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Cambieremo questo mondo, quando capiremo finalmente chi è il nostro vero nemico

di Mauro Indelicato

Ciò che sta accadendo in questi ultimi anni, impone una riflessione molto forte e per farla, meglio isolarsi da contesti di urla, grida, risse e quant’altro: spesso, sviluppare un pensiero nel silenzio più profondo, garantisce anche una ricostruzione obiettiva della situazione e poter recitare un mea culpa. Mea culpa che deve fare la giovane generazione, vittima del peggiore e del più disumano sistema possibile, ma al tempo stesso essa stessa attrice involontaria, ma pur sempre attrice, nel teatro posto in essere per annientare anni di conquiste e traghettare il mondo verso scenari più torbidi e consoni ad un’impostazione affine al cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale, che in poche parole sarebbe un globo governato non più dalla politica, ma direttamente dalle multinazionali.

Oggi i giovani non hanno nulla in Europa: viene in mente, per spiegare tutto ciò, la storia di migliaia di giovani coppie, costrette a non vedersi mai perché il lavoro, con contratto di sei mesi, impiega più di otto ore, magari si viene sballottati da una città all’altra, ma alla fine poi, senza sicurezza e senza certezze, non si può avere nemmeno la pretesa di sposarsi. Una giovane coppia che in amore vuol mettere su famiglia, ma non riesce è una tragedia: perché non nasceranno nuovi figli, non ci sarà un nucleo familiare retto dai sentimenti di affetto e fa in modo che quei ragazzi crescano e vivano frustrati, infelici, quasi sconfitti. Ma la giovane generazione, cosa fa? Gran parte, si indigna per uno spot di una marca di pasta, che non comprende famiglie omosessuali; oppure ancora, firma i referendum per i divorzi facili, insomma ecco l’idiozia che trasforma le vittime in carnefici di se stesse, con un fiume di giovani che non possono nemmeno arrivare a fine mese o che non lavorano, che però pensano a creare nuove unioni o ad assecondare dibattiti non finalizzati al miglioramento dell’economia.

Prima di andare a colpire con fantomatiche, annunciate e mai instaurate rivoluzioni il sistema attuale, urge quindi una profonda autocritica da parte delle giovani generazioni, specie di chi oggi ha 30 anni e a 16 anni girava possibilmente con la maglietta di Che Guevara ed aveva il poster in camera dei Nirvana. Tutta gente quella, convinta di poter conquistare il mondo, ma che invece era futura carne da macello da sacrificare negli altarini del marcio sistema che ora li costringe alla fame. Questi poveri ragazzi, sono cresciuti con l’idea che non la famiglia ma la carriera sia la volta per la felicità ed oggi, non consentono loro di farla, riservando loro piccoli posti; è stato loro inculcata l’idea che ogni forma di solidarietà sociale, a partire dal matrimonio, era oramai un qualcosa di vetusto ed arcaico, trasformando l’unità sociale nel male assoluto, da accartocciare e cestinare, preferendo invece il culto dell’individualismo, il gusto del “ognuno fa quel che vuole”.

Oggi però, in molti si rendono conto che il matrimonio non è solo un “pezzo di carta” e si rammaricano per non poterselo permettere. In poche parole, hanno voluto una generazione triste, che avesse un animo triste; che lavori di più con guadagni inferiori, che a 18 anni potesse ammirare l’idea del “libero mercato”, così che quando i malanni di tale sistema arrivavano a sconvolgere le vite dei giovani, non scoppiasse alcuna rivolta, ma addirittura li si accettavano come “effetti collaterali”. Ma quello che più si può rimproverare a questa generazione, non è tanto l’aver accettato questi dogmi imposti dall’alto, nella convinzione invece di far scelte libere, quanto piuttosto il non saper fare un passo indietro oggi; pur di non ammettere che si è sbagliato, che tutte le credenze a cui hanno fatto credere hanno portato milioni di ragazzi a non essere realizzati a 30 o anche 35, 40 anni, hanno portato al disastro, si continua nella vita di sempre, nella quotidianità fatta di falsi privilegi e di squallide ed improvvisate certezze.

Invece, sarebbe anche l’ora, finché si è in tempo, di buttare via quei falsi idoli degli anni ’90, di ammettere candidamente che si è sbagliato, al fine di ricominciare da zero, ripartendo dagli errori commessi; solo così, ci si può liberare dal gigantesco equivoco e dalla gigantesca montatura, che ha reso i giovani protagonisti della loro stessa fine. Solo così in futuro, a differenza della precedente, si potrà dire che questa generazione sarà vincente e non una squallida perdente come quella dei padri. Bisognerebbe far comprendere, che mai la felicità può arrivare da un contratto o da presunte prospettive di carriera, bensì dalla forza d’animo nel costruire qualcosa, nel sentirsi uniti ad una società e forti nella comune percezione delle cose. Cambieremo questo mondo, quando finalmente capiremo chi è il nostro vero nemico.

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