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Immigrazione e conflitti, tra business e guerre fra poveri

Immigrazione – A giudicare dai conflitti attualmente in corso in Africa e in Medio Oriente, si direbbe che l’intera regione si sia trasformata in un’enorme polveriera. Questo giustifica l’emigrazione verso le rotte europee non solo dei siriani, notoriamente in guerra, ma anche di tanti disperati dell’Africa nera che, tra scontri etnici e guerre dimenticate, fuggono da situazioni incandescenti ormai sfuggite a qualsiasi controllo. Non solo. L’indifferenza dei politici europei aggiunge tragedia a tragedia, soprattutto quando pensano che chiudere i confini dei propri Stati o cavalcando “populisticamente” l’esasperazione dei loro popoli, possa risolvere il problema dell’immigrazione.

Ciò che più fa rabbia, è che proprio a causa di una politica estera scellerata dei Paesi europei ci ritroviamo a fronteggiare queste sciagure. Di certo, questa gente si sarebbe risparmiata traversate infinite al freddo e con il pericolo costante di non giungere viva a destinazione. Ma quando la situazione nei propri Paesi diventa invivibile, l’unico modo che l’umano istinto di conservazione suggerisce è quello di cercare rifugio altrove.

Attualmente vi sono ben 29 Stati africani e 205 tra milizie-guerrigliere, gruppi terroristici, separatisti coinvolti. Questi i punti “caldi”: Egitto (guerra contro i terroristi dello Stato Islamico), Libia (guerra civile in corso), Mali (scontri tra esercito e gruppi ribelli), Mozambico (scontri con ribelli Renamo), Nigeria (guerra contro terroristi filo-Isis), Repubblica Centrafricana (spesso avvengono scontri armati tra musulmani e cristiani), Repubblica Democratica del Congo (guerra contro i gruppi ribelli), Somalia (guerra contro i terroristi di al-Shabaab), Sudan (guerra contro i gruppi ribelli nel Darfur), Sud Sudan (scontri con gruppi ribelli).

In Medio Oriente, ben 7 Stati e 235 tra milizie-guerriglieri, gruppi terroristi-separatisti coinvolti. I punti “caldi” sono: Iraq (guerra contro i terroristi dello Stato Islamico), Israele (occupazione militare della Palestina), Siria (aggressione gruppi terroristici), Yemen (aggressione militare Arabia Saudita).

Immigrazione e guerra tra poveri

È chiaro che in tutta questa storia proprio quelli che non hanno alcuna responsabilità sono gli stessi a doversene far carico, sia in Africa che in Europa, perché il popolo dei governati (male) ne subisce solo le conseguenze in termini di insofferenza e tensioni. Tensioni che troppo spesso sfociano in comportamenti xenofobi o di legittima difesa dei propri diritti. Insomma, l’innesco pericoloso di meccanismi di difesa tra gli istinti di conservazione di immigrati e autoctoni, può generare una “guerra fra poveri” che scopre tutta la fragilità e lo sgomento di un’umanità impazzita.

La verità è che i veri responsabili di questo scempio sembrano burattinai che guardano tutto dall’alto della loro colpevole condotta, continuando a giocare con le vite degli altri tra un sadico divertimento e un’algida indifferenza. Gli stessi che attraverso contratti miliardari per rifornire questi Paesi di armamenti, fanno finta di cercare soluzioni a situazioni troppo remunerative per potervi rinunciare. Non solo. Anche le ricostruzioni di interi territori devastati dalle guerre rappresentano un business, un esempio: la Siria. Potrebbero volerci fino a 180 miliardi di dollari per ricostruire le devastazioni causate dalla guerra, come ha riferito il presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim con malcelata soddisfazione.

di Redazione

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