oil e dei sempre nuovi giacimenti scoperti nel mondo, ora è la Russia che a breve vedrà infranta la sua egemonia fondata sulla rete di gasdotti con cui alimenta e tiene sotto scopa l’Europa, e taglieggia le economie orientali, Cina e India in testa, imponendo prezzi stratosferici.

Superando una vecchia legge federale, gli Usa hanno deciso di scendere in campo: l’anno prossimo a Sabine Pass, vicino a Houston, entrerà in funzione il primo terminal per la liquefazione e l’imbarco del metano; avrà una potenzialità di 10 Gm3, che raddoppieranno a 20 (per capirci, è più d’un quarto dell’intero fabbisogno italiano). Ma è solo il primo di altri 25 progetti analoghi, di cui 6 già autorizzati; in pochi anni in giro per il mondo ci sarà una valanga di gas che costa un terzo (si, un terzo) delle attuali quotazioni europee e addirittura un quanto di quelle asiatiche. È difficile anche solo immaginare quale potrà essere l’impatto economico e commerciale di una simile concorrenza sugli equilibri del mercato attuale.

Gli effetti si cominciano a vedere sin d’ora; da un canto c’è già la fila di compagnie per assicurarsi le forniture dei terminali di più prossima attivazione: Tepco e Osaka Gas dal Giappone, Kogas dalla Corea, Gail dall’India, Gdf Suez dalla Francia solo per citarne alcune; dall’altro, i grandi clienti di gas naturale liquefatto hanno smesso di firmare contratti, per evitare d’impegnarsi su prezzi che entro pochi mesi saranno fuori mercato perché troppo alti.

Anche i nuovi impianti in giro per il mondo ne risentono, come quello a servizio dell’immenso giacimento che l’Eni ha scoperto in Mozambico (e che trasformerà quel Paese nel terzo produttore mondiale); i cantieri non si attivano se le potenzialità del terminale non sono coperte almeno al 60%, e nella situazione attuale c’è solo da aspettare che i nuovi prezzi si stabilizzino.

D’altro canto, il mercato del gas naturale liquefatto è in crescita vertiginosa, passando da 100 ml di tonnellate del 2000 ai 240 ml del 2013, ed è destinato letteralmente ad impennarsi: per il Giappone è l’unica maniera di sostituire le centrali nucleari che ha dismesso dopo il disastro di Fukushima e per la Cina è l’unica alternativa al carbone che sta soffocando le sue città. Inoltre, per molti Paesi europei è la logica contromossa strategica per allentare la dipendenza da Mosca. Gli Stati clienti di gas liquefatto erano 11 nel 2000, oggi sono 27 e secondo Ihs saranno almeno 42 nel 2020; il leader delle forniture nel passato era il Qatar, ora è l’Australia, ma in futuro, grazie ai massicci investimenti che stanno facendo, saranno gli Usa ad essere i primi, con Canada e Mozambico a seguire.

È un mercato in gran parte nuovo, che sconvolge quello antico (ora dominato dalla Russia), e rende inutili o antieconomici investimenti immensi come i gasdotti, che legano (e condizionano) fornitore e cliente da una parte e dall’altra di quel tubo (e per inciso, sarà dura per Mosca reggere la botta, con il prezzo che ora impone che precipita e non alimenta più come prima un’economia basata primariamente su quello).

In tutto questo l’Italia sarebbe in una posizione ideale per divenire Hub strategico per l’Europa grazie alla sua posizione nel Mediterraneo, alla rete capillare di gasdotti che la collega con il resto del Vecchio Continente e alla possibilità di disporre ampiamente della materia prima tramite l’Eni; ma abbiamo detto “sarebbe”, perché occorrono i rigassificatori, e l’Italia ne ha solo due, con un terzo in costruzione a Livorno, ma tutti di piccole dimensioni.

Chi da tempo ha scommesso su questo mercato è la Spagna, che dei 21 terminali in funzione in Europa ne ha 6, con il 36% della potenzialità di rigassificazione complessiva europea, e un settimo sta per aggiungersi agli altri. Per questo guarda con distacco alla crisi fra Russia e Ucraina, e nel frattempo fa affari: fornisce già alla Francia 5 Gm3 che l’anno prossimo diverranno 7, ed è solo l’inizio; grazie a quelle infrastrutture si candida a divenire la cerniera fra il mercato mondiale del gas e l’Europa. Un ruolo che sarebbe dovuto essere dell’Italia. Ancora una volta possiamo dire grazie alla nostra classe dirigente, per l’ennesima occasione perduta.

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