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Il Tap, la trappola del gas dell’Azerbaijan nel Salento

di Cristina Amoroso

Il 20 settembre a Baku, capitale della Repubblica dell’Azerbaijan, erano in molti ad aspettare Matteo Renzi, ma è stato il viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, a fare le veci del Presidente del Consiglio italiano, a confermare cioè l’impegno per la costruzione del Tap (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che unirà le coste azere sul Mar Caspio a quelle pugliesi.

Opera “d’interesse strategico” per l’Unione Europea, che contribuirà a finanziarla, quindi opera “irrinunciabile” per il nostro premier, opera “inutile”, ennesimo ricco pasto di speculatori, per i cittadini del Salento, che, insieme a comitati, associazioni e artisti consapevoli ed informati, mentre il governo italiano avviava i lavori a Baku, marciavano lungo il magnifico paesaggio che si vuole deturpare, partendo da Lido San Basilio, per poi giungere nella piazza Pertini di Melendugno, per manifestare il proprio dissenso e per porgere il proprio sostegno alle migliaia di operatori che vedranno affossata la propria attività con l’arrivo del gasdotto.

Un serpentone d’acciaio che attraverserà Grecia ed Albania prima di arrivare alla spiaggia di San Foca, a Melendugno, paesino del Salento scelto come punto d’approdo. Indipendenza dalla Russia e risparmio sulle bollette è stato promesso. Resta da vedere se il tubo della discordia, che sarà pronto nel 2020, ci renderà davvero più indipendenti dal gas di Putin e se i consumatori beneficeranno di prezzi più bassi. Rimane cruciale la domanda se gli eventuali danni nel Salento saranno compensati dai benefici.

Il Tap garantirebbe solo 10 miliardi di metri cubi l’anno, a fronte di costi ambientali, economici e in assenza di alcun beneficio occupazionale, che è di solito la scusa per far digerire ad un’Italia impoverita la pillola amara delle grandi opere (vedi Tav). Ciò che il Governo Renzi sta promuovendo in Puglia attraverso il decreto di compatibilità ambientale Galletti, è una di quelle grandi opere inutili e dannose.

Un investimento da 40 miliardi di dollari. Il Tap si allaccerà al Trans Anatolian Gas Pipeline (Tanap) e al Southern Caucasus Gas Pipeline, passanti rispettivamente per  la Turchia e la Georgia. L’Italia si troverebbe così ad essere il terminale di una rete di 3.500 chilometri, nonché il tramite che porterà il gas proveniente dalle ricche riserve del Mar Caspio in Europa occidentale. Del resto, mentre la crisi con la Russia – e le sue forniture – non accenna a rientrare, quella di divenire hub europeo del gas è un’aspirazione che l’Italia ha già palesato tramite le dichiarazioni del ministro Federica Guidi in occasione dell’ultimo G7 sull’Energia, aspirazione già disegnata nel 2013 dal governo Monti. Vale a dire che il metano proveniente dall’estero non resterà tutto qui, ma servirà – in buona parte – per scaldare le case di tedeschi, austriaci,olandesi… I miliardi di metri cubi provenienti dall’Azerbaijan sono in pratica la stessa quantità che il nostro governo prevede di esportare nel 2023 in Nord Europa.

Viene allora da chiedersi: perché l’Italia deve rischiare di rovinare un’area a vocazione turistica? Per la sicurezza energetica, è la risposta degli esperti. Ma non quella dell’Italia, quella dell’Unione Europea, che grazie al gas azero, a cui prima o poi potrebbe aggiungersi quello del Medio Oriente, potrà diventare più indipendente dalla Russia. I conti tornano!

Un’opera inutile per l’Italia, quindi, su un territorio martoriato dalla logica perversa dei progetti faraonici. Come se non bastassero queste osservazioni di buonsenso, va ricordato che l’opera non avrà alcuna ricaduta occupazionale, perché a detta dello stesso manager di Tap Giampaolo Russo, le circa 50 assunzioni a tempo determinato non saranno di nazionalità italiana. Inoltre il Tap agirà per 25 anni in monopolio, come garantito dall’accordo intergovernativo tra i Paesi aderenti, in modo tale che non si avrà alcun risparmio in bolletta per i cittadini.

Infine la questione del Tap nelle sue contraddizioni, oltre che sul piano ambientale, si sposta anche sul piano della violazione dei diritti umani.  Il 17 settembre, infatti, si è tenuta a Roma, all’Hotel Nazionale di piazza Montecitorio, la conferenza dal titolo “La trappola del gas dell’Azerbaijan al Salento. Sicurezza energetica per chi e a quale costo? organizzata dall’associazione per la difesa dei diritti umani Re:Common.

E’ un fatto certo che la Puglia ha diversi problemi ambientali, ma a fronte di queste progettazioni non si ha una identica progettazione risolutiva di tipo ambientale. San Foca, dove il gasdotto dovrebbe approdare, non è un sito idoneo. Ci sono 58 restrizioni del ministero dell’Ambiente, si ha avuto il diniego del ministero dei Beni culturali, manca il concordato, ma nonostante ciò il governo ha tirato dritto imponendo proprio al ministero dell’Ambiente il sì espresso dalla Commissione Via.

Quanto al tema dei diritti umani in Azerbaijan il potere è da decenni in mano alla famiglia Aliyev. Manca la libertà di espressione e i diritti umani sono costantemente violati. Di recente sono stati arrestati persino attivisti che stavano redigendo una lista dei prigionieri politici detenuti in patria, 120. E tutto questo l’Europa fa finta di non vederlo. Ci passa sopra in favore delle politiche economiche ed energetiche. Considerato il fatto che il Paese dal 2001 è entrato a far parte del Consiglio d’Europa, istituzione comprendente 47 Paesi e finalizzata a promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani, organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno contestato il mancato rispetto degli impegni presi da parte del governo azero per far parte del Consiglio. Ora quindi, quel che si chiede all’Europa, ma all’Italia stessa che detiene la presidenza di questo semestre in Europa, di andare a Baku a chiedere conto di questo stato di cose, di far luce fino in fondo sulla condizione dei prigionieri politici azeri e di non seguire pedissequamente i dettami d’oltre atlantico a livello economico e militare. Ne va della nostra sopravvivenza!

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