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Il Marocco muove i primi passi contro la violenza sulle donne

di Cristina Amoroso

L’Unicef lancia l’allarme sull’educazione in Marocco. Secondo il suo ultimo rapporto, il tasso di scolarizzazione delle ragazze nel mondo rurale marocchino si fermerebbe al 57,8 percento nelle scuole medie e ad appena il 18,8 percento nelle scuole superiori.

All’allarme lanciato dall’Unicef freddamente riportato dall’Ansa sull’educazione e sulla qualità dell’educazione in Marocco, è bene aggiungere qualche riflessione.

Il Marocco contemporaneo è attraversato da importanti processi di cambiamento socioculturale che interrogano la politica educativa nazionale e reclamano un dialogo coraggioso tra la pedagogia e le dinamiche di trasformazione in atto. La recente riforma educativa in Marocco va collocata all’interno di una più vasta dinamica di cambiamento e in relazione con i processi di riforma che hanno segnato la società marocchina dell’ultimo decennio. Il processo di “Riconciliazione Nazionale” sugli anni più difficili della recente storia marocchina, l’adozione del nuovo Codice della Famiglia con novità in ambito di diritti tra uomo e donna, la creazione dell’Istituto Reale per la Lingua e Cultura Amazighe (berbera) e l’introduzione ufficiale di tale lingua nelle scuole hanno implicato e implicano scelte pedagogiche nuove. Diviene necessario prendere in considerazione la molteplicità delle appartenenze nei vissuti, soprattutto dei giovani, attraverso un’originale riflessione pedagogica, ma anche una presa di posizione della politica educativa.

Se consideriamo poi lo status delle donne in un Paese musulmano, ci rendiamo conto che rappresenta una delle questioni più controverse e di più difficile soluzione in tutti i Paesi musulmani. Perché? La risposta ce la può dare Nouzha Guessous, attivista marocchina per i diritti umani coinvolta in prima persona nella riforma del codice di famiglia marocchino, tra i più avanzati nel mondo arabo. Nata  in Marocco, educata in Marocco e in Francia, professore onorario all’Università Hassan II di Casablanca (Marocco) oltre che ricercatrice e consulente per i diritti umani e la bioetica. Membro fondatore dell’Organizzazione marocchina per i diritti umani (1988), consulente di varie ONG per i diritti delle donne e membro della Royal Advisory Commission per la revisione del codice di famiglia marocchino (Moroccan Family Code) (2001-2003).

“Finora, – afferma – il diritto familiare in questi Paesi (musulmani) è sempre rientrato nella cosiddetta giurisprudenza islamica, il Fiqh, che si costituisce come un insieme di regole che vanno inserite nel contesto storico specifico del Settimo secolo. Molte di queste norme, che da quattordici secoli non operano alcuna distinzione tra i dettami dell’Islam stabiliti dal Corano e le pratiche sociali basate sul credo religioso, non si adattano più alla situazione attuale. Ma dal momento che il Fiqh deriva dal Corano e dagli Hadith del Profeta, si è arrivati a considerarlo sacro e toccare queste regole per alcuni – soprattutto per coloro che usano la religione come strumento politico – significa toccare l’Islam”.

Oggi tali norme non si adattano più al contesto attuale. Diversi intellettuali e studiosi della storia musulmana hanno addirittura sostenuto che applicare questi dettami in un frangente storico profondamente mutato abbia rappresentato e tuttora rappresenti una distorsione dello spirito del Corano.

In Marocco, per esempio, dalla fine degli anni Cinquanta/inizio Sessanta a oggi si è registrata un’imponente transizione demografica, almeno stando ai dati del censimento nazionale del 2010. Le donne ora si sposano in media a ventisette anni, non a diciassette come nel 1960. Il tasso di fertilità è sceso da più di 7,2 a 2,19 (nello specifico 1,8 nelle aree urbane e 2,7 in quelle rurali), per cui circa il 70 per cento delle famiglie è di tipo nucleare, ovvero composto da due genitori con i relativi figli. Dato interessante, malgrado ancora oggi una donna su due sia analfabeta, il 60 per cento degli studenti di scuola secondaria e oltre il 52 per cento degli universitari è di sesso femminile. Investendo nella scuola e nell’università, le donne hanno anche iniziato a contare nella vita pubblica e in ambito economico. La parità dei sessi è ancora lontana, ma l’universo femminile ha comunque consolidato la sua forza (tanto per dirne una, il 20 per cento dei giudici e degli esponenti della magistratura è costituito da donne). Come del resto accade in tutto il mondo, però, nell’attuale scenario di crisi economica le donne sono le prime vittime della disoccupazione. Ciò si riflette significativamente nel fatto che dal 2008 in poi l’emigrazione femminile per motivi economici ha preso il sopravvento su quella maschile, il che rappresenta un ulteriore mutamento da non sottovalutare.

Dopo trent’anni di ricerche, analisi e campagne, e dopo un bel po’ di problemi – comprese due massicce ondate di protesta in anni recenti, la prima a Casablanca e la seconda a Rabat nel 2000 – e grazie all’adozione di un approccio innovativo, il Marocco è alla fine riuscito a elaborare un nuovo codice della famiglia – “Mudawanat Al-Ousra” – che è stato approvato all’unanimità dal Parlamento nel 2004. Sia in ambito locale che internazionale questo è stato riconosciuto come un importantissimo passo in direzione di una maggiore giustizia e parità dei sessi.

Non c’è dubbio che anche lo scenario sociopolitico, a livello sia nazionale che internazionale, abbia influenzato il processo e gli esiti che ne sono derivati. In primo luogo, ovviamente la contingenza dell’avvento di un nuovo re nel 1999 ha sortito un impatto positivo. Re Mohamed VI ha messo in chiaro fin dalle sue prime dichiarazioni la volontà di far sì che i diritti delle donne venissero riconosciuti e protetti, assumendo la questione della giustizia e della parità come parte integrante del suo progetto democratico complessivo.

Grande è stato l’impatto del nuovo codice della famiglia sui  processi di cambiamento in atto in Marocco, catalizzando la discussione e ampliando il dibattito pubblico relativo alle questioni religiose e sociali, contribuendo a consolidare il ruolo delle donne nella sfera pubblica e privata. Ha inoltre semplificato la modifica di altre leggi che si mostrassero coerenti con il principio di uguaglianza introdotto dal nuovo diritto familiare.

Così anche il codice del lavoro ha iniziato a prestare attenzione al problema delle molestie sessuali sul posto di lavoro. Attualmente è in corso un processo di revisione anche del codice penale, oltre all’elaborazione di un progetto di legge nazionale che difenda le donne dalla violenza.

Il Marocco, in tempi brevissimi, forse già in un paio di settimane, si doterà di un osservatorio a carattere nazionale di lotta alle violenze contro le donne. Lo ha annunciato il ministro della Solidarietà, della Donna, della Famiglia e dello Sviluppo sociale, Bassima Hakkaoui. La decisione è legata ad un progetto di legge elaborato in collaborazione con il Ministero della Giustizia e che giungerà ora all’esame del Governo.

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