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Il terrorismo dei coloni israeliani nella stagione del raccolto

di Cristina Amoroso

“In Palestina, come per uno scherzo della natura, l’ulivo, universalmente riconosciuto come il simbolo della pace, trova il clima più adatto per la sua crescita. Se la pace da queste parti è solo un miraggio, anche l’ulivo non se la passa bene; è infatti in via di estinzione, dalla seconda Intifada più di mezzo milione di ulivi sono stati sradicati dalle terre palestinesi. Per mano militare, o di coloni israeliani”. Le parole di Vittorio Arrigoni ci tornano alla mente ogni anno nella stagione della raccolta, quando tocca ai coloni l’attività terroristica di sradicare o bruciare alberi millenari, quasi a voler cancellare dalla loro memoria che occupano una terra che non appartiene a loro, ma è usurpazione, furto, diritto negato… e forse per questo sionisti ed esercito israeliano pare ci provino gusto.

Quest’anno l’attività terroristica è iniziata a Yitzhar situato accanto alla città di Huwara vicino a Nablus, nel nord della West Bank, dove un gruppo di coloni israeliani ha dato fuoco a circa 100 ulivi di proprietà di contadini palestinesi, alla vigilia della raccolta delle olive, una delle principali fonti di reddito per gli agricoltori palestinesi. L’attacco ha scatenato scontri tra i coloni e residenti locali, che si è concluso con l’arrivo delle forze di occupazione israeliane.

Lo ha riferito Ghassan Daghlas, il funzionario dell’Autorità palestinese responsabile degli insediamenti nel nord della Cisgiordania, aggiungendo come siano in aumento gli attacchi dei coloni sui campi di proprietà e sugli ulivi palestinesi, accusando l’unico insediamento ebreo di Yitzhar come “un centro di estremismo, una scuola religiosa”. Circa 20mila coloni ebrei vivono vicino a Nablus soltanto in 39 insediamenti. I residenti palestinesi, da parte loro, si lamentano di ripetuti attacchi da parte dei coloni, che di solito godono della protezione delle forze israeliane.

Analogamente a Nablus, un gruppo di coloni ha attaccato i contadini palestinesi ed ha rubato il loro raccolto di olive, mentre un altro gruppo ha abbattuto decine di alberi di ulivo su terreni agricoli palestinesi. L’ondata di attacchi alla raccolta delle olive 2014, una delle principali fonti di reddito per gli agricoltori palestinesi, inizia in tutta la Cisgiordania settentrionale, e poche settimane prima della raccolta comincia in tutto il sud. Ogni anno il periodo della raccolta delle olive vede la vetta più alta degli attacchi contro civili e proprietà palestinesi.

L’industria dell’olio di oliva costituisce il 25 per cento del reddito agricolo dei territori palestinesi occupati. Dal 2006 alla fine di settembre 2014, l’Ufficio per il coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite (Ocha) ha registrato oltre 2.300 incidenti connessi con conseguenti vittime palestinesi o danni alla proprietà in Cisgiordania, compresa Gerusalemme est. Dal 2009 alla fine di agosto 2014, quasi 50mila alberi da frutto, soprattutto ulivi, sono stati distrutti o danneggiati in tali incidenti. Circa 150 comunità palestinesi sono sulla terra posta tra la Barriera e la Linea Verde. Solo circa il 50 per cento delle domande di autorizzazione per l’accesso degli agricoltori ai loro terreni agricoli sono state approvate durante la raccolta delle olive, sulla base del monitoraggio effettuato da Ocha nel corso di un periodo di quattro anni.

Frattanto il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite, il signor James W Rawley in visita il 22 ottobre a due comunità olivicole palestinesi nella Cisgiordania centrale, insieme con i membri della comunità diplomatica e dei donatori, il Ministero dell’Agricoltura palestinese, e rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, ha rilasciato questo appello: “È necessaria un’azione immediata a sostegno degli agricoltori di ulivo. Questo include la garanzia di protezione dagli attacchi da parte dei coloni; la responsabilità per la violenza dei coloni; l’abolizione delle restrizioni in materia di accesso dei palestinesi ai loro terreni agricoli, e la prosecuzione del sostegno alle comunità produttrici  di olive. In alternativa, si rischia un ulteriore, forse irreversibile danno al settore olivicolo in Cisgiordania”.
All’appello dell’Ufficio Ocha delle Nazioni Unite, uniamo le parole di Vittorio Arrigoni: “Hanno sradicato alberi millenari per issarvi fin dentro la terra le lapidi di chi di quella terra da millenni si sfamava. Ora sono i palestinesi uccisi a sfamare la terra, a farsi concime per nuovi ulivi che dovranno sfidare i cingoli dei carri armati, oltre le impervietà del tempo, esattamente come ogni contadino palestinese”.

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