Cultura

Storie di deportazione ed emigrazione politica nel Regno d’Italia

L’inferno della deportazione civile italiana. Il 25 agosto 1863 entrò in vigore il Regolamento di attuazione della Legge 15 agosto 1863, primo atto della DEPORTAZIONE di civili in Italia che alcuni anni dopo, con le teorie di Cesare Lombroso, assunse connotazione razziale. “È urgente chiedersi perché hanno taciuto, e cosa aspettarsi dalle generazioni di governanti italiani che hanno coperto la vergogna e l’infamia della deportazione di civili messa in atto 60 anni prima della deportazione razziale tedesca. Lo stato italiano, in nome dell’unità, festeggia la guerra civile e gli eccidi dell’esercito ordinata dai governi unitari contro le popolazioni civili delle province meridionali?

Quale mostro domina la politica, le istituzioni, i governi italiani che da più di 150 anni non vogliono ammettere l’immane tragedia, il crimine contro l’uomo di una intera classe politica e militare? Urge abbandonare la retorica statalista e pretendere verità dai governi, urge studiare i documenti dell’epoca e conoscere i fatti reali, urge conoscere vicende storiche gravi e drammatiche che videro protagonisti i governanti post unitari”. Il 25 agosto di ogni anno è il giorno della memoria per gli italiani, mai più deportati.

Un colpo di stato mascherato con il parlamento esautorato dall’esecutivo (ho letto molti, ma molti atti parlamentari del 1861 al 1872 per dire questo), infatti i primi governi Garibaldi, Farini furono detti “dittatoriali” per l’accentramento dei poteri. La coattazione di popolazione civile, famiglie intere, un vero inferno per uomini, donne, bambini, lattanti. Solo leggendo i documenti provenienti dal ministero dell’Interno e la burocrazia prodotta da Prefetti e Delegati del governo siamo giunti alle considerazioni appena dette.

Fu la deportazione politica di massa del Regno, fu massiccio confino politico sin dal 1863 perchè furono confinati gli avversari fiancheggiatori de “reagenti” al nuovo regime. E’ l’agire politico a livello di esecutivo, del governo, che produsse il confino coatto e tutte le conseguenze che ne derivarono, le tante iniziative per la deportazione all’estero e infine l’emigrazione, i deportati non avevano una tessera o una fede politica di partito.

Le vite e i destini sradicati e distorti di migliaia di persone aspettano un riconoscimento simbolico che la politica e la società civile Italiana non gli ha mai dato. Ci vorranno molti anni perchè questa scoperta venga capita. Vogliamo farci promotori di una iniziativa di civiltà per istituire un simbolico “giorno della memoria” il 25 aprile (giorno dell’entrata in vigore del regolamento d’attuazione del regio decreto 1409), per ricordare le vittime della deportazione italiana attuata 60 anni prima della nazista con la differenza della schiavitù in miniera, nelle saline o nei campi dei monopoli tabacchi o privati invece delle camere a gas. Schiavi di stato, purtroppo è così. Una parte dei 150.000 documenti segretati erano sotto gli occhi di tutti, bastava cercare negli archivi. Si sa gli storici sono allergici alla polvere degli archivi.

Attendiamo un senso umano e civile di accoglimento e riconoscimento delle persone che non esistono più da oltre 100 anni. Vorremmo leggere i nomi rinvenuti delle 60 donne (solo una piccola parte, sappiamo che arrivarono a 600), deportate all’isola del Giglio, quasi tutte in età fertile, deportate per sradicarne il senso di appartenenza ad una terra, ad una comunità, cancellandole come persone e traslocandole come individui con i loro bambini e i loro lattanti.
Il Giglio è nel nostro immaginario il tragico naufragio del Risorgimento e di un paese naufragato sin dall’inizio dell’unità.

di Loreto Giovannone e Miriam Compagnino

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