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Come garantire la “purezza etnica” di Israele

Mentre funzionari palestinesi affermano che le forze militari di Israele sono colpevoli di omicidio indiscriminato, Avigdor Lieberman, ex ministro della Guerra israeliano, afferma che i suoi soldati meritano un elogio. Incredibilmente, entrambi parlano dello stesso evento, la Grande Marcia del Ritorno che vede ogni venerdì decine di migliaia di palestinesi protestare lungo i confini della Striscia di Gaza.

Le proteste hanno anche dato il via a mesi di tensioni, ribattezzate Great March of Return. Le dimostrazioni proseguiranno fino all’anniversario della Nakba, il 15 maggio, quando 750mila palestinesi vennero espulsi dai loro villaggi e città dalle milizie sioniste.

Secondo funzionari israeliani, i manifestanti palestinesi sono colpevoli di “attaccare” il muro che separa Gaza dal resto della Palestina occupata. “I soldati israeliani hanno fatto ciò che era necessario, penso che tutti i nostri soldati meritino una medaglia”, dichiarò Lieberman.

Il blocco mortale di Gaza e tre devastanti guerre in poco più di cinque anni rafforzano certamente l’argomento secondo il quale gli israeliani non sono troppo preoccupati dal massacrare vite palestinesi. Tuttavia, uccidere dozzine di manifestanti in pieno giorno suggerisce anche che Tel Aviv non è affatto indifferente quando si tratta di metodi pacifici di resistenza e rimane molto sensibile all’approccio gandhiano.

Le tattiche gandhiane di protesta disarmata sono state ampiamente utilizzate in Cisgiordania. Ora la strategia è stata adottata dai gruppi della Resistenza palestinese e residenti a Gaza – un luogo spesso demonizzato da Tel Aviv e dai suoi alleati come focolaio di terrorismo.

L’alto numero di morti indica che Tel Aviv è estremamente allarmata dal numero di palestinesi che rimangono attaccati al “diritto al ritorno” – la nozione secondo cui ai rifugiati palestinesi e ai loro milioni di discendenti dovrebbe essere permesso di ritornare nelle loro case.

La minaccia demografica

Sebbene gran parte della copertura occidentale del Medio Oriente ami etichettare Israele come l’unica “democrazia liberale” della regione, le attuali politiche di Tel Aviv espongono una drastica dissonanza tra queste descrizioni e la realtà sul terreno. In nessun’altra categoria questo è più evidente che nella ricerca della purezza etnica di Tel Aviv.

Nel tentativo di preservare la loro composizione razziale, gli israeliani sono arrivati a inserire immigrati etiopi con controllo delle nascite, spesso senza la loro conoscenza o il loro consenso, mentre introducevano un divieto effettivo dei matrimoni tra israeliani e palestinesi.

Ancora più importante, nel 2015, la Corte Suprema israeliana ha fornito la copertura legale per la demolizione delle comunità palestinesi, rendendo molto più facile spingere semplicemente i palestinesi fuori dalla propria terra.

Nel 1950, la Knesset approvò la cosiddetta Legge del Ritorno che permette agli ebrei di tutto il mondo di rivendicare la cittadinanza in Israele, mentre i palestinesi vengono espulsi. In quanto tale, la purezza etnica di Israele dipende da 1,8 milioni di palestinesi – l’80% dei quali sono rifugiati – rimasti in una prigione a cielo aperto nella Striscia di Gaza.

Le conseguenze di queste politiche si manifestano spesso sotto forma di soldati israeliani che uccidono manifestanti disarmati – una pratica che coinvolge truppe pesantemente armate che fanno poco più della “difesa” di Israele da una popolazione considerata come una minaccia demografica.

Israele, decenni di impunità

L’Autorità palestinese ha descritto l’ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Nikki Haley, come “ambasciatore dell’odio” dopo aver bloccato ogni condanna di Tel Aviv per gli ultimi massacri di palestinesi. Gli israeliani sono liberi di commettere ogni tipo di crimine perché sono immuni da questo sistema internazionale, in particolare con l’aiuto e la complicità degli Stati Uniti e dei Paesi europei che tacciono.

di Giovanni Sorbello

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