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Blocca lo Sblocca Italia, difendi la tua terra!

di Cristina Amoroso

E’ questo l’appello del Comitato nazionale contro lo “Sblocca Italia”, che convoca la manifestazione indetta per il 15 e il 16 ottobre 2014, cui parteciperanno oltre 130 tra comitati, organizzazioni sociali, associazioni e reti territoriali e nazionali, dalla Lombardia alla Sicilia, attive su estrazioni petrolifere, infrastrutture energetiche, grandi opere, acqua e servizi pubblici locali, gestione dei rifiuti, bonifiche, salute e ambiente. Saranno due giorni di presidio a Montecitorio sotto il Parlamento, durante la discussione in aula per la conversione in legge del decreto Sblocca-Italia.

Si scrive decreto “Sblocca Italia” ma si legge “sblocca trivelle”. E’ quanto sostengono le associazioni ambientaliste, che sono sul piede di guerra, dopoché il Governo Renzi il 13 settembre scorso ha varato il decreto. Un attacco all’ambiente senza precedenti e definitivo, che condanna il Belpaese all’arretratezza di un’economia basata sul consumo intensivo di risorse non rinnovabili e concentrate in poche mani.

Nuove piattaforme e nuovi giacimenti per l’estrazione di greggio e metano oltre quello che già si produce: più di 12.827.700 metri cubi standard all’anno, relativi alle sole concessioni Eni (Ionica gas) e solo davanti alla costa crotonese. Il colosso energetico ha già sei piattaforme e 28 pozzi in produzione. Sempre di fronte a Crotone, altre richieste sono arrivate dalla Northen Petroleum Ltd, per la riapertura di istanze già rigettate e l’approvazione di alcune istanze di ricerca in Zona F, su zone marine molto estese. Altre richieste sono della Shell Eni Norten Enel Longanesi Developments, Nautical petroleum. Altre richieste sono state avanzate sul litorale di alcuni comuni del cosentino.

Il Governo Renzi rilancia le attività petrolifere addirittura nel Golfo di Napoli e in quello di Salerno tra Ischia, Capri, Sorrento, Amalfi e la costiera Cilentana, dell’omonimo Parco Nazionale. Mentre lo Sblocca Italia in terra bresciana si può tradurre anche come “sblocca trivellazioni e stoccaggio di gas”, non solo come “sblocca rifiuti”. Perché il governo Renzi non ha solo deciso di risolvere l’annosa questione della monnezza del Sud potenziando e “nazionalizzando” gli inceneritori del Nord, ha anche deciso di dare una fortissima accelerata ai progetti di ricerca e stoccaggio di idrocarburi, ritenendoli progetti “di pubblica utilità”, bypassando le autorizzazioni regionali. Ora basta un ok del ministero e in sei mesi verrà dato il via libera ai tre progetti depositati al Pirellone, che puntano alla trivellazione di 820 chilometri quadrati di Bassa, alla ricerca di metano. Quel metano che potrà essere stoccato tranquillamente anche nel sito di Capriano del Colle. Il «no» espresso lo scorso anno dalla Regione e dal Comune, preoccupati per i rischi sismici, saranno quindi carta straccia.

A lanciare l’allarme sono soprattutto l’Organizzazione lucana ambientalista (Ola) e, naturalmente, il movimento No Triv. Nel mirino delle critiche degli ambientalisti, in particolare, ci sono i due articoli che si riferiscono agli idrocarburi, il 36 e il 38. Come sottolinea la stessa Ola, l’articolo 36 del decreto Sblocca Italia è una sorta di specchietto per le allodole. Si tratta solo di una promessa da parte del Governo che le royalty concesse ai territori proprio per le estrazioni degli idrocarburi, non rientrano nell’ambito del patto di stabilità. Questa restrizione, ad esempio, non ha consentito, finora, agli otto comuni costieri del Crotonese, di ricevere le annualità arretrate delle royalty, che l’Eni ha già versato al ministero e che lo stesso ha girato alla Regione; quest’ultima, però, non le eroga, pur avendole già incassate, per non sforare il patto di stabilità.

L’articolo maggiormente ostaggiato dagli ambientalisti, però, è il 38, consistente in una norma che taglia fuori, completamente, le Regioni, riportando in capo ai ministeri le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore. Le tappe di realizzazione viaggeranno velocissime, sulla corsia preferenziale delle opere di “pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza”. Ecco allora che le Regioni sono obbligate a concludere i procedimenti di valutazione di impatto ambientale entro il 31 dicembre 2014. Poi il ministero dello Sviluppo Economico rilascerà entro sei mesi un unico titolo concessorio. La fase di ricerca potrà durare sei anni (rinnovabile due volte per un periodo di tre anni) e se verrà trovato metano o petrolio le società richiedenti avranno una concessione di coltivazione di 30 anni, prorogabile per una o più volte per un periodo di dieci anni. Una volta ottenuta la Valutazione d’impatto ambientale le trivellazioni possono iniziare entro 60 giorni.

Questo modello anacronistico di sviluppo viene presentato alle comunità italiane come unica possibile salvifica via di un “nuovo modello di sviluppo” in funzione antirecessiva, mentre rappresenta l’equivalente di una pietra tombale per lo sviluppo pulito e durevole delle comunità. Si arriva al paradosso che le produzioni agricole di qualità, il nostro paesaggio e i tanti impianti e lavorazioni che non provocano inquinamento, compresi quelli per la produzione energetica da fonti rinnovabili quando realizzati in maniera responsabile e senza ulteriore consumo di territorio, non sono attività strategiche a norma di legge. Lo sono, invece, i pozzi e l’economia del petrolio che, oltre a costituire fonti di profitto per poche multinazionali, sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento, contro cui gli attivisti di Greenpeace da questa mattina protestano in maniera pacifica vicino alla piattaforma di estrazione di idrocarburi di Eni mediterranea idrocarburi, nel canale di Sicilia, al largo della costa di Licata (Agrigento). Anche l’azione di Greenpeace nel canale di Sicilia è rivolta contro il decreto “Sblocca Italia”, che promuove una deregulation delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare e rischia di tradursi in un vero e proprio “sblocca trivelle”.

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