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Dopo decenni di crimini e violazioni hanno anche il coraggio di criticare chi gli si oppone

di Salvo Ardizzone

Da decenni gli Stati Uniti hanno sistematicamente ignorato o strumentalizzato con spudorato cinismo le norme internazionali e lo statuto dell’Onu, salvo accusare con veemenza gli altri Stati di violarle. La logica del doppio peso è stata puntualmente messa in atto per giustificare con disinvoltura ogni minaccia, intrusione, violenza e guerra posta in atto nel mondo intero da Washington e dagli Stati che orbitano nella sfera d’interessi Usa.

Per giustificarla lo Zio Sam ha sempre mosso a copertura l’enorme potere mediatico che controlla, rappresentando di volta in volta una narrazione dei fatti che definire distorta è poco, ma funzionale alla manipolazione delle cosiddette “opinioni pubbliche” occidentali.

In questa operazione, ha avuto accanto gli alleati/sudditi europei e i loro media, sempre pronti ad avallare le avventure di Washington e ad accettare acriticamente le sue tesi, a prescindere non solo che siano fondate, ma anche che rappresentino i loro interessi.

Gli esempi si contano a decine ma, restando nell’attualità, quando gli Usa tuonano contro l’annessione russa della Crimea e il referendum che l’ha sancita, dimenticano (volutamente) la vicenda del Kossovo. Allora, era il 1999, la Nato scatenò una guerra contro la Serbia compiendo una plateale aggressione contro uno Stato membro dell’Onu, in violazione delle norme fondamentali delle Nazioni Unite e dell’Atto Finale di Helsinki del 1974.

Per chi non lo ricordasse, furono 78 giorni di bombardamenti con 25mila tonnellate di bombe sganciate, circa mille missili cruise lanciati, 2mila civili uccisi e 7mila feriti; case, fabbriche, infrastrutture furono distrutte insieme a scuole e persino a chiese e monasteri, compresi luoghi riconosciuti dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Alla fine, per sancire lo smembramento di una Nazione e la nascita di una caricatura di Stato, non ci fu nessun referendum ma solo un’occupazione militare che dura ancora.

E che dire dell’invasione dell’Iraq, quando all’Amministrazione Usa bastò esibire una busta di polvere bianca dinanzi a una succube Assemblea dell’Onu, perché fosse bandita una crociata contro la “minaccia” di armi di distruzione di massa inesistenti? L’Iraq da allora – e sono passati dodici anni – è un pantano di sangue che ha mietuto e miete centinaia di migliaia di vittime, dimostrando la criminale assurdità della scusa dell’”esportazione della democrazia”.

In Libia, il cosiddetto Occidente ha superato se stesso: piegando ai propri interessi la risoluzione dell’Onu 1973 del 2011, ha dato il via ad una carneficina ancora in pieno svolgimento: un caos che ha inghiottito le coste Sud del Mediterraneo e, attraverso quel breve tratto di mare, sta già investendo l’Europa. Il frutto avvelenato del cinismo dei decisori occidentali che bramavano le risorse energetiche libiche (Francia e Inghilterra in testa), unito ad una spaventosa incompetenza.

In Siria non è andata diversamente: invece di puntare su una soluzione negoziale, ingerendosi sfacciatamente negli affari interni del Paese, Usa ed europei si sono accodati agli “alleati” sauditi rimpinzando di armi e denaro i cosiddetti “oppositori moderati” di al-Assad che semplicemente non esistono, finendo per sostenere le bande di assassini prezzolati (al-Nusra o Isis non fa molta differenza se non per il grado di inquadramento organico nei disegni di chi li sovvenziona) che a parole dichiarano di combattere.

In Palestina è sistematico il ricorso alla violenza più brutale da parte di Israele, con l’avallo della comunità internazionale (e la sistematica copertura Usa) pronta sempre a giustificare, a “comprendere” le sue “ragioni di sicurezza”, anche quando massacra civili a migliaia come l’anno scorso a Gaza, ed a condannare senza appello, bollandoli come atti terroristici, le azioni della Resistenza che si oppone.

A parte Serbia, Libia, Iraq, Siria e Palestina, i campioni della democrazia occidentale e i loro alleati hanno spianato sotto i bombardamenti o tenuto sotto gli scarponi di Eserciti, Forze Speciali e gruppi di paramilitari, Afghanistan, Somalia, Sudan, Pakistan, Mali, Repubblica Centrafricana e ora lo Yemen.

Già, lo Yemen: un Paese che ha avuto l’assurda spudoratezza di volersi liberare dal giogo saudita, dalla cricca corrotta dei suoi fantocci e dalle bande di terroristi attraverso cui Riyadh esercitava il suo controllo. Per punirlo, col pieno assenso di Washington e la sua assistenza, dal 26 marzo una “coalizione” messa in piedi dai petrodollari della famiglia reale saudita conduce bombardamenti terroristici che hanno causato morti a migliaia fra i civili, distruzioni immani ed una crisi umanitaria senza precedenti.

Anche in questo ennesimo caso, le bombe continuano a cadere in spregio delle norme internazionali e senza che il Consiglio di Sicurezza, né tanto meno l’Assemblea dell’Onu l’abbiano mai autorizzato.

Per Washington (come per i suoi satelliti) il ricorso alla guerra è normale, se ne serve ogni volta che lo ritiene senza porsi alcun problema né giuridico, né tanto meno etico; come detto, pensa il mainstream mediatico a giustificarlo agli occhi di opinioni pubbliche nella gran parte acritiche e passive.

Ebbene: con questa pluridecennale quanto sistematica violazione del diritto internazionale, quale peso possono avere le accuse mosse alla Russia per la Crimea e il Donbass? Con quale logica e con quale legittimità, una comunità internazionale asservita agli interessi di Washington può ergersi a giudice e condannare il Cremlino, infliggendo sanzioni economiche, scatenando guerre finanziarie e minacciando misure militari?

Piaccia o no ai tanti opinion leader dei media occidentali, che criticano dall’alto di una presunta superiorità morale, Putin interpreta gli umori dei russi che, nella stragrande maggioranza, sono più radicali di lui. Piaccia o no, nel Donbass sono in tanti a volere l’indipendenza da Kiev o, per lo meno, una forte autonomia da un’autorità che ha perso la sua credibilità facendosi strumento di potenze straniere e dei gruppi di potere a loro collegati.

Se ancora le bombe occidentali non sono cadute anche laggiù in un’ennesima “crociata democratica”, lo si deve allo strumento militare di Mosca, l’unico argomento capace di frenare le avventure di Washington e dei suoi.

Gli Usa e suoi alleati fanno una guerra dopo l’altra, massacrano popolazioni, disintegrano Stati spalancando il caos su intere regioni, in nome di risibili pretesti che non riescono a coprire i veri disegni di potere tesi a realizzare solo e soltanto i propri più cinici interessi. Non sono certo loro a poter impartire lezioni a chicchessia.

Brucia soltanto che Paesi che hanno Storia, Cultura e Tradizioni le abbiano tutte rinnegate per farsi servi; per obbedire contro i propri interessi; per scordare i valori di cui un tempo si dicevano maestri.

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