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Il processo di autodistruzione dell’Ucraina colpisce anche la festività del Natale

di Cristina Amoroso

L’Ucraina, che fissa il Natale il 7 gennaio secondo la tradizione cristiana ortodossa, ha avviato un dibattito nazionale sul fatto che si dovrebbe anche celebrare il 25 dicembre, una scelta che la porterebbe in linea con l’Europa occidentale.

Dopoché la Russa ha annesso la regione della Crimea ucraina nello scorso anno ed è iniziata la ribellione dei separatisti pro-Cremlino nella parte orientale del Paese, alcuni ucraini hanno cominciato a riesaminare i loro stretti legami culturali con la Russia. Gli attivisti a favore della festa ufficiale per il Natale il 25 dicembre, una giornata di lavoro normale in Ucraina, hanno lanciato due petizioni che sono apparse sul sito web presidenziale.

Oleksandr Turchynov, il segretario del consiglio di sicurezza dell’Ucraina, ha appoggiato l’idea, dicendo che favorisce un periodo di transizione durante il quale gli ucraini potrebbero festeggiare il Natale sia il 25 dicembre sia il 7 gennaio.

L’Ucraina continua il processo di autodistruzione colpendo anche le radici storiche della propria identità messa a repentaglio fino al 2015, l’anno delle speranze infrante e delle illusioni dissipate.

Se alcuni ucraini avevano puntato le speranze sulle proteste Maidan e sulla politica di integrazione europea, altri avevano accarezzato il sogno che il regime politico dell’autoritarismo nostrano avrebbe subito una schiacciante sconfitta. Ora è diventato chiaro che tutte queste speranze e aspirazioni non sono riuscite a materializzarsi.

L’unica cosa che si può dire con sicurezza è che il futuro dell’Ucraina è assolutamente imprevedibile. Gli esperti occidentali, parlando di Ucraina, hanno iniziato ad usare il termine Stato fallito, ma l’Ucraina non è un ricco Stato africano sottoposto alle ruberie dell’imperialismo occidentale. Mai nella storia c’è stata una nazione coinvolta in tale processo di autodistruzione intensiva.

Nel 2014 migliaia di persone si sono unite alle proteste Maidan sbattendo pentole e padelle. Hanno ballato e si sono rallegrate ascoltando i russofobi, fiduciosi che i visti Schengen in tasca fossero una cosa sicura. Hanno continuato a sostenere il regime antidemocratico con la forza d’inerzia anche guardando i fatti di sangue che si svolgono a Odessa e Ilovaisk, Gorlovka e Shakhtyorsk.

Nel 2014 l’Ucraina è stata lavata con il sangue, ma non ha preso coscienza. I tragici eventi hanno avuto luogo anche durante l’inverno del 2015 in Debal’ceve. Il militarismo ucraino ha cominciato a dissipare nello stesso modo i crediti esteri che spariscono quando si tratta di bilancio spinto attraverso il governo del primo ministro Arseniy Yatsenyuk.

Alcuni brandiscono ancora le braccia sotto l’illusione che la Nato avrebbe dato e darebbe una mano.

L’esercito ha promesso vittorie e bottino. In questo momento la cosa più importante per le persone in uniforme è che essi sono impiegati e pagati. Non importa quanto magra sia la loro paga – è meglio di niente. Negli uffici di reclutamento non ci sono file di volontari in piedi.

Nell’Ovest dell’Ucraina (la zona culturalmente vicina alla Polonia), l’80 per cento dei giovani coscritti non hanno risposto alla cartolina-precetto, facendo perdere le loro tracce. Almeno 13mila soldati hanno disertato dall’esercito di Yatsenyuk e Poroshenko. E secondo un’inchiesta del Washington Post dell’aprile scorso, gli ufficiali si aspettano che dei soldati in permesso, solo il 15% tornino alle loro unità.

Se c’è qualcosa che mobilita è la protesta contro la situazione economica disastrosa, le pensioni tagliate, il Pil crollato del 17 e il debito pubblico aumentato del 300 per cento, i prezzi alle stelle, la moneta che perderà più di metà del valore quest’anno.

Il 2015 è stato l’anno della manipolazione di massa, del lavaggio del cervello. Chi è al potere giustifica i suoi fallimenti dicendo che tutto va così male, perché tutto è stato rubato prima di loro. Danno la colpa alla Russia e a Putin. È vero, gli ucraini fermati nell’ultima manifestazione di protesta mentre camminavano per le strade agitando pentole e scolapasta, ma ancora credendo in quello che dice loro la Tv.

La verità è che l’Ucraina rimane il campo di battaglia in cui gli Stati Uniti, un avversario implacabile, provano a completare il loro accerchiamento della Russia. Washington accusa la Russia per la guerra e l’accusa di aggressione. Si aspetta che il governo russo accetti il regime estremista di Kiev sotto tutela statunitense, che è una minaccia permanente per la sicurezza russa. Washington accusa la Russia di non rispettare il protocollo di Minsk, quando è giunta a Kiev, sotto la direzione degli Stati Uniti, che non hanno mai rispettato gli accordi. Come nel 1984 di Orwell, la realtà è rovesciata.

E intanto la guerra in Ucraina va avanti, apparentemente senza vederne la fine, non solo una guerra civile, ma una guerra per procura, di aggressione condotta dagli Stati Uniti e dai suoi satelliti europei e anglosassoni contro la Federazione russa, mentre aumentano i debiti che gli ucraini si rifiutano di pagare sia verso il settore privato sia verso il governo russo, e il Fmi gioca con l’Ucraina come gioca il gatto col topo.

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