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Guerra in Afghanistan, tra massacri e macerie

di Salvo Ardizzone

Asfghanistan: 2.959 morti e 5.656 feriti nel 2013: l’anno più sanguinoso dal 2001, dall’inizio di quella sporca guerra; + 14% di vittime civili sul 2012, lo dice un rapporto dell’Unama (Missione delle Nazioni Unite per l’Assistenza in Afganistan).

Dopo 13 anni di scontri, di pratica occupazione militare pagata con i cadaveri di oltre 3.000 soldati e il ferimento o la mutilazione di decine di migliaia di altri, le due missioni occidentali (Isaf e Operation Enduring Freedom), lanciate al “nobile” scopo di sradicare l’oscurantismo talibano (e il cosiddetto terrorismo) dall’Afghanistan, stanno per andarsene, lasciandosi dietro un Paese distrutto, preda di bande di trafficanti d’oppio che la fanno da padroni, di corruzione estesa a tutti i livelli e con gli insorgenti più forti che mai. È un fallimento clamoroso quanto sanguinoso.

Un mondo intero ha bruciato somme immense in una guerra senza fine (e con scopi opachi), allo scopo ufficiale di proteggere un popolo che andava massacrando, senza occuparsi di far per lui nulla di concreto. Se solo una frazione di quel fiume di denaro fosse finita alla gente, tartassata dall’una e dall’altra parte, invece che in spese puramente militari e nelle tasche dei vari signorotti, fiduciari e politicanti di Kabul, forse assisteremmo a un altro film; e invece alle popolazioni sono arrivate poche briciole e tante bombe. Storia vecchia, vista troppe volte.

Lo testimonia anche Emergency, l’Ong di Gino Strada, che fra infiniti rischi è nel Paese dal 1999, e gestisce un ospedale e un centro maternità nel Panshir, due centri chirurgici per vittime di guerra a Kabul e Anabah e una rete di 34 posti di primo soccorso e centri sanitari sparsi nelle zone più “calde”.

È illuminante come dei 5.656 feriti civili, ben 4.317 siano stati curati presso i centri della Ong di Kabul e Laschkar-gah nell’Helmand, culla dell’insorgenza Taliban: circa 12 al giorno per ogni giorno dell’anno. È la dimostrazione di uno Stato fallito, corrotto quanto inefficiente, che non riesce ad assicurare neppure un embrione di servizi di base alla gente, malgrado le immense somme che la comunità internazionale ha speso in terra afghana.

A testimonianza ulteriore del degrado crescente, per la prima volta dal 2001 è stato diagnosticato un caso di poliomelite su una bambina di tre anni, spingendo il Ministero della Salute ad una campagna di vaccinazione, ma a Kabul, perché nel resto del Paese i fondamentalisti la osteggiano, come tutte le vaccinazioni.

Quanto accade laggiù è l’ennesimo lascito avvelenato delle folli avventure dell’era Busch; ora, dopo tanto sangue, gli “scarponi” stanno lasciando il terreno; ma attenzione: non ci sarà ricostruzione, ma ancora guerra, violenza e miseria peggio che 13 anni fa, e la caccia ai jihadisti scomodi continuerà ancora, con il consueto contorno di “danni collaterali” sui civili. Se ne occuperanno droni, paramilitari della Cia e Special Forces, come dettato dalla dottrina Obama, meno muscolare e più discreta. E l’Afghanistan? Sorry! Un altro Stato fallito da aggiungere agli altri.

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