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Belgrado in visibilio per Putin, Usa e Nato avvisati

di Salvo Ardizzone

Il 16 ottobre, Vladimir Putin, alla testa di una delegazione di ben 150 componenti, è stato l’ospite d’onore della grande parata tenutasi a Belgrado in occasione del 70° anniversario della liberazione della città dalla Wehrmacht da parte dell’Armata Rossa. È stata una manifestazione imponente, come non si teneva da almeno trent’anni, con una straordinaria partecipazione di popolo; ma la “star” è stata lui, l’unico a poter tenere un discorso dinanzi a una folla in visibilio e una marea di bandiere russe e serbe a sventolare insieme.

Non è stato un semplice fatto mediatico ben riuscito, tutt’altro; si tratta di un’operazione politica che manda diversi messaggi all’Europa e agli Usa, alla vigilia dell’incontro dell’Asem che s’è poi tenuto a Milano.

Il 2 settembre, con l’esercitazione Steadfast Javelin II, la Nato aveva voluto portare i propri soldati sul confine russo per ribadire non solo l’allargamento a Est dell’Alleanza, ma la sua proiezione in chiave espressamente anti-russa che da tempo pareva accantonata. Quei soldati sulla soglia, nei disegni di Washington, stavano a sancire la rottura dei tanti rapporti pazientemente cuciti nel tempo fra i Paesi europei e Mosca, oltre all’isolamento di quest’ultima. Da Belgrado Putin risponde che la Nato può arrivare nel suo “cortile di casa”, ma la Russia è comunque radicata nei Balcani.

Putin s’è mostrato assai comprensivo con le posizioni di Belgrado, chiamata a barcamenarsi fra la Ue e la Russia, ma che ha fermamente rifiutato di unirsi alle sanzioni contro Mosca. Nei colloqui che sono seguiti, sono stati definiti numerosi accordi, in testa la soluzione della vertenza per la fornitura di gas di Gazprom alla Nis serba, oltre ai reciproci impegni relativi alla realizzazione del South Stream, vitale per la Serbia, che dovrebbe essere attraversata per intero dal gasdotto.

Sull’opera Putin si è espresso con la consueta chiarezza: se realizzata, è in grado di portare grandi vantaggi alle economie europee, diminuendo i rischi energetici e favorendo i consumatori, come già s’è visto con il Nord Stream; ma per realizzarla bisogna essere in due, e se i patner ancora esitano non si può proseguire (sottintendendo un “tanto peggio per loro”). Si, è di enorme importanza, ma sotto la pesante spinta degli Usa, incontra crescenti resistenze in sede europea, tanto da raffreddare anche il coinvolgimento della stessa Eni, socia al 20% del consorzio.

Mosca ha lanciato un messaggio chiaro: sanzioni e guerre economiche possono fare male alla Russia, ma almeno altrettanto ai Paesi europei; l’unica a guadagnarci è Washington, che spezza un’area di cooperazione da cui è esclusa, dandole per giunta il pretesto di una nuova motivazione per la Nato, il tutto per mantenere la propria egemonia a costo zero.

Sta agli europei comprenderlo ed affrancarsi una volta per tutte da un servaggio assurdo.   

     

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