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Crescono le diseguaglianze nel mondo, raddoppiano i miliardari e aumenta la povertà

di Salvo Ardizzone

Da quasi sette anni le economie del mondo sono malate, ma è errato attribuirne le cause alla bancarotta di Lehman Brothers, alla crisi dei debiti sovrani e poi dell’Euro, a bolle speculative e così via; quelle sono i frutti avvelenati, di volta in volta diversi, del modello di sviluppo egemone nel mondo: il liberismo, anzi, il super liberismo.

Da tempo è ormai un dogma dire che sull’economia non si debba intervenire perché il mercato si autoregola e provarci produce disastri: peccato sia accaduto il contrario. Il mercato, piaccia o no, in sé è una bestia ottusa e avida, che tende esclusivamente al profitto a costo di autodistruggersi, lasciando il conto da pagare alla collettività. Come’è accaduto.

Ma c’è un altro fenomeno che il super liberismo produce: l’esplosione delle diseguaglianze. Leggendo il rapporto Oxam apprendiamo che da quando è cominciata la crisi, i miliardari nel mondo sono più che raddoppiati con un trend in vorticoso aumento, e che gli 85 uomini più ricchi, fra il 2013 e il 2014, hanno avuto una rendita pari a quella della metà più povera della popolazione del pianeta. Al contempo, ogni anno centinaia di milioni di persone sprofondano nella povertà. È l’ovvio effetto d’un sistema perverso che rende sempre più ricchi i ricchi e più poveri chi ha meno, con il benessere sempre più appannaggio di pochi.

In un’economia equilibrata e sostenibile, la distribuzione della ricchezza si disegna come una piramide con una base vasta che sale con gradualità, così le differenze fra i redditi bassi e quelli alti sono meno marcati e un’area ampia della popolazione viene inclusa nella sfera del benessere. Inoltre, devono esserci le condizioni perché l’ascensore sociale ed economico funzioni, in parole povere che ciascuno possa migliorare la propria situazione.

Un simile sistema favorisce lo sviluppo, perché il benessere progressivamente più ampio mette la ricchezza in mano a più persone, e queste consumano beni e servizi, assicurando una crescita graduale e complessiva.

Che non si tratti di utopia è testimoniato dal fatto che, nel periodo fra gli anni ’50 e i ’70, ciò accadde in qualche modo nell’intero Occidente e in certa parte anche altrove, permettendo l’accesso al benessere a vaste porzioni di società prima escluse, e garantendo uno sviluppo mondiale pluridecennale.

Invece che proseguire in questa direzione, apportando quelle possibili correzioni che avrebbero reso più sostenibile e più equo il sistema, il mondo ha virato verso politiche liberiste che hanno ridisegnato la piramide del benessere; a farla breve, adesso è una “cuspide” con una base che si va restringendo, diminuendo la ricchezza a disposizione di chi ha meno, e trasferendola in alto, nelle mani di sempre meno persone. Così, l’area del benessere si restringe e si blocca l’ascensore sociale, perché è sempre più improbabile riuscire a migliorare la propria condizione.

Questa tendenza, oltre che esasperare le diseguaglianze, danneggia mortalmente l’economia, in quanto mentre i redditi medi e bassi si trasformano in consumi (rientrando nell’economia reale, fatta di beni e di servizi), quelli alti vengono destinati all’accumulo e all’economia finanziaria, fuggendo via da quella reale. E più alti sono i redditi, più marcato è il fenomeno.

Si genera così un processo perverso che deprime i consumi (la massa della gente ha meno soldi da spendere) e gli investimenti sempre più vengono dirottati dalla produzione di beni e servizi a speculazioni e rendite finanziarie, fino a che l’economia non si deprime ed entra in recessione, con tutte le conseguenze sulla società che già abbiamo sotto gli occhi.

Ciò accade perché chi gestisce l’enorme liquidità che c’è in giro (ed oggi ce n’è davvero un’infinità), trova più redditizio investire sulla speculazione finanziaria piuttosto che sull’economia reale, così, anche un sistema zeppo di denaro, invece di crescere finisce per paralizzarsi.

In Italia (che negli ultimi decenni ha patito più che altri Paesi la mancanza di guida economica e non solo), secondo l’Ocse, la diseguaglianza è aumentata del 33% nel periodo fra la metà degli anni ’80 e il 2008, il dato più alto fra tutti i componenti dell’Organizzazione che ha una media del 12%. Ciò significa che prima ancora che il fenomeno esplodesse, nel Sistema Italia le diseguaglianze puntavano a impennarsi, tanto che adesso l’1% della popolazione detiene il 60% della ricchezza, mentre dal 2008 ad oggi gli Italiani che versano in povertà assoluta sono raddoppiati, arrivando a circa il 10% del totale. 

Quella disegnata dalle politiche liberiste è una società strutturalmente ingiusta, dove l’1,5% delle super ricchezze (è il rapporto Oxfam e il Fmi a dirlo) basterebbe a garantire istruzione e sanità ai cittadini dei Paesi più poveri. Ma è anche una società ottusa, che accecata dall’avidità distrugge la ricchezza, segando il ramo su cui è comodamente seduta mentre gioca cinicamente coi destini dei Popoli. Sarebbe ora che tutto ciò cambiasse, smascherando la truffa velenosa delle ricette iperliberiste e cambiando una buona volta la via dello sviluppo.          

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