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Germania, sprofonda il “mito” Volkswagen

di Salvo Ardizzone

Dopo un anno di indagini, l’Epa, l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente, venerdì ha accusato formalmente la Volkswagen di aver manipolato le emissioni dei NOx e i consumi, attraverso un software posto nelle centraline delle sue auto diesel, che induceva i motori ad abbatterli quando si effettuavano i controlli, mascherando valori abituali fino a 40 volte superiori alla norma.

Le auto contestate negli Usa sono 482mila e fanno rischiare alla casa di Wolfsburg una multa fino a 18 Mld di dollari, oltre ad azioni penali già intentate dal Dipartimento della Giustizia e da diversi Procuratori distrettuali. Ma è solo un’inezia perché, messa alle strette, la Volkswagen ha dichiarato che sono 11 milioni (!) i veicoli taroccati sparsi per il mondo, suscitando una valanga di proporzioni planetarie.

Dietro le Istituzioni Federali Usa si sono mossi molti Governi nel mondo; anche in Europa s’è suscitato un colossale vespaio che ha costretto la Commissione Ue a dichiarare ufficialmente che saranno effettuati tutti i controlli del caso. Inutile dire che il titolo della Vw è sprofondato, perdendo fra lunedì e martedì il 34% del valore e bruciando quasi 25 Mld di Euro di capitalizzazione, e si è trascinato dietro non solo la borsa tedesca ma tutto il comparto automobilistico e non solo.

È un mito tronfio ed arrogante che crolla nel più vergognoso dei modi, sorpreso a barare come l’ultimo dei magliari. Il fatto è che la casa di Wolfsburg è sempre stata considerata un “campione nazionale” dell’industria, anzi, il “campione”, e per questo è stata sempre privilegiata e protetta con tutto il potere espresso dalla Germania.

Questo disastro piomba su un management ancora scosso dalla lotta di potere, conclusasi appena cinque mesi fa, fra Martin Winterkorn, l’attuale Amministratore Delegato e vincitore, e l’allora Presidente (e ancora primo azionista) Ferdinand Piech, che l’accusava di non controllare il gruppo, soprattutto in relazione al mercato nord americano. Winterkorn ha annunciato un’indagine interna, ed ovviamente ha dato il via ad un affannoso tentativo di scaricabarile, ma è difficile che questa volta riuscirà a mantenere il posto.

Ma al di là di queste lotte interne, il nodo è che Vw ha sempre avuto intrecci strettissimi con la politica: il Land della Bassa Sassonia (dove è la sede) detiene il 20% delle azioni; i potenti sindacati tedeschi controllano metà del Consiglio di Sorveglianza (quello che dovrebbe far le pulci agli Amministratori); ma, cosa più rilevante, è il Governo di Berlino che ha svolto sistematicamente un’azione di tutoraggio e sfacciato supporto a prescindere, sia in campo europeo che internazionale.

Adesso, un’imbarazzatissima Angela Merkel ha dovuto auspicare un rapido chiarimento della situazione e il ministro dei Trasporti Dobrindt è stato costretto ad annunciare una commissione d’inchiesta. Peccato che uno scoop dell’autorevole Die Welt abbia rivelato che il Governo ne fosse a conoscenza almeno già da luglio.

Volkswagen aveva da poco festeggiato il sorpasso su Toyota come primo costruttore al mondo; dopo questa batosta colossale sarà già tanto se rimarrà a galla e i 6,5 Mld di Euro che ha accantonato per coprire multe e danni, rischiano di essere solo briciole.

È la nemesi che ha finalmente colpito chi si è sentito sempre così forte da essere al di sopra di ogni legge e controllo; chi ha avuto la tronfia spudoratezza di vantare il proprio modello come il migliore al mondo; chi ha sempre criticato gli altri, trattandoli con sufficienza, con disprezzo.

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