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Crisi greca: Tsipras demanda la responsabilità del fallimento a un referendum popolare

di Salvo Ardizzone

Precipita la crisi greca: Tsipras ha rotto le trattative con l’Eurogruppo rifiutando di accettare le ennesime misure di austerità proposte dai creditori (Commissione Europea, Bce e Fmi) ed ha rimesso la decisione ad un referendum popolare indetto per il 5 luglio. Ma al 30 giugno scadono pagamenti per 1,6 Mld verso il Fmi ed a seguire altri verso la Bce: in pochissimi giorni, ormai ore, si profila il default della Grecia se non avvengono fatti imprevisti come aiuti dalla Russia o dalla Cina, entrambe interessate ad un legame speciale con Atene, vista come porta sull’Europa.

Angela Merkel, che ha diretto la regia imponendo l’agenda delle trattative, voleva chiudere prima della riapertura dei mercati finanziari di lunedì, quando la speculazione internazionale si sarebbe scatenata sull’Eurozona in mancanza di un accordo, ma questa volta non è riuscita a dettare le condizioni. Adesso, per l’Europa e per lei che nella sostanza ne detiene la leadership finanziaria, ci sono da gestire due crisi: l’una sul breve periodo, per arginare la tempesta che un default greco susciterà sull’Euro e sulle Borse; l’altra sul medio periodo, per definire cosa fare di una Ue e di una Eurozona che ha dato la peggiore immagine di sé, ed evitare che tutto si disintegri.

Tsipras ha rotto gli indugi facendo saltare il tavolo, furibondo per quello che ha definito un ricatto delle Istituzioni internazionali, che “tradirebbe i principi di solidarietà e rispetto reciproco della Ue”, ma si tratta di una tardiva presa di coscienza che suona ingenua dinanzi ad una realtà dei fatti chiara da sempre a tutti.

Il nodo è stato quello delle misure chieste dai creditori per allargare ancora la borsa: in sintesi, innalzamento dell’età pensionabile, inasprimento dell’Iva e cancellazione di esenzioni fiscali, oltre al taglio di dipendenti statali. Per il premier greco si trattava di una linea rossa che il suo partito e il Popolo greco difficilmente gli avrebbero permesso di oltrepassare dopo le promesse fatte in campagna elettorale e dopo.

Il fatto è che Tsipras ha scontato la contraddittorietà con cui ha voluto gestire le trattative con Istituzioni e Poteri abituati a calpestare gli Stati per i propri interessi. Aver accettato di sedere al tavolo adattandosi alle loro regole di gioco, contando sui bluff ed i rilanci, s’è rivelato un errore esiziale. Ora si trova con le spalle al muro, a poche ore dal fallimento del suo Paese a cui, malgrado vari incontri con Putin e Xi Jinping, non ha trovato una sponda immediata. Per questo s’è visto costretto a demandare la responsabilità del fallimento a un referendum, chiamando una Grecia arrabbiata e impaurita a districare con un si o un no la soluzione del problema che essa gli aveva affidato con il voto.

Nel frattempo, nei cinque mesi consumati in inutili ed estenuanti trattative, malgrado i dinieghi ufficiali tutti hanno preparato un “Piano B” per attenuare le conseguenze del fallimento di Atene. Di conserva si sono indurite le posizioni dei debitori perché in gioco non c’era solo il destino della Grecia, ma gli interessi enormi collegati a un sistema finanziario liberista a cui poco o nulla importa dei Popoli e delle Nazioni.

Cedere sulla Grecia avrebbe aperto la porta a nuove concessioni per Paesi assai più rilevanti come Francia o Italia; inoltre avrebbe dimostrato che una via alternativa per sfuggire ai diktat ossessivi del rigore era possibile, spianando la strada a movimenti come Podemos; e questo era considerato inammissibile: sarebbe stata la crisi irreversibile d’un enorme blocco di potere.

Ormai restano poche ore: purtroppo, stando ai fatti, ciò che s’apparecchia è un duplice fallimento per il Popolo greco: l’uno finanziario, determinato dalla rapacità delle Istituzioni internazionali; l’altro, e riteniamo più grave, politico e sociale d’un progetto, causato dall’inadeguatezza di chi lo ha gestito.

Comunque sia, sarà un “game over” sia per l’Europa che per Atene; ciò che si spera per quell’antica Nazione è che, libera dai lacci che l’hanno strangolata, sappia ricominciare scegliendo stavolta con più attenzione le proprie mosse ed evitando di cadere sotto un nuovo servaggio imposto dai capitali di cui ha un disperato bisogno.

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