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Gaza, baluardo della fede anche nella distruzione

di Manuela Comito

Dopo 10 mesi da “Protective Edge”, l’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza che tra luglio e agosto 2014 ha seminato morte e distruzione nell’enclave costiera, per i gazawi è arrivato il mese di Ramadan, il periodo sacro dell’Islam. E anche la preghiera, come tutti gli aspetti della vita dei palestinesi di Gaza, è segnata profondamente dalle conseguenze della violenza sionista. La distruzione totale di 150 moschee, il danneggiamento parziale di altre 67 e l’impossibilità di avviare la ricostruzione per l’assedio che stringe come in una morsa la Striscia hanno costretto i gazawi a cercare luoghi alternativi da adibire alla preghiera.

Il Palestinian Religious Endowment Ministry ha provveduto ad attrezzare i fedeli di alcune tende, dove potranno recitare le loro cinque preghiere quotidiane. Il Ramadan è il nono mese dell’anno nel calendario lunare dei musulmani. E’ il mese dedicato al digiuno, alla preghiera e alla meditazione. Al tramonto il digiuno viene interrotto e ci si riunisce per il pasto serale, l’Iftar e per recitare particolari preghiere dette Taraweeh.

Ismail Haniyeh, leader di Hamas, ha partecipato alla preghiera nel campo profughi di Al-Shati, nella parte occidentale di Gaza City e, rivolgendosi ai fedeli, ha dichiarato: “La guerra ha segnato lo scorso Ramadan e ora ci troviamo a pagarne le conseguenze in questo Ramadan”. Un pensiero e un messaggio anche per i palestinesi in Siria, nel campo profughi di Yarmouk: “Noi diciamo ai palestinesi di Yarmouk che i nostri cuori sono con loro, i nostri atti sono con loro e le nostre spade sono con loro fino al loro ritorno in Palestina”. Haniyeh ha, inoltre, esortato tutti i musulmani di tutti i Paesi arabi a unirsi alla lotta per la Libertà e la Dignità del popolo palestinese e degli altri popoli oppressi.

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