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Cosmomed, cosmopolitismo intorno al Mediterraneo

Cosmomed – Mentre nel contesto italiano, e non solo, si articolano continuamente discussioni sterili e dicotomiche in merito agli eventi che vedono come luogo protagonista il Mediterraneo, a Cagliari l’Università esce dai suoi soliti luoghi per strutturare discorsi complessi e profondi che radicano sulla storia e le sue fonti e che attraversano questo mare e le sue storie. Lo spazio è un centro culturale della città di Cagliari, il Lazzaretto del quartiere di Sant’Elia. Emblematico perché è una finestra sul golfo di Cagliari e per quella che, nei secoli, è stata la sua funzione di luogo di isolamento per i malati e luogo di quarantena per soldati e marinai di rientro dalle spedizioni.

È qui che dal 17 ottobre al 3 novembre ha preso vita l’evento “Cosmomed – tracce di cosmopolitismo intorno al Mediterraneo (migrazioni, memorie e attualità). Un connubio di scienze umane e arti in costante e reciproco dialogo. Un progetto universitario. Una mostra, con installazioni, fotografie, audio e video che si percorre a piedi nudi e che è l’esito di un lavoro condotto da una pluralità di autori, dove si respirano differenti prospettive e si ha la percezione, la visione e il suono del cosmopolitismo mediterraneo.

Cosmomed, progetto di ricerca universitaria

“Il progetto è un classico progetto di ricerca universitaria” – ci racconta il coordinatore, professor Raffaele Cattedra- “co-finanziato dalla Fondazione di Sardegna e dalla Regione autonoma. È un progetto interdisciplinare con storici contemporaneisti, geografi, antropologi e archivisti”. Docenti e ricercatori sono usciti dall’Università e si sono organizzati in sette tavoli interdisciplinari e tematici, dando vita ad un progetto dentro il progetto, in cui prendendo a pretesto il tema generale del cosmopolitismo hanno espresso e condiviso riflessioni, metodologie di ricerca e prospettive differenti.

Abbiamo chiesto a professor Cattedra perché parlare ancora oggi di cosmopolitismo. “Il cosmopolitismo è stato anche la capacità che hanno avuto i grandi imperi e in particolare sul Mediterraneo di gestire la diversità. I Romani, che sono stati gli unici a tenere insieme il Mediterraneo, per venire poi verso i nostri giorni, l’impero ottomano che ha dovuto gestire le diverse comunità arabe, curde, armene, cristiane, maronite, druse e via dicendo. Nel momento in cui arriva la colonizzazione del Mediterraneo, soprattutto nella seconda metà dell’800, abbiamo tutti questi flussi di migrazione dal nord verso sud. In particolare, nel Maghreb ma non solo, anche in Medio Oriente, e abbiamo anche lì una nuova forma di cosmopolitismo che non è egualitarista, ma in cui c’è una subordinazione dei ceti locali, degli autoctoni, rispetto alle popolazioni bianche coloniali.

Quindi il cosmopolitismo è diventato un pretesto per ragionare, nel tempo e anche oggi, sulle capacità che hanno le società di gestire le differenze e anche di avere molteplici appartenenze e quindi superare le questioni identitarie e di giocarsela piuttosto sulle appartenenze e sugli arricchimenti della diversità.”

Migrazioni elemento costitutivo del Mediterraneo

Il focus sul Mediterraneo è invece motivato dalle discussioni attuali in seno alla nostra società. “Le migrazioni – dice Cattedra – sono un elemento costitutivo del Mediterraneo lungo tutta la sua storia e le migrazioni contemporanee sono quelle che ci accompagnano oggi. Quindi è un cattivo filtro leggere il Mediterraneo esclusivamente con le migrazioni contemporanee perché ci dimentichiamo delle decine, centinaia di migliaia di persone che ancora ottant’anni fa, proletari francesi, corsi, siciliani, sardi, spagnoli, catalani, portoghesi, sono andati al sud, colonizzandolo, avendoci terre e avendoci prestigio. Per non parlare della nostra eredità fenicio, punica.

Il Mediterraneo è fatto di questo e quindi non lo si può schiacciare sul presente”. Cosmomed è stato in sostanza un modo dell’Università cagliaritana di far capire fuori dai suoi spazi e dalle sue metodiche tradizionali che al suo interno si costruiscono pensieri e conoscenza. Costruzioni che diventano importanti eticamente e politicamente e una conoscenza estremamente utile per uscire dalle dicotomie imperanti e dalle cose immediate, motivo per cui è auspicabile una moltiplicazione di simili eventi non solo in Sardegna.

di Anna Maria Pusceddu

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