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Deir Yassin, l’inizio del terrore sionista

Oggi ricorre il 65° anniversario del massacro di Deir Yassin, episodio fondamentale nel progetto di pulizia etnica in Palestina, da parte delle bande armate del nascente Stato d’Israele.

La mattina del nove aprile 1948, unità militari ebraiche hanno attaccato il villaggio di Deir Yassin, a ovest di Gerusalemme, due settimane dopo la firma di un trattato di pace tra i capi delle vicine colonie ebraiche.

Le organizzazioni armate che parteciparono al massacro di oltre 250 civili palestinesi, furono “Irgun” guidata da Menachem Begin e “Haganah” guidata dal comandante David Shaltiel.

Secondo i racconti di alcuni superstiti al massacro, gli israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio uccidendo chiunque si trovasse sulla loro strada, compresi bambini, donne in gravidanza e anziani, bruciando buona parte delle abitazioni.

Il massacro di Deir Yassin rappresentò l’inizio dell’esodo dei palestinesi nei Paesi arabi vicini. Negli anni a seguire oltre 800mila persone lasciarono le loro case e la loro terra, e si rifugiarono nei campi profughi in Siria, Libano, Giordania e Iraq, dove vivono ancora oggi in condizioni disumane.

La tragedia del popolo palestinese sembra essere senza fine, ma soprattutto senza soluzione. Un popolo aggredito, violentato, dimenticato e cosa ancora più grave, tradito dalla sua stessa gente, quei leader che tutto hanno fatto tranne che gli interessi della Palestina. Nelle lussuose ville della leadership dell’Anp a Ramallah, possiamo trovare la risposta al dramma dei palestinesi.

di Yahya Sorbello

 
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