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Guerra dell’oppio in Afghanistan, un business per gli Usa

Afghanistan – Oltre all’intenzione di fare la guerra contro il terrorismo, secondo molti analisti americani la sfida alla produzione di droga è il motivo principale per cui Washington, che ha portato decine di alleati globali in una coalizione militare, ha invaso l’Afghanistan nel 2001.

L’aumento della produzione e del contrabbando dell’oppio uccide ogni anno circa 100mila persone, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite sulle droghe e il crimine. Lo stesso ufficio aggiunge che il traffico di droga costituisce per le reti terroristiche una piattaforma per il commercio illegale, un autofinanziamento che consente di espandere il radicalismo, mettendo in pericolo la pace e la sicurezza. Un tale pericolo sollecita gli sforzi della Comunità internazionale per frenare la produzione di oppio in Afghanistan.

16 anni dopo l’invasione dell’Afghanistan e il rovesciamento del governo talebano, i rapporti ufficiali pubblicati dagli organi delle Nazioni Unite mostrano che la produzione di stupefacenti e il contrabbando in Afghanistan è salito del 100% rispetto al 2001, anno in cui il Paese è caduto nelle mani delle forze della Nato guidate dagli Stati Uniti. Nel 2000, prima dell’intervento militare, la produzione dell’oppio era azzerata, oggi rappresenta il 92% di quella mondiale. L’enorme produzione di droga in Afghanistan, che ha toccato quest’anno 4.800 tonnellate, scatena una quantità di problemi sociali e politici nel Paese e preoccupazioni nei Paesi vicini, come l’Iran, che sono vittime di questa attività illegale.

Abbattuti i talebani, i membri della Nato furono assegnati alla sicurezza di una parte dell’Afghanistan per garantire l’ordine all’interno della missione International Security Assistance Force (Isaf), gli Usa come leader della campagna furono incaricati delle province meridionali, tra cui la provincia di Helmand, divisa tra Usa e Regno Unito, provincia non solo ricca di uranio ma anche di grandi aziende agricole di oppio. Molti media hanno ipotizzato che le risorse ricche di uranio di Helmand siano state la causa principale della frattura dei legami tra i due partner della guerra in Afghanistan.

Il sud dell’Afghanistan, che copre province come Urozgan, Farah e Nangarhar, è il fulcro della piantagione di oppio del Paese. Queste tre province sono altamente insicure e offrono così un rifugio sicuro per i coltivatori di oppio. Il governo afghano finora ha attuato una serie di politiche per incoraggiare gli agricoltori a fermare la coltivazione dell’oppio. Ma tutte queste misure non riescono a frenare la produzione di oppio in quelle province in cui ci sono basi militari statunitensi.

Le coltivazioni dell’oppio si trovano in primo luogo nelle regioni controllate dai talebani, che hanno legalizzato la produzione dell’oppio per soddisfare le proprie esigenze finanziarie dopo l’invasione della Nato. In secondo luogo nelle regioni colpite da battaglie dove si accampano le truppe straniere e dove il governo non ha alcun peso o non rischia l’aiuto che riceve dall’estero, divulgando il coinvolgimento delle parti straniere nella produzione di droga.

Dovunque in Afghanistan si coltiva droga, la cui produzione è sostenuta da gruppi mafiosi, dai terroristi e dalle forze straniere. Non c’è nessuna differenza. Le droghe arrivano in alcune Paesi dell’Europa attraverso gli Stati arabi del Golfo Persico, dal Pakistan alla vicina India, e anche attraverso il trasferimento via aerea in Europa e negli Stati Uniti. Questo contrabbando è facilitato dagli Usa e portato avanti dalle organizzazioni mafiose. Ciò che conta sono i danni irreversibili alle persone in tutto il mondo e la persistente instabilità in Afghanistan.

Con gli utili che vanno da 50 a 100 miliardi di dollari all’anno dal commercio della droga, gli Stati Uniti guadagnano denaro sufficiente per gestire le crisi nel mondo islamico, sostenere i terroristi che combattono i governi nazionali e fare pressioni per abbattere i governi nei Paesi islamici. Diversi analisti affermano che sia gli apparati di intelligence, militari e persino l’amministrazione sono alimentati dai profitti della produzione della droga. Washington non sembra interessata a rinunciare a un grande reddito annuo come la lotta contro la produzione di droga, fornendo agli Stati Uniti una scusa fondamentale per distribuire forze in Afghanistan. Gli Stati Uniti e la Nato giustificano in tal modo la loro presenza in Afghanistan. 

Se poi grandi quantità di droga vengono inviate in Russia, in Asia Centrale o in Iran, l’inazione degli americani è evidente, per i Paesi che Washington considera ostili, Stati Uniti e Nato non hanno alcuna azione deterrente.

La guerra in Afghanistan è in corso dal 2001, nell’ultimo vertice della Nato la missione è stata prorogata fino al 2020; l’occupazione militare è diventata permanente. Questa seconda guerra dell’oppio è stata un fallimento, in compenso ha generato immensi benefici ai trafficanti di droga, e a chi glielo permette, funzionari governativi irresponsabili e polizia che chiede il pizzo, talebani che raccolgono la tassa sul raccolto, la Narco-Nato e gli Usa hanno regalato all’Afghanistan il monopolio della droga a livello mondiale, mentre il Paese vive un’epidemia di tossico-dipendenza dilagata in pochi anni di pari passo con l’aumento della produzione di oppio. Nessuno di loro vuole la politica di eradicazione del papavero, neppure il contadino, che producendo un kg di oppio guadagna 200 dollari, mentre producendo un kg di fagioli, guadagna un solo dollaro. La guerra della droga non si vince, così come la guerra alle armi.

di Cristina Amoroso

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