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Congo, epidemia di colera dilania Kinshasa

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha avvertito la comunità internazionale che vi è un elevato rischio di epidemia di colera nella Repubblica Democratica del Congo.

Il direttore dell’Oms, Matshidiso R. Moeti, ha dichiarato in una conferenza stampa che le inondazioni di Gennaio che hanno devastato Kinshasa, la capitale brulicante e sgangherata del Paese, hanno lasciato molti cittadini esposti al grande rischio di contrarre il colera. “In una grande città come Kinshasa, che ha tra 10 e 12 milioni di abitanti, le piogge e le inondazioni rendono molto alto il rischio di un’epidemia diffusa”, ha dichiarato Moeti.

Il funzionario del ministero della Sanità, Sylvain Yuma Ramazani, ha riferito ai giornalisti che già 531 casi, con 32 decessi, sono stati registrati da quando sono emersi i primi segni di epidemia di colera a Kinshasa. La situazione è seria”, ha riferito Ramazani, aggiungendo che 21 delle 35 zone di contenimento presenti a Kinshasa sono state colpite dalla diffusione del colera.

Circa 11 tonnellate di forniture mediche sono state consegnate alle autorità dall’Oms per consentire loro di rispondere a una potenziale crisi, ha riferito l’organismo sanitario delle Nazioni Unite. L’Onu ha dichiarato l’anno scorso che le baraccopoli comprendevano quasi il 75 per cento di Kinshasa e molte case in quelle zone non avevano accesso a servizi igienico-sanitari o elettricità. Il quartiere più colpito dall’attuale epidemia di colera è Camp Luka, un’area sovraffollata dove le persone non hanno accesso ai servizi igienici e all’acqua potabile.

L’epidemia causata dalle inondazioni a Kinshasa è avvenuta in mezzo a una più ampia diffusione della malattia nella Repubblica Democratica del Congo, un vasto Paese dell’Africa centrale. Le stime suggeriscono che migliaia di persone sono morte e 50mila hanno contratto la malattia dal 2017. Il colera è altamente infettivo e può causare la morte in condizioni persistenti di scarsa igiene e acqua o cibo contaminati.

A peggiorare la situazione nella Repubblica Democratica del Congo non vi è solo l’epidemia del colera, ma anche una crisi umanitaria dovuta alla guerra nel Kasai che rappresenta una delle più gravi crisi globali, una delle tante dimenticate. L’Unhcr sul finire del 2016 ha denunciato l’aggravarsi della situazione: dal 2015 il numero dei profughi interni è raddoppiato ed ha superato i 3,9 milioni; il continuo dilagare degli scontri a sfondo etnico tra le milizie ha costretto 850mila bambini a lasciare le proprie case, mentre oltre 200 centri sanitari e 400 scuole sono state attaccate. Una stima solo parziale afferma che sono oltre 350mila i bambini che soffrono di mal nutrizione.

La provincia del Kasai è quella che sta soffrendo maggiormente questa situazione, sebbene oltre alla miseria e picchi di analfabetismo da primato, si registra dal 2016 una rivolta contro lo Stato centrale, entità sbeffeggiata e temuta dalla popolazione. Una rivolta che le forze di sicurezza legali reprimono con forza nel sangue.

Sono le città di Luebo e Tshikapa quelle dalla quale si sono mosse le prime rivolte contro la capitale Kinshasa e il presidente Joseph Cabilia. Da queste due città le rivolte si sono spostate verso le campagne e verso una delle foreste equatoriali più impenetrabili del pianeta. Eppure i motivi delle rivolte, in nazioni come in Congo, possono rivelarsi del tutto banali: il dissidio tra il leader tribale ed il potere centrale che non gli riconosce il diritto di governare la sua gente ed è quello che è successo a Kamwina Nsapu, nome all’anagrafe Jean Pierre Mpandi, tornato in patria per esercitare la medicina tradizionale è diventato il sesto capotribù dei Basjla Casanga.

Sotto il regime di Kabilia, Nsapu si è dimostrato meno conciliante rispetto al suo predecessore attirandosi le attenzioni del governatore della provincia che non gli ha mai riconosciuto il ruolo che invece il popolo gli ha sempre attribuito; succede spesso che un capo tribù sia inviso al governo centrale che si mobilita per rimuoverlo o per destituirlo favorendo il suo rivale; così accade il 12 Giugno del 2016 quando Nsapu rimane vittima nel corso di un raid delle forze di sicurezza.

L’omicidio di Nsapu ha subito preso le sembianze di quello che in effetti era: un omicidio politico, un leader locale assiso sempre più al ruolo di una carica politica ufficiale che attirava folle di contadini, piccoli commercianti dinnanzi alla quale in infiammati discorsi lanciava anatemi verso lo Stato che continua a vessare la popolazione; nei discorsi della popolazione Kinshasa è ormai assimilata ad una potenza straniera e vista quindi come un invasore alla quale hanno dichiarato guerra.

Una situazione non facile quella della Repubblica Democratica del Congo, di difficile soluzione tra problematiche politiche interne e un’epidemia di colera che sta continuando a mietere vittime.

di Sebastiano Lo Monaco

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