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Kirkuk: stop alle speculazioni curde sul petrolio

Il petrolio di Kirkuk potrà essere sfruttato solo dalle compagnie irachene; finisce la speculazione curda su quelle risorse.

Lunedì il Parlamento iracheno ha riservato l’uso dei giacimenti di Kirkuk alle compagnie petrolifere nazionali, tagliando espressamente fuori la Kar, la società attraverso cui i curdi hanno speculato vendendo il greggio alla Turchia (e attraverso di essa anche a Israele), ovvero a società riconducibili all’entourage di Erdogan.

Il giorno prima, il ministro iracheno del Petrolio, Jabar al-Luaibi, ha dichiarato che entro gennaio prenderà il via l’esportazione del greggio di Kirkuk verso l’Iran; in attesa della costruzione di un apposito oleodotto, circa 30mila barili/giorno cominceranno ad essere avviati via terra alla raffineria iraniana di Kermashah.

Al momento, l’accordo fra i due Stati prevede uno scambio di 60mila b/g provenienti da Kirkuk con petrolio iraniano destinato alle province meridionali irachene; una collaborazione fra due Paesi dell’Asse della Resistenza per superare i problemi strutturali creati in Iraq dall’occupazione americana e poi dall’aggressione dell’Isis, e in Iran dal lunghissimo periodo di embargo imposto da Washington.

La decisione del Parlamento di Baghdad è il definitivo tramonto del disegno spartitorio messo in atto fra Erbil, ovvero il gruppo di potere saldatosi attorno all’ex presidente curdo Barzani, e la Turchia di Erdogan: Ankara era la destinataria largamente privilegiata del petrolio di Kirkuk, attraverso un oleodotto che giungeva a Ceyhan, sulla costa turca; ad operare era proprio la Kar, la compagnia petrolifera curda creata proprio per sfruttare le risorse petrolifere (essenzialmente irachene) in conto proprio. La Kar aveva iniziato ad operare a Kirkuk nel luglio del 2014, approfittando dell’emergenza determinata dall’Isis per mettere le mani sulle vaste risorse dell’area e inviarle in Turchia.

La spoliazione delle riserve petrolifere irachene effettuata dai curdi nel momento di massima debolezza di Baghdad ora viene al pettine: nella risoluzione parlamentare approvata lunedì, è prevista la formazione di una commissione d’inchiesta per far luce sulle enormi somme sottratte alle casse dello Stato centrale dalle “esportazioni” petrolifere effettuate dai curdi in Turchia senza alcuna autorizzazione, e individuare i tanti politici che hanno lucrato sulle transazioni.

Per l’ex presidente del Kurdistan Barzani ed il suo clan è l’ennesima tegola: naufragato miseramente il tentativo di crearsi uno Stato a proprio uso e consumo attraverso il sedicente referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno; abbandonato dagli antichi alleati/complici turchi e americani (Israele è rimasto alla finestra), che hanno preso atto dei nuovi equilibri nella regione; adesso ad essere tagliato è il business attraverso cui si sono arricchiti e hanno mantenuto le loro clientele; non solo, saranno pure chiamati a rispondere di quella montagna di soldi lucrata alle spalle di un Paese che lottava per sopravvivere.

di Salvo Ardizzone

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